CAPITOLO 19.2

162 11 0
                                    

Finito il pranzo, Robin andò in contro a Silente; lei voleva sapere com'era andato l'incontro, e al tempo stesso voleva informarlo del contenuto della lettera.
Nella foga andò a sbattere contro Gilderoy, il quale cadde all'indietro.
<Scusami.> disse Robin, cercando uno spunto di conversazione con il suo ex ragazzo.
Lui si rialzò e, senza degnarla di uno sguardo, le porse una mano per aiutarla.
<Non preoccuparti. Capita.>
Il corvonero stava per lasciarla da sola nel corridoio, così Robin lo chiamò.
Ma quando i loro occhi si incontrarono, le parole morirono in gola alla grifondoro.
<Wow. . .> commentò Gilderoy. <Discorsi profondi.
Posso andare adesso? Oppure vuoi dirmi qualcos'altro?>
<Ho fatto bene a lasciarti, sai?> ribatté Robin, stravolgendo il discorso. <Sei un egoista. Uno della peggior specie.
E poi sei insopportabile. . .>
Gilderoy fece di tutto per non scoppiare a piangere; aveva sperato fino all'ultimo che Robin avesse una buona considerazione di lui, ma quelle parole lo avevano colpito più del dovuto.
Robin, vedendo che il ragazzo se ne stava andando senza dire nulla, si morse la lingua fino a farla sanguinare.
<Aspetta, Gilderoy. . .>
Lui si girò.
<Ti sei dimenticata di aggiungere che sono un egocentrico e terribile pettegolo? Magari anche uno stronzo. . .
E comunque sono stato io a lasciarti.>
Lei scosse la testa e si avvicinò a lui, afferrandogli la mano.
Si mise leggermente in punta di piedi e lo baciò.
Il ragazzo, però, buttò la testa all'indietro.
<Vuoi davvero continuare a comportarti così?
Prima mi odi e poi mi vuoi?
No, Robin. Non funziona così. . .>
Gilderoy, poi, si staccò definitivamente da Robin e si allontanò dal corridoio incriminato, lasciandola da sola. In balia dei suoi pensieri.
Hey. . . Non piangere, dai.
Come fai a sapere che sto piangendo?
I battiti del tuo cuore sono irregolari.
Molto, a onor del vero.
So che tu lo ami ancora. E lui ama te.
Ho rovinato tutto. So fare solo questo: rovinare la vita a me e a chi mi sta attorno.
Questo non è affatto vero. Penso che tu debba semplicemente cercare di non volere tutto sotto controllo.
E magari evitare di fare delle scelte per proteggere gli altri.
La fai così facile, Severus. . .
Ogni mia scelta ricade su tutti voi.
Io non sono pronta e mai lo sarò.
Ne abbiamo già parlato. . .
Non puoi star male per gli altri, okay?
Sto andando da Silente.
Scelta più che corretta.
Robin camminava per la scuola a passo spedito, finché non si imbatté in Burke, il ragazzo di Serpeverde che aveva incontrato da Hagrid qualche giorno prima.
<Burke, non mi aspettavo che facessi visita al preside.>
Il serpeverde alzò un sopracciglio.
<Ringrazia tuo nonno. Punizione per aver rotto una fiala.>
Robin incrociò le braccia al petto.
<Magari conteneva qualche intruglio dei suoi.> tentò di indovinare.
<Mi pare che contenesse delle lacrime di fenice. Roba inutile insomma.>
Robin sgranò gli occhi e tirò un coppino a Burke.
<Ma sei pazzo?! Hanno un effetto miracoloso e tu te ne esci con una frase tipo:"Roba inutile"?!> sbraitò la ragazza.
Burke fece una smorfia; la reazione di Robin era decisamente esagerata.
<Oh, Robin. Signor Burke. Chi dei due per primo?> domandò Silente ai due ragazzi.
<Io.> disse Burke alzando la mano. <Sono qui per una punizione.>
Robin indietreggiò e fece cenno a Burke di passare prima di lei.
<Prego. E divertiti.>
Il serpeverde seguì Silente lungo la scalinata a chiocciola, lasciando Robin da sola nel bel mezzo del corridoio.

Non appena vide Burke prendere la via del ritorno, Robin si recò nell'ufficio del preside, il quale non aveva avuto neanche il tempo di sistemare le proprie cose dopo il viaggio.
<Professore.>
<Robin, entra pure.>
La ragazza fece come le era stato detto e si sedette di fronte al mago.
<Quella lettera. . .> partì col dire Robin. <Non ha alcun valore per me. Non penso che l'abbia scritta Voldemort di suo pugno. È così. . . Così. . . Così inusuale da parte sua.>
<La professoressa McGranitt mi ha riferito che ci sono stati alcuni attriti tra te, lei e il signor Piton.> disse Silente, cambiando completamente l'argomento della conversazione e lasciando Robin stupefatta.
Non avrebbe mai pensato che il primo pensiero del mago fosse proprio la sua bravata.
<Non è colpa di Severus, professore. È solo colpa mia; sono stata io a trascinarlo nella mia spedizione. E a causa mia ha pagato.>
Silente annuì.
<Immaginavo. . .
Perché lo hai fatto, Robin?>
Lei appoggiò la schiena alla sedia.
<Perché voglio scoprire chi scrive quei messaggi alle pareti. Chi mi minaccia. Chi mi vuole portare lontana dalle persone a me care.>
<Tu e il signor Piton siete diventati molto intimi.>
Robin per poco non scoppiò a ridere.
<Siamo amici. Tutto qui.>
Silente ridacchiò sotto i baffi.
<Poco importa. . . Cosa volevi dirmi riguardo alla lettera?>
<Non sono convinta che l'abbia scritta Voldemort.
O meglio, sono sicura che non sia una sua idea.>
Silente alzò un dito.
<La situazione a Londra è più grave di quello che pensavo.
Malfoy è davvero diventato uno degli azionisti della scuola.>
Robin si lasciò andare, adagiandosi in malo modo sulla sedia.
<Mi sta per proporre qualcosa di drastico?>
<Il preside di Durmstrang si è dimostrato favorevole a farti studiare fino alla fine dell'anno nel suo istituto.>
Gli occhi di Robin si riempirono di lacrime; andare a Durmstrang significava rinunciare ai suoi amici e alla possibilità di riconciliarsi con Gilderoy.
<E quando dovrei partire?>
<Nel fine settimana.>

L'Erede di GrindelwaldWhere stories live. Discover now