Capitolo Quattordicesimo

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«Non le sono stata dietro tutta la sera! E poi cosa ti importa? Tornerà!»

«È una mormone! Credi sia andata ad altre feste prima di quella?»

«Non cercare di farmi sentire in colpa! È la sua vita Nohea! Poi Eula avrà il suo numero, chiamala!»

«Ci ho già provato altrimenti credi sarei venuto a cercare te?! Lascia perdere, non servi a un cazzo!»

Mi trovavo a Laie per la festa alla quale ho partecipato par-tendo dal campus con Sandy, prendendo l'autobus per un tragitto di un'ora e mezza distante da Honolulu. Visto che non sapevo dove fosse Sandy, e quando e come saremmo tornate all'università, dopo essermi sentita meglio grazie al mio rimettere tutto quanto, studiando la cartina della città mi sono resa conto che qui si trovava ciò che mi era manca-to più di ogni altra cosa da quando ci trasferimmo dallo Utah a Whittier in Alaska, ovvero la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Io e la mia famiglia avevamo fatto affidamento sulla nostra comunità per tutto il soggiorno lì, ma dopo un po' si sente la mancanza di un tempio, e finalmente...


Ho preso così a camminare da quella casa così sveglia e rumorosa stracolma di vizi e gente peccaminosa, verso la mia seconda casa. Il mio cuore e il mio spirito mi hanno spinta nel volerla raggiungere, era come un pegno, una sfida per provare a me stessa che se camminavo per quei chilometri senza lamentarmi e senza abbandonare il progetto per stanchezza o per cattive ragioni, allora avrei mostrato di essere ancora quella ragazza mormone con dei sani principi. Era come il lasciare ogni peccato commesso ad ogni passo fatto, per arrivare finalmente svuotata e totalmente pentita. Ciò accadde alle sei del mattino, quando finalmente ci arrivai con un navigatore di passi singhiozzante per la batteria scarica. Attesi così seduta sugli scalini che arrivasse l'ora dell'apertura, e una volta giunta dentro portando il peso del mio pentimento per poterlo depositare e ritrovare l'equilibrio, trovai un dirigente del sacerdozio. Come se capisse dalla mia stanchezza e dal mio silenzio tutte le ragioni per cui fossi lì, mi passò il numero del vescovo dicendomi che non era opportuno portarsi un fardello da soli, e che optare per un pentimento e una confessione per condividerlo era l'ideale.

Nella nostra religione, molti giovani si sentono più a loro agio nel confessare i loro errori ai genitori o ai dirigenti dei giovani- ho riflettuto sul dirlo a mia madre ma avrebbe segnato il mio fallimento reclutandomi in Alaska, mentre con i dirigenti dei giovani non avevo più rapporti da quando andammo via dallo Utah. Un'altra possibilità quindi era quella della chiamata ad un vescovo, una figura che il Signore ha dichiarato essere per noi un giudice comune in Israele. Il motivo per il quale non ci avevo pensato era che potessi risolvere da sola, ma ci ho provato e nella mia debolezza ho continuato a peccare.


Quando l'ho chiamato stando seduta su una panca di fronte alla statua del padre celeste, lui era stato avvisato già dal dirigente del sacerdozio di me. Mi ha spronata nel parlare, ho sentito tutta la sua benevolenza che avrei voluto mi circondasse nonostante fossi così sbagliata. Ha deciso per il processo di pentimento che debba astenermi dal prendere il sacramento per un po', e che debba studiare un argomento dottrinale quale il pentimento di cui parlargli nella nostra chiamata settimanale annessi gli aggiornamenti sul processo per togliermi da situazioni pericolose che inducono a commettere gli stessi errori infedeli.


Ho provato vergogna quando gli ho detto dell'aver bevuto una birra, ma ancora di più quando gli ho parlato del tradimento verso Paulo e della masturbazione provocata da Nohea. E farò di tutto pur di non provare più questi sentimenti.

To Be Continued...

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