CAP XCV Sangue del tuo sangue

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I giorni a seguire sono solo ore di dolore e sofferenza. La mente è ovattata da immagini sbiadite e suoni lontani.

Trascorro una settimana nella confusione più totale. Ogni azione è svolta in modo automatico, senza pensiero nè ragione.

Mi alzo, vado in bagno, scendo a spiluccare qualcosa e torno a letto. Non riesco a fare niente di più se non le pure e semplici azioni di sopravvivenza. Non vado a scuola, non apro libro, non mi interesso di niente e di nessuno.
Rifiuto qualsiasi visita e telefonata da parte di amici e conoscenti.

La mia abitazione sembra trasformarsi in un rifugio per profughi. Stoviglie impilate e lenzuola da cambiare. Lo stato di apatia di mia madre supera e si intervalla al mio in un intreccio indefinito di angoscia e pena.

Siamo due prigioniere, due donne oppresse nella loro stessa casa. Messe a tacere e a soffrire. Le finestre restano chiuse e il buio accompagna le giornate, senza più distinguere il susseguirsi del giorno e della notte.

Fuori da queste mura giornalisti in borghese vanno e vengono, popolando la strada con i loro microfoni e telecamere pronte.
Alla tv a qualsiasi ora del giorno e a qualsiasi canale il telegiornale riporta la notizia tra le prime pagine di cronaca nera.
La villa dei Colonna viene ripresa e spiattellata in ogni programma.

La cinta muraria, l'auto incriminata e il volto di mio padre. A tutto schermo.

Buca, divora e mangia il mio cuore.
Domenico Colonna.
Non Valenti.

Il suo appellativo nobile infangato, due famiglie derise. Ed io accendo e spengo e di nuovo torno su quelle immagini per disperazione e tortura. Mi sento devastata e privata di qualsiasi punto di riferimento.

Quella collocazione che ciascuna persona ha e deve avere nella propria vita è demolita per sempre. E' come se qualcuno mi espropriasse dai ricordi, dal passato e dal futuro.
Tutto ciò che è stato è invisibile e falso e tutto ciò che sarà è indefinito e incomprensibile.
Non so per quanto tempo fisso il soffitto, non so per quanto affogo la rabbia e lo sconforto in umidi fazzoletti di carta.

Dall'odio alla disperazione e dal dolore all'amara accettazione.

Io sono figlia di un assassino.
Io sono figlia di un uomo senza scrupolo.
Io sono figlia di una doppia vita.
Una doppia identità.

E quella ragazza dolce e sensibile conosciuta come Arianna Valenti non esiste più, si sta sbiadendo pian piano fino a non lasciare alcuna traccia visibile.

E insieme al mio cognome se ne va la tranquillità e la semplicità.
Tutto appare insormontabile.
Non so ciò che ha in serbo il destino per me, ma sicuramente qualcosa di ottuso e malvagio.

Qualcosa che divora e mangia fegato e ossa, come un male tremendo, uno di quelli ai quali nessuno ha via d'uscita. E senza che neanche mi renda conto siamo di nuovo a domenica.

Una settimana.
Sette lunghi, infiniti giorni dalla notte della scoperta. Quella che ha distrutto per sempre la mia esistenza.

Il calendario non sbaglia ma l'orologio sembra essersi dapprima fermato e poi aver fatto uno scatto rapido, come un velocista alla staffetta dei cento metri, per poi stopparsi di nuovo.
Le lancette dei secondi scorrono lente, troppo lente, ancora di più dei battiti del mio cuore.
E la cosa che mi fa stare più male, oltre a tutti questi cambiamenti repentini e spasmodici, è l'allontanamento volontario della persona che ha lottato e combattutto per avermi.

Non riesco a capacitarmene e darne un senso logico. Non accetto che Riccardo non si sia fatto vivo; nè con un messagio, nè una chiamata. Niente di niente.

IO + TE ( #WATTYS2015 )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora