CAPITOLO 80 - BRUCE

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BRUCE

Dopotutto Sebastian aveva ragione, gli avevo dato dell'idiota, ma questa volta il suo ragionamento filava, la voglia di stare finalmente insieme ci rendeva incauti, mi sentivo stranamente emozionato, quello che era successo nel gazebo aveva qualcosa di romantico, Stavo impazzendo, io, Bruce Donovan, stavo parlando di romanticismo? No! era stato un lapsus, io non sapevo neppure cosa fosse il romanticismo e tutte le sue sfumature sdolcinate. Da quando avevo incontrato quella ragazza, avevo vissuto sulle sabbie mobili, oggi ero stabile, il giorno dopo sprofondavo nella sabbia; nessuna ragazza con la quale ero stato mi aveva trasmesso simili emozioni, senso di protezione, voglia di stare insieme , di parlare di qualsiasi cosa, di ridere insieme, di ascoltare. Io ero conosciuto come quello da una botta e via, con qualcuna avevo prolungato la conoscenza, ma niente era stato così profondo da catturarmi l'anima e far battere forte il cuore.

Attraverso la sala la cercai con gli occhi, era facile trovarla, risplendeva come una stella, era la più bella ragazza di quella festa, la  posizione eretta, camminava con la testa alta assumendo un'espressione altera e socchiudendo le sue labbra morbide in qualche sorrisetto di circostanza, ma che non ricreava lo scintillio dei suoi meravigliosi occhi quando il suo sorriso era vero; io li conoscevo bene quei sorrisi che ti scaldano il cuore nelle giornate gelide, li avevo conservati nei miei ricordi e mi avevano aiutato nel periodo buio della mia vita quando quella fredda mattina lei mi aveva detto addio.

Se ripensavo a quella scena che la mia mente continuava a ripescare sentivo nascere in me tanti sentimenti negativi che non riuscivo a controllare, ero esploso in varie occasioni durante quel periodo, avevo fatto più volte a botte solo perché qualcuno aveva osato guardarmi in modo strano.

 Che comportamento assurdo, degno di un ragazzino che lascia che le emozioni lo possiedano. Mi facevo schifo da solo, una volta quando la disperazione mi aveva quasi abbattuto ero entrato in un locale malfamato per cercare di tirarmi un po' su, c'erano parecchie ragazze discinte che giravano in cerca di qualcuno con il quale trascorrere qualche attimo di puro piacere, la lussuria ed il desiderio di sesso era il messaggio dei loro occhi, ricordo che pensai di distrarmi con una di loro o anche con due, tre, in fondo quella che consideravo la mia ragazza mi aveva scaricato come ci si disfa di un vecchio vestito che non si usa più, mi ero lasciato trascinare in camera da due ragazze dai lunghi capelli una rossa e l'altra mora, i loro visi erano pesantemente truccati, mi facevano venire il voltastomaco, dovevano avere qualche anno più di me, meglio così non avrei dovuto fare tutto io ;ma quando la rossa cominciò a spogliarmi, accarezzandomi il petto e lasciando una scia di baci umidi, mi risvegliai di colpo , la presi malamente per le braccia e la scagliai con violenza sul letto. Mi ero rivestito correndo fuori da quella stanza e da quel locale, non potevo farlo, non dovevo umiliarmi così, avevo diritto anche io ad un po' di amore, adesso che l'avevo trovato che avevo intravisto la differenza , non volevo più accontentarmi, mentre la rossa mi stava praticamente leccando, mi era apparso il sorriso triste della mia gattina, due lacrimoni le scendevano sulle guance, la stessa espressione con cui l'avevo lasciata dopo averle gettato ai piedi il suo regalo mi era rimasta impressa a fuoco nella mente e mi appariva nei momenti più strani, quel verde smeraldo in cui ero annegato volutamente mi teneva attorcigliato a quei bellissimi ricordi.

Lo dovevo a Miriam , alla sua saggezza e alla decisa persuasione di nonna Ester se non ero caduto nella depressione più totale, insieme mi avevano preso metaforicamente per mano e mi avevano accompagnato fuori da quella palude dove il mio cervello impazzito mi stava facendo sprofondare.

Un leggero picchiettare sulla spalla mi riportò alla festa, per un attimo l'intensità di quei ricordi si erano impossessati della mia mente a tal punto da farmi dimenticare dove mi trovassi e perché.

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