CAPITOLO 10.2

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Sofferenza. Solo sofferenza.
Robin si rigirava nella coperta spelacchiata che le era stata fornita per dormire.
Era chiusa nella cella da pochi giorni. Ogni volta che le mancava uno dei suoi amici, oppure un familiare, un professore, o Gilderoy, faceva un segno sul muro con le unghie.
Talvolta si toccava anche i capelli. E ogni singola volta si ritrovava a ripulirsi le mani sui vestiti, già sudici come la sua folta chioma castana.
Se solo le avessero permesso di farsi una doccia...
La pioggia continuava a scendere imperterrita, sbattendo contro il muro esterno della prigione.
La finestrella, perennemente aperta, permise all'acqua di entrare e di bagnare Robin, che si vide costretta ad allontanarsi e spostarsi verso il centro della cella.
Appoggiò la guancia sul gelido pavimento e sobbalzò: troppo freddo per i suoi gusti.
Era abituata a vivere in un ambiente riscaldato e circondata da persone a lei care, non reclusa in attesa di diventare vecchia.
Aveva molto sonno.
Chiuse gli occhi, pesanti, e si raggomitolò.
Ma una brezza proveniente dal corridoio le fece il solletico, risvegliandola di soprassalto.
Un dissennatore era comparso dal nulla, con una ciotola in mano.
Robin si sorprese nel vedere quella creatura riuscire reggere un oggetto tanto pesante per i gusti della ragazza.
Gliela passò facendola cadere sul pavimento.
Robin si sedette, con il cuore in gola, e attese che il dissennatore se ne fosse andato per afferrare la ciotola.
In un primo momento ritrasse la mano: anche il metallo era freddo.
Poi, però, esortata dai crampi dovuti alla fame, si fece forza e mangiò quella poltiglia che le era stata preparata.
Fece molta fatica a mandare giù il boccone. Era pieno di grumi e non sapeva di nulla.
Cominciava a stufarsi di quella situazione.
Sapeva di non meritarsi quella punizione. Nonostante avesse confessato, lei era sicura di aver fatti la cosa giusta uccidendo Nagini.
Ma Silente le aveva detto, prima di salutarla, che si sarebbero rivisti prima del dovuto. A cosa diamine alludeva il preside?
Era risaputo che Robin odiasse quando Silente parlava difficile per cercare di non farsi capire da nessuno. Il punto era, però, che neppure l'interlocutore capiva qualcosa dei contorti ragionamenti di Albus Silente.
La grifondoro allontanò il più possibile la ciotola, in modo tale da non doversi avvicinare ulteriormente ai dissennatori.
Ci doveva pur essere un modo per tenerli alla larga.
Ma cosa voleva saperne lei... ad Hogwarts non insegnavano come tenere lontani i dissennatori, anche perché, auspicavano che i ragazzi, una volta diplomati, prendessero delle strade lontane dalla criminalità e, di conseguenza, da Azkaban.
Poi, Robin, non aveva più neppure una bacchetta. Chissà quale reazione avrebbe avuto Marvolo Gaunt nel vedere due maghi spezzare la sua amata bacchetta.
Robin si ripeteva che non era giusto. Era tutto sbagliato.
Se lo diceva in continuazione, finché ne aveva forze e non crollava addormentata.
Stare rinchiusa ad Azkaban l'aveva indebolita parecchio. Non riusciva a contattare Piton. Probabilmente, se ci fosse riuscita, non avrebbe retto così tanto da permetterle di portare avanti una conversazione decente.

Si sentiva tutta intorpidita a causa dell'umidità. Aveva male alle ossa. Tanto male.
Starsene seduta tutto il giorno, per paura che, una volta in piedi un dissennatore le apparisse da dietro le spalle, non l'aiutava affatto a superare i problemi di mobilità.
Robin temeva più per la sua sanità mentale; stare zitta senza parlare con qualche coetaneo, o con qualche detenuto, stava diventando insopportabile.
Si tastò le tempie. Pulsavano come al solito.
<Hey!> gridò ad un certo punto. <Hey! C'è qualcuno?>
Nessuna risposta.
Robin, allora, si avvicinò alle sbarre e cominciò ad agitarle, in modo tale da attirare l'attenzione.
Se solo Rita Skeeter avesse potuto vederla in quel preciso istante. Sarebbe stata etichettata, di nuovo, come una ragazzina in cerca di attenzioni.
Robin, al solo pensiero, si mise a ridere da sola.
Si piegò su se stessa, per poi rotolare in cerchio, e continuò a sghignazzare.
Quando si fermò, si massaggiò il ventre, che le faceva male dopo aver tanto riso.
Un improvviso gelo le fece drizzare i capelli. Balzò in piedi e fece aderire, il più possibile, la schiena contro la parete.
Il dissennatore raccolse la ciotola e andò avanti, ignorando completamente Robin.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo.
Poi ricominciò a ridere.
Non sapeva di preciso perché lo stava facendo, ma la faceva stare bene. E se questo poteva aiutarla a superare le ore all'interno della prigione, allora ne valeva proprio la pena.

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