Capitolo 42

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<Becca...> Un lamento

<Becca...> Una voce sottile.

<Becca andiamo a fare colazione. Chiamami se hai bisogno.> Era Isa. Un fascio di luce mi colpisce la vista per decimi di secondi per poi abbandonarmi alla richiusura della tenda.

Qualcosa è aggrappato attorno ai miei fianchi, mi sento incatenata. Deglutisco girando il volto appena- visto che sono stesa sul fianco, e mi torna in mente stanotte. Il cuore inizia a saltare su e giù per la cassa toracica come se fosse una pallina da tennis e inizio a sentirmi in fiamme, un caldo come se fossi all'inferno. Benché dorma la sua presa è sorprendentemente forte, tanto che trovo difficoltà a smuovermi. Il mio stato d'animo è incline all'angoscia e al pentimento. Sento dolore se mi rimetto a pensare alla sua reazione... Alle sue lacrime in totale disperazione. Mi fa più male questo che il fatto in sé di essere malata, e ciò mi manda ancora più in delirio. Dischiudo una sua mano dal mio bacino applicando una forza quasi aggressiva. Mi metto in piedi sentendomi impazzire. Voglio andare via da qui. Voglio andare via da lui. Vorrei poter uscire dal mio corpo...

Vorrei poter gettarmi nella mia fede avendo la certezza che avevo un tempo della sua veridicità.

Non ho trattato il mio corpo come un tempio, e ora ogni forza superiore me ne sta facendo pagare la conseguenza, come se ci fosse qualcuno a burlarsi di me, a puntarmi il dito dall'alto... A dirmi "te l'avevo detto". Scuoto la testa come per cancellare questi pensieri dalla mia mente, mentre musica, direi rock, proviene da fuori. È la giornata dei concerti, e l'acustica è talmente alta da perforare il mio stato di quiete, che in realtà era già minimo.

<Buongiorno...> la sua voce è rauca, spaventata... A disagio anche probabilmente. Mi giro verso di lui, guardandolo ma non vedendolo davvero.

<Slava ti avrà cercato. Devi andare da lei. Io ho da fare. Gli altri mi aspettano.> Inizio a sembrargli indaffarata. Prendo dei vestiti a caso, indossandoli a caso. Continuo a raggruppare oggetti inutili da mettere in una borsa che non è neanche la mia.

<Becca...> Mi richiama e scatto con la voce. Tutto quanto ieri sera è cominciato perché mi ha richiamata in quel modo così gentile. Lo guardo disillusa, con gli occhi vuoti.

<Buona giornata.> Dico uscendo scaltramente per fare sì non mi dica niente, sperando abbia dimenticato... Sperando non gli importi niente di me, al contrario di quanto sembra, e non voglio che sia così.

Appena fuori il sole mi acceca. Mi guardo da testa a piedi. Ho una giacca azzurra e un pantaloncino verde. La borsa è di Isa, e sono totalmente confusa per prendermi del tempo e vedere cosa ci abbia messo dentro. Sono senza scarpe... Avrei bisogno del bagno...

Mi fermo. Dove erano i bagni? Mi giro da tutti i lati possibili e immaginabili senza ricorda dove siano i bagni, e solo minuti dopo ... Minuti dopo aver realizzato, realizzato ogni aspetto della faccenda che mi riguarda, di ciò che dovrei affrontare... Di ciò da cui scappo...

La gente mi cammina attorno senza far caso a me, e lascio scorrere le lacrime silenziose guardando il cielo esteso davanti a me, così limpido, così azzurro. Mi bruciano gli occhi da così tanta luce, oppure è il bagnato a farmi quest'effetto. Sento i miei singhiozzi senza la voglia di smettere, di abbassare i toni...

Mi lascio andare in ginocchio mentre infilzo le dita nell'erba, sentendone la consistenza morbida e umida. Continuo a piangere senza limiti, facendo pena a me stessa. Le ginocchia mi si inumidiscono e probabilmente sporcano di terra come le mani. Inizio a sentire un dolore pungente, al centro del seno. Abbasso gli occhi per notare tra la larga scollatura delle due maglie, il mio nuova tatuaggio completamente contornato da puntini rossi...

Certo, infezione... I dottori mi avevano detto ne sarei stata soggetta, così come non sarei riuscita più a dormire decentemente la notte per le frequenti sudorazioni. Così come avrei avuto dolore alle ossa per tutto il giorno, così come tutti i come. Vorrei i sintomi potessi scambiarli con altre motivazioni, illudendomi non sia lei a causarmeli, ma saperli mi rende ogni giorno più vulnerabile. Porto le mani sulla faccia, sentendo subito l'odore del terriccio impregnarsi sulla pelle del viso. Striscio le dita sugli occhi che mischiandosi alle lacrime mi lasciano segni marroni, di terra diventata fango. Metto le mani nei capelli lanciando un urlo di dolore, totalmente fuori di me fin quando una ragazza non mi si china davanti chiedendomi preoccupata cosa abbia. Metto di nuovo le mani sul viso chiudendomi a riccio, combaciando il torace sulle gambe come fossi un'ostrica. La sento sulla mia spalla con le mani, ma poi...

To Be Continued

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To Be Continued...

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