Capitolo Diciannovesimo

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«Cosa c'è che non va?» mi chiede Paulo mentre spala la neve dal marciapiede. Scuoto la testa. Mi guarda fermandosi soprattutto per sgranchirsi la schiena. «I miei tornano nello Utah.» sputo fuori il rospo. «Si, mia madre me lo ha accennato stamattina.» dice poggiandosi con le mani alla pala. «Non sei felice per loro?» mi chiede. «Certo ma ciò implicherà il fatto che li vedrò una volta l'anno.» «È quello che hai sempre voluto no?» spalanco la bocca. Voglio bene ai miei, ed è ovvio che vederli più di una volta l'anno mi renderebbe più felice. Cosa salta in mente a Paulo? Non mi ha mai risposto in questo modo così esasperato! «Scusa...» si corregge. «Appena ti laureerai potrai raggiungerli...» viene a sedersi accanto a me. «Sai che non voglio metterci piede nello Utah Paulo.» sembra si sia dimenticato tutto. Ogni tratto di me, ogni cosa che gli ho detto in passato e mi chiedo come sia possibile. Sa benissimo che non ho mai amato lo Utah e che anzi per me è uno stato alla pari dell'Alaska anche se sono così diversi tra loro. «Se i miei dovessero tornare in Brasile credo che anche io li raggiungerei per trovare un lavoro appena laureato.» i nostri progetti non erano questi, ma è chiaro lui non stia ragionando più per un "noi"...

Ora mi spiego perché ogni volta all'idea e al progettare di vivere assieme in Hawaii fossi più entusiasta io.

«È la prima volta che mi dici di voler tornare nel tuo paese natale un domani.» gli dico così schietta. «Per me ha sempre contato molto. Non sono come te. La quotidianità e la famiglia mi sono sempre bastati.» perché sta alzando i toni? «Non significa che io non ami la mia famiglia se non amo il posto in cui vanno a stare!» si prende la testa tra le mani. Sospiro. E poi come siamo arrivati a parlare di questo e in questo modo soprattutto? Non siamo mai stati così...

«Sei cambiato.» glielo dico. Non ce la faccio più. Si comporta in modo bizzarro da quando ci siamo rivisti, e ieri a cena non mi ha praticamente guardata o parlato. Non toglie la mano dal suo volto, anzi si copre gli occhi ancor di più. Quando poco dopo sento i suoi singhiozzi ne rimango interdetta. Non ha mai pianto e francamente non pensavo l'avrei mai visto fare, vista la sua personalità. Deve esser successo qualcosa di cui non sono al corrente, e questo spiegherebbe il suo modo di relazionarsi a me. «Paulo...» lo richiamo mettendogli una mano sulla sua spalla e al gesto si alza fulmineamente e corre via, presumo verso casa sua. So quanto debba essere difficile farsi vedere in lacrime per lui, perciò lo lascio andare rimanendo in piedi nella neve in confusione.

"Ciao Isa!" rispondo alla sua chiamata. "Ciao, ci metto poco, non voglio disturbarti dato che sei in famiglia. Volevo soltanto farti presente che sono arrivati degli scatoloni enormi. Mi hanno detto che sono tuoi, così ho pensato di chiamarti per avvisarti che sono qui!" scatoloni? Mia madre non ha perso tempo a fare recapitare tutta la mia roba lì. Ieri sera mi ero resa conto mancassero molte cose infatti...

"Oh sì. Grazie!" le rispondo. "Figurati! Allora come va? Fa davvero così freddo come mi raccontasti?" "Da morire. Non vedo l'ora di tornare..." ridacchio. "A proposito di tornare, sai chi è tornato in camera? La mia ex coinquilina. Si aspettava di poter passare una notte qui!" "E come mai?" chiedo incuriosita. "La ragazza Eula della tua ex stanza l'ha beccata a formicare con il suo fidanzato, così..." Formicare? Fidanzato? "Che storia..." dico allibita. Mi chiedo se il fidanzato sia di nuovo Nohea... e non dovrei chiedermelo. E' il caso di chiudere la chiamata... "Non l'ho fatta restare ad ogni modo." continua a raccontarmi altre cose di altro genere, ed è un buon passatempo visto che la persona con la quale vorrei parlare- Paulo- si nasconde non so dove.

To Be Continued...

Oasi ProibitaWhere stories live. Discover now