CAPITOLO 22 - BRUCE

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BRUCE

Un pallido sole sbucò dalle nuvole il mattino dopo il furioso temporale.

Le foglie degli alberi che ricoprivano il manto stradale, erano il segno tangibile che il forte vento aveva lasciato nel suo passaggio a Burlington. Qualche pozzanghera qua e là serviva da abbeveratoio per quegli uccellini che il giorno prima a causa del diluvio improvviso ,avevano trovato il loro nido distrutto. Zampettavano confusi e disorientati scrollando le penne ed affrontando gli albori di una nuova vita.

La mia motocicletta avanzava rombando sulla via principale di Burlington, alzando al suo passaggio le foglie assiepate sull'asfalto che volteggiavano nella brezza mattutina prima di depositarsi sull'asfalto in attesa della prossima auto o della prossima motocicletta che le avrebbe ributtate in aria in un girotondo senza fine.

Ero di fretta quella mattina, e non ero nemmeno di buon umore. La causa?

Avevo dormito poche ore durante la notte, la sera prima mi ero appena congratulato con me stesso per aver evitato di incontrarmi faccia a faccia con il diluvio, quando il tetto sopra il mio minuscolo monolocale più servizi, aveva iniziato a gocciolare in più parti.

Quel tetto era da tempo che avrebbe dovuto essere riparato , ma la mancanza di soldi per poterlo aggiustare, aveva costretto gli anziani abitanti di quella casa quasi diroccata posta al confine della contea, in aperta campagna, a rattopparlo in modo grossolano e quello era stato il risultato. Io da solo non avrei mai potuto permettermi di sostenere le spese per sistemarlo in modo serio, e gli altri vivevano solo con il sussidio della pensione e non si poteva pretendere che si sobbarcassero debiti di ingente importo.

Riandai con il pensiero alla notte appena trascorsa. Il fenomeno burrascoso che si era scatenato sulla cittadina, mi aveva obbligato a tamponare le perdite con secchi appoggiati sul pavimento che si riempivano a vista d'occhio, ne avevo appena vuotato uno e l'avevo appena sostituito che un altro richiedeva la mia attenzione.

Stanco ed amareggiato da quella situazione avevo rimpianto la mia decisione di andare a vivere sotto quel vecchio tetto, tutto, per lasciare gli altri inquilini che erano anziani nei piani sottostanti che fortunatamente non avevano subìto danni direttamente. La mia generosità ed il mio buon cuore che non mostravo quasi a nessuno mi avevano giocato un brutto scherzo, sicuramente non avrei passato un'altra notte in quelle condizioni. Il primo giorno libero l'avrei dedicato a fare qualche riparazione in attesa di una soluzione ottimale.

La mia misera casa era il motivo per cui non invitavo mai nessuna ragazza da me, non volevo mostrare a nessuno le condizioni in cui vivevo, quando ero di buon umore la definivo una dignitosa povertà, ma quella notte la visione di quel tetto grondante acqua a catinelle, mi aveva quasi gettato nella disperazione.

Ad un tratto mi ero sentito sopraffatto dalla violenza di quell'evento naturale, e riuscire ad abbattere uno come me che nella vita ne aveva già passate tante non era un'impresa facile. Fortunatamente lo sconforto era durato poco, riavutomi da quel momento cupo mi ero rimboccato le maniche ed avevo proseguito con quel lavoro fino a quando passato il temporale, anche il tetto aveva smesso di gocciolare.

Allora era iniziata la seconda fase, dopo aver asciugato il pavimento , vi avevo steso sopra dei vecchi tappeti di lana che sembravano rendere l'ambiente più caldo, avevo tolto le foglie umide ed appiccicose che erano entrate insieme all'acqua ed avevo cercato di tamponare i buchi più grossi con della plastica per creare una barriera contro il vento che continuava a soffiare in quella sera tempestosa.

Avevo pensato tanto a Touch, lui sicuramente stava al calduccio nella sua villa, che ingiustizia, qualcuno aveva di più mentre qualcuno non aveva nemmeno il necessario, ma obiettivamente non era colpa sua , anche se mentre vuotavo i secchi d'acqua avevo pensato di telefonargli e mostrargli il rovescio della medaglia, il modo in cui qualcuno era costretto a vivere.

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