CAP CXVII Riccardo, da solo per Natale

25.3K 1.1K 296
                                    

Riccardo

Passare la vigilia di Natale da solo non fa paura, l'ho sempre fatto e non mi sono mai lamentato; in istituto, se pur tanti, ciascuno era abbandonato a se' stesso di fronte all'albero addobbato e al proprio scarno regalo.

Oggi, che vivo in una casa normale, che frequento una scuola normale e tento di avere una vita normale, la cosa che mi addolora non è non condividere la magia delle feste, ma rendersi conto che purtroppo non è cambiato poi molto dalla realtà di un tempo.

Evidentemente devo rassegnarmi al fatto che ovunque andrò, ovunque sarò, ovunque vivrò, questa solitudine mi seguirà, fino ad accompagnarmi nella tomba.

Non che trascorrere questi giorni con mio zio, di fronte a lenticchie, cotechino e candele accese, mi entusiasmasse, ma almeno la sua compagnia avrebbe potuto riempire un po' della mia tristezza. Però non sono un bambino, so che al lavoro non si può rinunciare, non di questi tempi, così non ho fatto storie quando lui ha annunciato che sarebbe andato a Bressanone per un servizio fotografico sui Mercatini di Natale.

Un importante quotidiano locale pagherà gli scatti e i soldi, in questo momento, sono davvero necessari, sia per mantenere Marie a Berlino, sia per sostenere il mio prossimo stage a Parigi.

Tuttavia, il giorno prima della fine dell'anno, zio dovrà rientrare per accompagnarmi a testimoniare in tribunale, in qualità di tutore.

Ho ricevuto la convocazione proprio stamani.

Vedere la busta è stato allo stesso tempo un miraggio e un colpo ben assestato.

Da una parte desidero con tutto me stesso porre fine a questa brutta storia e vendicare i miei genitori, ma dall'altro lato so già che il processo aprirà ferite sanguinanti e mi farà scontrare duramente con la realtà.

Non una, ma cento, duecento, mille volte.

Piego la schiena sull'acceleratore della Honda e imbocco la tangenziale.

La cintura del casco serra la gola e il freddo sferzante attraversa il piumino ed i jeans.

Sono diretto ai Castelli Romani a trovare Samanta.

E' ormai buio e i fari delle auto si intrecciano, scambiandosi nelle due grandi corsie asfaltate.

Quando raggiungo l'istituto mi disfo del casco e posteggio la moto, nascondendola nell'angolo più lontano.

So che non dovrei essere qui.

So che dovrei dire addio a Samanta per sempre e chiudere così il cerchio del passato, ma non è per niente semplice.

Non in questi giorni.

Però sono un uomo di parola, ho giurato a me stesso che finite queste vacanze natalizie avrei preso in mano la situazione, e così farò. Ogni promessa è un ordine!

Per adesso mi godrò gli ultimi momenti di sesso incondizionato.

Quello che non chiede e non da niente.

Passo il corridoio che porta ai dormitori femminili e salgo un paio di scalini. Una suora scende ed io mi schiaccio contro una colonna e trattengo il respiro. Non appena vedo l'abito nero proseguire oltre l'arco di ingresso, mi immetto di nuovo sulla scalinata a passi lesti, fino a destinazione.

Sto per bussare alla porta della mia amante, quando all'interno due voci si accavallano l'una all'altra, in sospiri e gemiti.

Mi fermo improvvisamente, con il pugno alzato.

Poi, curioso, piego il busto e sbircio attraverso la serratura, lasciata libera dalla chiave posizionata per storto.

Samanta è tra le braccia di un ragazzo alto e magro.

IO + TE ( #WATTYS2015 )Where stories live. Discover now