CAPITOLO 5.2

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Sia Severus che Robin erano rimasti colpiti dalla maledizione senza perdono;
dividevano l'infermiera. Si erano fatti dare i letti il più distante possibile, per evitare di doversi parlare.
Robin, però, ne approfittò per scambiare due parole con un Severus imbronciato e alquanto irritato.
<Posso dirti una cosa?> domandò lei.
Piton non rispose.
<Non è colpa mia. Non devi prendertela con me!>
Robin si sentiva tremendamente giù di corda per quello che era successo. Però non poteva essere incolpata per questo.
Non era nel suo stile far del male agli altri. Oramai aveva imparato ad apprezzare la compagnia del serpeverde;
si era ripromessa che avrebbe scoperto chi la voleva distruggere.
Il marchio di Grindelwald era sbiadito, ma Robin riusciva a intravedere lo stesso il segno lasciatole dalla bruciatura.
Voleva davvero sapere dove fosse Grindelwald; e detestava ammetterlo, ma quasi le mancava sentire la sua voce, fortemente marcata dal suo accento scandinavo.
Scese dal letto e si avvicinò a una delle finestre dell'infermeria;
Severus alzò il naso dal libro che aveva cominciato a sfogliare, provò ad alzarsi e piombò sul letto con le braccia doloranti.
Poi tornò a fissare Robin.
<Come hai fatto?>
<Mh?>
La indicò. <Sei in piedi. E non pare farti male nulla.>
Robin aggrottò la fronte. <Perché? Tu hai male da qualche parte?>
Severus aprì la bocca sconcertato. <Ma certo che ho male! Per Salazar, ho le gambe distrutte.>
<Se vuoi,> disse lei facendo un cenno al letto. <mi distendo di nuovo. Per solidarietà.>
Il ragazzo alzò la mano. <Tu trovi sempre la forza per fare ironia.>
Robin gli fece l'occhiolino.
<Dove pensi di andare?>
La grifondoro, con metà corpo già fuori dalla sala, indicò il corridoio;
face un percorso con il dito che stava ad indicare la strada verso l'ufficio di Silente.
<Ti beccano.>
<Ma dai, dai...
Figurati se Gazza perde tempo dietro alla sottoscritta.>

Forse non Gazza, ma Mrs. Purr gironzolava per i corridoi, miagolando a chiunque si avvicinasse troppo a lei. Anche se per puro caso.
Robin la intravide da dietro un pilastro.
Pensò di trasfigurarla in una coppa, oppure in un libro.
Ma poi le venne in mente una cosa che avrebbe potuto fare senza finire troppo nei guai.
<Immobilus.>
La gatta si bloccò con una zampa a mezz'aria e con i denti ben in vista; quasi come se volesse azzannare qualcuno.
Robin la superò con sorriso beffardo: ora niente e nessuno poteva fermarla.
Aveva studiato a memoria la Mappa del Malandrino, e di conseguenza la planimetria della scuola.
Raggiunse, così, in pochi minuti l'entrata dell'ufficio di Silente, come sempre custodito dal gargoyle in pietra.
<La password!> esclamò Robin, battendo una mano sulla fronte.
Incrociò le braccia al petto e si mise a battere il piede sul pavimento in attesa che qualcuno passasse di lì.
<La password dell'ufficio è: cioccorane, se ha bisogno.>
Robin riconobbe l'inconfondibile voce della McGranitt; le aveva appena rivelato tutto senza che le identificasse.
Non appena fu sicura che non avrebbe potuto raggiungerla, la ringraziò.
Robin percorse, correndo, la rampa di scale che la divideva dall'ufficio del preside.
Bussò ed entrò.
<Buongiorno.>
Silente sgranò gli occhi nel vedere la ragazza in piedi senza nessun segno di cedimento.
<Robin, accomodati.>
La ragazza fece come le era stato detto.
<Professore, dovrei chiederle una cosa. Un chiarimento.>
<Avrei anche io qualcosa da chiederti in verità. Ma comincia tu.>
Robin annuì. <Perché io sto bene, fisicamente, mentre il signor Piton no?>
Silente si appoggiò allo schienale della sedia e giunse le mani.
Rifletté sulla risposta da dare alla ragazza; non sapeva nemmeno lui il motivo per cui la grifondoro stesse bene. Troppo bene.
Il preside pensò anche al fatto che non aveva mai raccontato a Robin tutta la verità.
L'oscura profezia che incombeva sulla figura di Robin Chelsea Crouch non doveva essere svelata per nessun motivo al mondo;
e Robin stessa non doveva saperlo.
<È complicato da spiegare.>
<Ho tutto il tempo di questo mondo, professore.>
Silente si tolse gli occhiali a forma di mezzaluna e li appoggiò sulla scrivania.
Parlare o tacere?
Parlare o tacere?
Parlare o tacere?
<Non sono la persona più indicata per questo compito.>
Robin serrò la mascella. <E chi lo sarebbe allora?>

L'Erede di GrindelwaldWhere stories live. Discover now