CAPITOLO 1.2

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Silente doveva trovare un modo per giustificare al Ministero il comportamento anormale di Robin.
Cos'era preso alla giovane grifondoro?
Perché non riuaciva a controllare le sue azioni?
Queste, ed altre domande, tormentavano il povero preside, che non aveva mai lasciato l'infermiera durante quella prima notte.
Robin non aveva mai recato nessun tipo di problema a studenti o insegnanti, ma quella sera aveva decisamente esagerato.
Silente non se la sentiva di lasciarla andare al San Mungo, dove sarebbe stata preda facile di giornalisti e paparazzi;
voleva tenerla lì a Hogwarts.
Lumacorno vegliava, al suo fianco, sulla nipote prediletta e non faceva altro che singhiozzare.
Robin non si era mai svegliata.
Quella sua lotta interna l'aveva davvero stremata.
<Albus, Horace, andate a dormire.
Stiamo noi qui con lei.> disse loro la McGranitt, con la Johnson al seguito.
<No no, Minerva. Non posso lasciarla...> disse il preside, scuotendo la mano.
<Non vogliamo sentire obiezioni.
Andate a letto!> intervenne la Johnson.
I due maghi si alzarono e fecero posto alle due colleghe;
Lumacorno ci mise un bel po' per allontanarsi dalla nipote. Solo un ulteriore intervento della McGranitt lo convinse a seguire Silente.
<È più forte di quanto crede di essere.> commentò la Johnson, sedendosi al capezzale di Robin.
La McGranitt inarcò un sopracciglio. <Cosa intendi dire con questo?>
<Nulla, Minerva. Solo che... no. Lascia stare.>
La professoressa più anziana, però, non fece altro che tempestare di domande la Johnson, che si difendeva in modo pessimo.
<Minerva, per favore!> disse a un certo punto. <Parli spesso senza riflettere.
Mi dispiace molto per la situazione di Robin. Tutto qui...>
<Ti odio.>
Le due professoresse si scambiarono uno sguardo e lo volsero, poi, verso la ragazza, che stava ricominciando a dimenarsi.
<Vado a chiamare Madama Chips. Tu, Valerie, resta qui.>
La McGranitt corse fuori dall'infermeria e lasciò Robin nelle mani della Johnson, che le parlava, usando parole dolci e di rassicurazione.
Le posò una mano sulla fronte e sussurrò un incantesimo di guarigione. Che non andò come sperato.
<Stia lontana da me. Lontana!> borbottò Robin nel sonno con una voce femminile differente dalla sua.
<Robin, calma. Risolveremo tutto.>
Le penne d'aquila tornarono a prendere il posto dei capelli e dei peli di Robin.
La ragazza spalancò gli occhi, che le diventarono gialli.
<Vada via!> ringhiò nuovamente.
<Crouch, sta' calma!>
<Mi lasci in pace!>
Madama Chips riuscì a entrare e a calmare Robin con una pozione qualche secondo prima che la ragazza, posseduta da una forza estranea, aggredisse la sua professoressa.
<Cosa le sta prendendo?> domandò preoccupata la McGranitt.
<Il professor Silente mi ha chiesto di inviare domani mattina le analisi della signorina Crouch al San Mungo. Loro sapranno cosa fare.>
<E se, invece, non ci riuscissero?>
<Valerie, non dirlo neanche per scherzo...>
Madama Chips, però, dovette dare una risposta, non molto rassicurante, alla professoressa Johnson, la quale aveva posto una domanda interessante.
Se Robin non fosse riuscita a guarire, avrebbero dovuto isolarla;
nel peggiore dei casi, ucciderla.
<Non lo posso accettare!> gridò la McGranitt.
<Minerva, se la situazione dovesse peggiorare...>
<Valerie, per favore! Non ci sarebbe un'ulteriore opzione?> domandò nuovamente all'infermiera di Hogwarts.
Madama Chips si ritrovò in grave difficoltà a dover dare una risposta alla professoressa di trasfigurazione; anche lei non voleva che Robin soffrisse, ma al tempo stesso era prevenuta per qualsiasi evenienza.
La McGranitt si appoggiò alla bandinella del letto e guardò con occhi spenti la sua allieva. <Povera Crouch...>

Remus fu l'unico dei Malandrini a essere informato, dalla McGranitt, della grave situazione che si era creata con Robin.
Ci rimase talmente tanto male da rifiutarsi di toccare cibo e di partecipare con grande entusiasmo alle lezioni.
Il nuovo professore di difesa contro le arti oscure, Alexander Pelham, se ne accorse e volle parlarne con il ragazzo.
Remus cercò di non sbilanciarsi, ma, alla fine, Pelham riuscì a estrapolare alcune informazioni.
A primo impatto, Pelham era il professore giovane che riusciva a farsi adorare, grazie al suo bell'aspetto, dagli studenti. Non era inglese, bensì americano.
Suo padre, però, aveva qualche parente in Inghilterra, così, Silente, si era convinto ad affidargli la cattedra.
Preparato sembrava preparato, ma tendeva a perdersi durante le lezioni, raccontando ai ragazzi le avventure dei suoi amici a Ilvermorny e delle sue gite fuori porta in giro per gli Stati Uniti.
A Robin sarebbero piaciute molto quelle storielle da poter commentare anche da sola.
<Sa, signor Lupin, non vedo l'ora di conoscere la sua compagna.
È molto famosa negli States.> confessò lui, alludendo a Robin.
Il forte accento americano, non permise a Remus di afferrare subito il concetto.
<Magari mi può portare da lei nel pomeriggio...>
<Perché no.>
Pelham batté le mani come un bambino. <Good. Ci vediamo dopo allora, mr. Lupin.>
Lunastorta si ritrovò a pensare che quel professore fosse più interessato a Robin che alle lezioni pomeridiane che doveva, in teoria, svolgere.
<Lupin, aspetta.>
Remus si girò e trovò Gilderoy seduto fuori dalla porta.
<Che c'è?> domandò, con un pizzico di irritazione, Remus.
<È vero che dopo accompagni Pelham da Robin?>
<A quanto pare...>
<Ecco, non è che potrei... sì, ehm...>
Remus inarcò un sopracciglio. <Accompagnarci?>
<Esatto.>
<D'accordo. Ti aspetto dopo pranzo fuori dalla Sala Grande.>

L'Erede di GrindelwaldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora