CAPITOLO 25.2

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L'ambiente circostante era decisamente troppo "allegro" per essere reale. E Robin sentiva dentro di che tutta quella non era la sua vita quotidiana, bensì un sogno.
O forse un incubo.
Non riusciva ad uscirne, però.
<Cerchi qualcosa in particolare?>
Non aveva mai sentito una voce tanto dolce quanto misteriosa. Era di una donna. Di questo era sicura al cento per cento.
<Nulla. Tanto non è reale.>
<La Morte ti ha fatto visita in un sogno. Eppure i segni sono presenti sul tuo volto.>
Robin si toccò le guance per individuare le due lievi rientranze.
<Hai distrutto la mia creazione. Non sei stata così gentile nei miei confronti.>
<Venancia.> sentenziò Robin.
<Con quell'oggetto avresti potuto riportare in vita chiunque. Non come la pietra della resurrezione, però.
E tu hai rovinato tutto.>
Robin mise le mani in tasca e calciò un sassolino con il piede, che arrivò dritto ai piedi di Venancia.
<Mi spiace.> disse Robin con la solita ironia. <Ma non so che farci. Mi sono semplicemente fidata di Silente.>
<Silente. . .> sogghignò Venancia. <Ma cosa diamine vuole saperne lui di magia oscura.>
<Ne sa davvero.> ribatté Robin.
<Certo. . . Ne sa davvero tanto. Ma proprio tanto.> commentò la strega più anziana. <Talmente tanto che tenta di estirpare ogni possibile minaccia proprio perché siete ingestibili.>
Quel "siete ingestibili" fece molto riflettere Robin: anche lei era uno di quei casi da isolare e distruggere?
<Rifletti bene, Robin. Perché ti ha fatta entrare nell'Ordine della Fenice?
Ma per controllarti, ovviamente.>
Robin strizzò gli occhi, rifiutandosi di credere a quelle orribili parole.
<Certo, Robin. Pensa pure di essere indispensabile, quando in realtà sei solamente un'altra pedina nella scacchiera dell'uomo di cui ti fidi ciecamente.>
La ragazza si morse il labbro.
<Non mi avrebbe accolta nella squadra se non avesse prima valutato ogni rischio.>
Venancia rise di gusto.
<Certo, mia cara. Peccato che lui non si fidi di nessuno tranne che di stesso.>
Robin scosse la testa.
<Questo non è affatto vero. E posso dimostrartelo.>
La donna allargò le braccia e sogghignò.
<Ti prego, ragazzina, so come funziona questo mondo. Ci sono stata prima di te.>
<Albus Silente si fida ciecamente di Koll. Si fida di Alastor. Si fida dei suoi colleghi, anche troppo forse. E del Ministero.
Se non lo capisci, Venancia, il problema è solo tuo.>
Venancia alzò il braccio. La bacchetta era apparsa nel nulla. Così facendo avrebbe potuto tranquillamente eliminarla.
<Resterai qui con me, Robin. Sarebbe la giusta punizione per aver distrutto senza pietà la mia amata creazione.>
Robin urlò qualcosa di incomprensibile.
E poi tutto buio.

La ragazza si risvegliò nel suo letto in preda a un terribile mal di testa.
Si asciugò la fronte, bagnata dal sudore, e si sedette qualche secondo con estrema cautela per evitare di peggiorare il dolore.
Diede una fugace occhiata alle due compagne di stanza: Gae si muoveva di tanto in tanto nel letto, mentre Lauren borbottava nel sonno parole a caso.
Robin captò alcune parecchio curiose.
"Angelo caduto", "Purosangue", "Inglese", "Magia Nera".
<Lumos.> sussurrò Robin dopo aver impugnato la bacchetta.
Si alzò dal letto e camminò lentamente fino alla porta. Dopodiché uscì.

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