Capitolo 47

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<Avevi detto avessi trovato un lavoro qui. Ci siamo venuti anche per questo!> Dico a papà sconvolta.

<Becca so che ti fa paura restare sola, soprattutto ora che non c'è più tua madre, ma non sarò poi così lontano. Ci vedremo ogni mese.> Dice cercando di convincermi. Mi ha spiegato che questa casa l'ha affittata solo per un mese, il giusto per farmi adattare, ristabilire con gli studi e poi partire per la California, dove gli hanno proposto una cattedra, nonché il suo sogno, in una università prestigiosa.

<Non ha senso. Potevo venire a frequentare un'università li allora.>

<Becca, hai sempre amato l'indipendenza, il poter stare da sola, e sappiamo entrambi che vivere il collage appieno, campus completo, ti rendeva la persona più felice del mondo.> Era così, ma non voglio lasciarlo da solo.

<Non devi preoccuparti per me. Ci sono i tuoi amici ora a farti compagnia, e poi te lo ripeto: non starò in uno stato lontano, si trattano di molti meno chilometri. Quando eravamo in Alaska ce ne dividevano molti di più.> Dice. Mi alzo e giro dal tavolo per abbracciarlo. Ride imbarazzato.

<Sappiamo entrambi che ciò ci distrugge. Non possiamo restare insieme per sempre e dipendere l'uno dall'altro. Non sarò da solo e tu hai vent'anni, devi farti la tua vita. La mia rimarrà sempre rotta a metà, ma mi sforzerò di renderla più bella possibile, perché è quello che lei avrebbe voluto. E poi avanti, una cattedra!> Mi metto a ridere con le lacrime agli occhi.

. . .

<E così mi serve una camera.> dico ad Isa. Non mi sembra vero che lavora come assistente qui, mi sembra bizzarro perfino vederla nei tailleur.

<Capisco... A quanto ne so l'area E è la più libera quest'anno. Prova a chiedere direttamente alla rappresentante della E perciò.> dice lei.

<Va bene.> dico. Infilo altre foglie di insalata, perché si siamo in mensa.

<Sicura di poterti far vedere con me?> dico poi notando gli sguardi giudicanti degli altri.

<Non sei una studentessa del mio corso, perciò si.> dice lei mangiando la sua di insalata.

<Okay...> rispondo e cesso di guardarmi intorno.

<Parte oggi?> mi chiede poi.

<Domani mattina. Paulo si è offerto di accompagnarlo all'aeroporto con la sua auto.>

<Ci vai anche tu?> mi chiede.

<Ovvio.> rispondo.

<Arriva Kealani.> dice poi cessando la nostra conversazione.

<Ciao!> dice sopraffatto sedendosi con il suo naso violaceo. Nohea aveva solo le nocche rotte, lui il naso ammaccato. Dovrei scusarmi con Kealani? Non so neanche se Nohea lo ha messo al corrente della situazione.

<Ciao!> saluta Isa.

<Vado a trovarmi una stanza allora. Ci vediamo. Ciao!> non posso sopportare questo ora, riparlarne...

. . .

Papà mi ha portato le mie borse non appena gli ho detto di aver trovato una stanza con un letto libero per me oggi stesso. Sistemo le cose nel mio armadio velocemente e metto le lenzuola al mio letto, così torno con papà a casa che mi sta aspettando, almeno per dormire con lui l'ultima notte- si fa per dire, in letti separati. Lo aiuterò a piegare per bene i suoi vestiti in valigia.

Comunque tra le due cose che ho da fare, la prima, quella di mettere i vestiti in armadio l'ho già conseguita, ed infatti ora sistemo il letto. Mi piego e inizio dal copri materasso. Mi rende ansiosa, terrorizzata ma anche felice essere di nuovo in un dormitorio. Sono successe così tante cose nel campus universitario, e bhe, nei dormitori stessi. Ora prendo il lenzuolo e inizio a piegare gli angoli ficcandoli sotto al materasso, così come mia madre mi ha insegnato a rifarmi il letto da sola da quando avevo otto anni. È sempre stata così tenace, la figura più forte se vogliamo genitoriale, ma al tempo stesso così immensa. Mi voleva un bene dell'anima, e mi mancano le sue attenzioni, anche quelle ossessive, come le telefonate delle dieci del mattino e quelle delle venti puntuali. La sua mania di mettermi in borsa infiniti barattoli di creme solari e ai tempi piccoli opuscoli spirituali.

<Tu devi essere la nuova coinquilina!> arriva la coinquilina, così mi metto sulla schiena e mi giro per presentarmi.

<Ciao! Piacere Becca...> mi interrompo quando la vedo. È Eula. Avevo rimosso perfino la sua voce. Non credevo fosse ancora qui. Probabilmente starà facendo la magistrale anche lei... la specializzazione in uno strumento magari, non lo so! Non mi è passato per la testa neanche un momento potesse esserci, come neanche Lex o Boston, i suoi due amici che mi mise contro, e che mise contro Nohea facendoglielo picchiare fino a rompergli le dita e la clavicola.

<... ciao.> dice più sorpresa e sconvolta oserei dire di me.

<Chiederò di cambiare stanza. Devono essercene altre due libere in quest'area...> dico ad alta voce, soprattutto per farle notare quanto neanche io sia felice di averla attorno, ma la sua risposta mi stupisce ancor di più: <Puoi restare. Sono cambiate molte cose da allora.> è una trappola?

<So che sei guarita e che stai meglio adesso.> dice così amichevolmente. Continuo a guardarla circospetta mentre la seguo vedendola sedersi al letto di fronte, non so se quello di giù sia realmente il suo, o quello a castello di sopra, ma poco mi importa.

<Come fai a saperlo?> le chiedo.

<Si vengono a sapere molte cose in un campus.> risponde.

<Senti...> si alza di nuovo in piedi captando la mia diffidenza.

<So che tra noi ci sono dei trascorsi...>

<Più che trascorsi. Hai ordinato ai tuoi amici di stuprarmi Eula.> le ricordo.

<Mi sono spinta oltre, ma sono cambiata, non sono più quella di una volta, e mi sono ripromessa che se avessi avuto l'opportunità nella vita di rincontrarti ti avrei chiesto scusa.> si ferma. Devo fidarmi di ciò che dice?

<Perciò scusa, e ci tengo anche a dirti però che sono stati loro a spingersi poi oltre, con la storia di Nohea e il resto. Non c'entro più con loro. Ho smesso di frequentarli.> conclude.

Rimango un po' in silenzio e poi rispondo: <Va bene. Non cambierò stanza solo perché ormai è troppo tardi, ma è chiaro che non saremo mai amiche. D'altro canto per quel che può valere ti chiedo anche io scusa per aver baciato Nohea e il resto alle tue spalle.> lei annuisce.

<Ora devo andare.> dico.

<Va bene. Ci vediamo, così ti presento anche l'altra coinquilina Liliana.> dice. Annuisco e basta. Non mi fiderò mai di lei.

Inizio così a correre per l'atrio per poter arrivare quanto prima da papà visto che il tassametro va avanti, benché il taxi non sia ancora in movimento. Rischio più volte di scontrarmi con la gente, ma arrivo finalmente fuori. Mi fermo un secondo per guardare l'intero perimetro e quindi dove mi stia aspettando papà, ma mi soffermo nel notare l'inconfondibile Nohea. Ha un bermuda beige come i mocassini e una t-shirt blu. Cammina velocemente con il suo zaino in spalla nero coprendosi gli occhi dal sole con la mano a visiera sulla fronte. Quando gira lo sguardo su di me, mi viene spontaneo alzare una mano per salutargli, ma lui risponde molto dopo con lo stesso gesto nostalgicamente.

 Quando gira lo sguardo su di me, mi viene spontaneo alzare una mano per salutargli, ma lui risponde molto dopo con lo stesso gesto nostalgicamente

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To Be Continued...

Oasi ProibitaWhere stories live. Discover now