CAPITOLO 101 - BRUCE

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BRUCE:

Guardai il viso di Touch ricoperto da quel miscuglio di crema, cioccolato e pan di spagna sbriciolato, il suo volto sembrava il ritratto di un pittore astratto, un genio della creazione artistica. Nonostante Allyson avesse compiuto un'opera sopraffina spalmando la fetta di dolce su tutta la superficie disponibile, aveva avuto l'accortezza di liberare le palpebre e quando Sebastian aveva aperto gli occhi, il profondo turchese che madre natura gli aveva regalato spiccò come la stella più luminosa in una notte buia, un faro nel mare in burrasca. Anche gli altri erano rimasti colpiti , quel colore atipico, era incisivo, quando ti guardava intensamente ti entrava dentro, se fossi stata una ragazza, ora, sarei in fila dietro Allyson ad allungare la coda delle probabili vittime.

Sorrisi da solo a quell'idea...era assurdo, naa...non sarebbe mai stato possibile, Touch poteva anche essere un bel ragazzo, ma per me restava sempre il mio idiota preferito, attenzione idiota nel senso buono, avendo imparato a conoscerlo dovevo ammettere che era molto diverso dalla prima impressione che ne avevo avuto e dalle voci che circolavano su di lui. A quelle non avevo mai dato credito, ero uno che voleva toccare con mano se le dicerie corrispondessero al vero. Il più delle volte erano solo chiacchiere fumose ed inconsistenti pari a quelle che mi avevano dipinto per anni come il diavolo di Burlington, contribuendo a costruirmi un passato che senza saperlo avevo indossato malvolentieri e che non corrispondeva affatto alla mia personalità.

Oddio non ero certo stato un santo, ma come avrei potuto esserlo?

Da solo, senza famiglia, senza l'affetto di qualcuno vicino che mi consigliasse, che mi mostrasse che c'era un'alternativa, che mi desse fiducia, che credesse in me.

Che vita di m....! Nessuno conosceva nei dettagli i miei trascorsi, qualche accenno qua e là, solo Miriam era al corrente di come avevo tpassato la mia infanzia solitaria, la mia adolescenza inquieta e disordinata alla ricerca di quel qualcosa che a me era stato negato alla radice.

Io e lei eravamo uniti da un filo invisibile fatto di lacrime malinconiche, di bocconi amari, di giorni noiosi trascorsi seguendo il sole tramontare e poi risorgere regalandoci un nuovo giorno difficile che avrebbe calcato le orme del precedente . Da ragazzo, al Centro delle farfalle avevo passato giorni interi ad osservare il mondo fuori dalla finestra, un mondo che mi scorreva attorno ma che non mi voleva , non c'era posto per me, io ero un emarginato, un recluso, un carcerato senza peccato. Così era iniziata a crescere la mia rabbia verso l'ingiustizia, il mio odio verso chi non mi aveva voluto, la mia angoscia di un futuro senza aspettative, la mia acrimonia nei confronti di una vita senza orizzonti, senza sbocchi, senza percorsi da seguire.

Poi un giorno, quando ormai avevo perso le speranze, quando le mie tasche buche e vuote erano il simbolo della mia stabilità economica e soprattutto emotiva, ecco che quegli occhi turchesi avevano attirato la mia attenzione.

Era stato facile, chi non ne restava colpito, da lì una serie di vicissitudini che avete vissuto anche voi in prima persona, mi aveva portato ad oggi.

Avreste immaginato di trovare Bruce Donovan, quel Bruce Donovan di qualche mese fa, seduto al tavolo di una villa che mi faceva paura solo nominare, il giorno di Natale in compagnia di tante persone che potevo definire amici?

In compagnia di una bambina che mi aveva rubato il cuore e che senza conoscermi incatenando i suoi occhi ai miei nello specchietto retrovisore di quel pulmino aveva capito che di me poteva fidarsi , che ero diventato il suo porto sicuro.

In compagnia della donna che aveva permesso tutto questo, di una signora energica a cui l'età aveva regalato grazia, eleganza, vitalità. Stare vicino a lei rendeva quieta la mia anima, tranquillizzava le mie paure, mostrava facile quello che a me sembrava impossibile.

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