Capitolo 44

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Più di un anno dopo:

<Mentre si è impegnati a vivere la propria vita non ci si sofferma mai davvero a pensare alla morte, ma quando questa arriva portandoti via una parte di te, della tua famiglia...> i singhiozzi sono troppi per andare avanti, e la gola è in fiamme tanto che cerca di trattenersi, con gli occhi rossi, gonfi.

Qualcuno stava per portarlo via dall'altare della chiesa, ma appena lui riprende fiato come per continuare si ritorna seduti, senza rompere quel momento per lui speciale, fatto di parole mai dette prima, perché si sa quanto sempre di poche parole lui sia stato come padre, come marito e come persona.

<Ogni genere di appiglio, come la fede, dovrebbe sembrarmi la salvezza, ma mai più di ora non ci trovo niente, mi rendo conto che tutto è una menzogna e che ho pregato qualcuno che non esiste, ricevendo in cambio cosa? Cosa?!> conclude denunciando la religione in una tristezza trasformata in una rabbia isterica. Inevitabilmente inaspettato, come inaspettato è stata la decisione della madre di Becca prima di morire di uscire dalla comunità dei mormoni, non per niente il suo funerale è avvenuto in una normale chiesa cattolica, senza che fosse voluto da qualcuno, ma per prassi.

. . .

<Di qualunque cosa abbiate bisogno, noi ci siamo.> dice il padre di Paulo a mio padre in sacrestia. Mio padre annuisce. Mette il suo braccio attorno alle mie spalle e ci incamminiamo all'uscita

È settembre, siamo nello Utah, pioviggina e c'è poca umidità. Tiro giù le maniche della giacchetta in lana rosa pallido. Ci dirigiamo fin l'auto, quella che era di nonna che papà ha rimesso a lucido negli ultimi mesi sfogando il suo dolore in ossessione per minuziosi dettagli automobilistici. Salgo dalla parte del passeggero e tiro giù la gonna del vestito a fiori quanto più possibile. Sono ingrassata molto per via dei farmaci, ma non è il più grande dei problemi al momento. Nel silenzio mattutino il rombo del motore riempie le nostre orecchie, pronti per uscire dal parcheggio inondato di alberi... probabilmente è così curato perché è adiacente al cimitero che detiene la chiesa stessa. Mi specchio nel riflesso del parabrezza mentre socchiudo gli occhi per la forte luce, e i miei capelli corti, cresciuti da pochi mesi, che non sento neanche miei per via della così poca lunghezza, mi danno l'aria da bambina con la coroncina di roselline. Vorrei toglierla, ma mi limito a tenere sul ventre le mani congiunte, senza davvero volerle muovere come d'altronde il resto del corpo, che sballottola ad ogni curva presa papà. <Non accenderla, per favore.> gli dico prima che giri la rotellina della radio come stava per fare.

All'andata verso la chiesa non riuscivo a sopportare la musica, ma l'ho fatto perché so quanto sia per lui una fonte importante per sentire vicino la mamma, visto che all'interno c'è il suo cd preferito che va a ripetizione di sette tracce. Ecco, forse l'unica cosa rimasta rotta dell'auto è la radio, che fa il suo mestiere solo tramite cd. Forse a questo punto non dovrei più chiamarla radio, ma mp3.

<Ho bisogno che tu sappia...> papà interrompe i miei pensieri stupidi che però mi lasciavano un po' di leggerezza. Mi giro a guardarlo mentre guida, nella sua camicia a maniche corte a quadrettoni dai toni rosa e il pantalone classico grigio chiaro.

<... non è colpa tua.> conclude e non posso fare a meno di iniziare a piangere, benché silenziosamente, soprattutto notando il suo mento tremante. Mi giro verso il mio finestrino per non farmi notare da lui, e da quanto realmente sia bravo a centrare ogni volta i miei pensieri.

Mesi e mesi fa ormai, ha passato i giorni seduta su una sedia in legno verde, in quell'ospedale in Hawaii e poi in quell nell Utah per prendersi cura di me. Sono venuta a conoscenza del suo secondo tumore all'apparato riproduttivo troppo tardi, quando io ormai ero guarita grazie ad un donatore di midollo osseo compatibile con me per il novanta per cento, e quando invece per lei non c'era più niente da fare. Era tornato in forma più aggressiva, e nulla sarebbe servito per salvarla. Ha combattuto per me, ha scambiato esattamente la sua vita per la mia, ed è un pensiero che non riesco a togliermi dalla testa.

Papà si accorge comunque delle mie lacrime, perciò mette una mano sul mio ginocchio scoperto. <Ha voluto che ti vestissi così per una ragione sai?> tira su col naso. Mi giro a guardarlo senza più nascondermi. Si gira lanciandomi uno sguardo rapido riporgendo subito attenzione alla strada. Ecco perché non voglio togliere neanche la coroncina...

<La morte non le ha mai fatto paura. Mi diceva sempre che quando sarebbe arrivata la sua ora, non voleva tutti fossero tristi e scuri, e quindi vestiti di nero. Ti ha preparato quei vestiti non appena ha saputo che tu stessi guarendo. Vedi, purtroppo i due eventi sono dannatamente coincisi, ma voleva che tu non ti soffermassi su di lei, sul dolore, perché diceva che ne avevi provato già tanto.> queste parole bastano per farmi ancor di più capire quanto lei si aspetta celebri la mia vita, nonostante la sua perdita. Ma come posso rendere possibile il suo volere? Non credo di potercela fare...

 Ma come posso rendere possibile il suo volere? Non credo di potercela fare

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To Be Continued...

Oasi ProibitaWhere stories live. Discover now