CAPITOLO 15.2

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Far parte dell'Ordine della Fenice avrebbe messo Robin in contatto con numerosi maghi famosi e l'avrebbe resa tale e quale a loro.
Aveva recuperato molti argomenti scolastici durante le vacanze di Natale, così Silente colse l'occasione, il primo di gennaio, per presentare ufficialmente la ragazza agli altri membri del gruppo; nonostante tutti loro la conoscessero già.
Robin conobbe, così, Kingsley Shacklebolt e i fratelli di Molly Weasley.
Come aveva previsto la ragazza, era la più giovane del gruppo, ma non per questo poteva essere definita il loro anello debole.
Moody aveva tanto insistito per fare una specie di rito di iniziazione per darle il benvenuto come si doveva.
<Allora?> le chiese Silente una volta tornati a Hogwarts. <Che cosa ne pensi?>
Robin fece le spallucce. <Sono dei tipi a posto.
Mi sta bene lavorare con maghi e streghe senza precedenti penali.> scherzò poi.
<Non penso che serva ripetere ulteriormente le regole. . .> bofonchiò il preside.
Robin annuì. Per lei, il concetto di segretezza, era chiaro. Anzi, chiarissimo.
Non avrebbe raccontato nulla a nessuno della sua nuova squadra.
Silente le promise che, più avanti, avrebbe esteso l'invito a unirsi all'Ordine anche agli altri suoi coetanei e ai suoi fratelli.
Robin era sicura che far parte dell'Ordine avrebbe cancellato ogni traccia di Voldemort dalla sua persona.
<Perché ha scelto Alastor come capo dell'Ordine? Perché non lo è lei?> chiese ad un tratto Robin.
Silente girò la testa verso la grifondoro. <Domanda molto curiosa. . .
Ho scelto Alastor perché è un ottimo auror e anche un grande leader.>
Robin corrugò la fronte. <Questa risposta mi dice tutto e nulla.>
<Comprendo la tua perplessità, ma ti chiedo, nuovamente, di fidarti di me.>
Lei annuì.
Da che era tornata ad Hogwarts, aveva piano piano ricominciato a fidarsi del preside.
Cosa che, per Voldemort e Grindelwad, non andava affatto bene. Il primo aveva appreso da Nagini che aveva perso definitivamente il controllo sulla mente di Robin, mentre il secondo faticava ad entrare nella testa della sua protetta che, oramai, poteva considerare persa.
Ma nessuno dei due maghi voleva darsi per vinto; mentre Grindelwad attendeva e meditava sul modo di rientrare nella vita di Robin, Voldemort esortava i suoi seguaci a trovare il modo migliore di piegare definitivamente Robin e di portarla dalla sua parte.
<Sai, Robin, volevo chiederti una cosa prima. Ma poi mi sono completamente dimenticato di farlo.>
<Mi dica tutto.>
<Come va la nuova bacchetta?>
Robin sorrise, la estrasse e gliela fece esaminare.
<È grandiosa, professore. Sono contenta che Ollivander l'abbia fatta apposta per me.>
Silente era lieto di sentirle pronunciare parole simili.
Probabilmente era riuscito ad allontanarla dall'idea di voler possedere a tutti i costi la Bacchetta di Sambuco.
<Ci vediamo a cena, Robin.> la salutò Silente. Robin ricambiò il gesto e si diresse nel suo dormitorio, dove su immerse nella lettura di un libro antico che aveva preso nella sezione proibita della biblioteca.

°°°

Mentre ad Hogwarts la neve decorava il paesaggio, a Londra erano tornati a prevalere lo smog delle industrie babbane e la nebbia.
Il ministero era in fermento. Ma in particolar modo il Winzegamot, dove Minchum avrebbe parlato alle principali figure dei diversi dipartimenti.
Moody e Shacklebolt erano andati in qualità di auror; Joyce e Dolores, invece, come impiegate.
<Perché Minchum ci vuole vedere?>
Joyce scrollò le spalle. <Penso che voglia dare a Robin l'indulgenza, a giudicare dal volto scuro di Malfoy e Yaxley.>
<E serviva chiamare mezzo ministero?> chiese Kingsley, girando la testa per vedere quanta gente stava entrando nell'aula del Winzegamot.
Anche Arthur Weasley, con Bartemius Crouch al seguito, era entrato e si era posizionato poco distante dall'uscita di emergenza.
<Ha chiamato anche la Gazzetta del Profeta.> disse Dolores, sollevandosi dalla panca per vedere meglio.
Anche se, la chioma biondissima di Rita Skeeter, era facilmente individuabile tra le teste degli altri funzionari.
Il ministro, scortato da due guardie del corpo, fu l'ultimo ad arrivare; i presenti si alzarono in segno di rispetto, per poi risedersi una volta ottenuto il permesso dal mago.
Diede due colpi di tosse e cominciò a parlare.
Più andava avanti e più Alastor credeva che non scoppiasse di salute. La voce tremante, bassa e quasi ridotta a un leggero soffio. Il viso scarno e la carnagione più chiara del normale. La perdita di capelli. La schiena ricurva, quasi una gobba. Gli occhi che a fatica riuscivano a restare aperti.
<Da quando Minchum legge i discorsi?> notò la Umbridge. <Non l'ha mai fatto!>
<Quell'uomo sta male. È palese.>
<Ma sta' zitto, Moody.> ringhiò la strega vestita, perennemente, in rosa. <Non è che perché ti hanno promosso allora significa che sai tutto.>
Alastor roteò gli occhi. <Dormito male questa notte, Umbridge?>
Lei non si fece pregare due volte e cominciò a bisticciare con l'auror, nonostante il ministro stesse ancora parlando.
<Per questo motivo, voglio aumentare la sorveglianza ad Azkaban.
Più dissennatori. Per l'esattezza tre ogni prigioniero.>
I due si ammutolirono all'istante, increduli.
<Perché se una ragazzina di sedici anni è riuscita a eludere la sorveglianza di Azkaban, quanti altri criminali, più pericolosi di lei, potranno fuggire in futuro?>
Il ministro andò avanti a parlare di Azkaban e della sorveglianza insufficiente nei confronti di Robin, che si era dimostrata fin troppo abile e scaltra.
<Ciononostante, voglio concedere l'indulgenza alla signorina Robin Chelsea Crouch.
E porgerle le mie più sentite scuse per la sua incarcerazione.>
Finita la frase, diede le spalle ai presenti e lasciò la stanza, tra le proteste di alcuni e gli applausi di altri.

L'Erede di GrindelwaldOù les histoires vivent. Découvrez maintenant