CAPITOLO 91 - MICHAEL

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MICHAEL

Dire che non ci avevo capito niente era un eufemismo, In poche ore erano accadute tante di quelle cose che la mia vita precedente prima di aver conosciuto Sebastian , Allyson e Bruce, mi ricordava una strada lastricata nel deserto, monotona ed arida.

Da quasi un'ora ero seduto all'interno della mia auto in attesa di ....precisamente non sapevo cosa. Il mio passatempo era contare i fiocchi di neve che ininterrottamente cadevano sul parabrezza sfracellandosi nell'impatto e mutandosi in rivoli di goccioline ghiacciate che ricamavano il vetro con figure astratte e nello stesso tempo affascinanti.

Era la prima volta che avevo avuto il tempo di osservare attentamente la caduta di un fiocco di neve, personalmente non mi ero mai chiesto cosa accadesse ad un fiocco di neve che dopo essersi librato nel cielo e dopo aver volteggiato nella tormenta aveva toccato la prima superficie solida che aveva fermato il suo percorso. Mio Dio stavo delirando? Mi ero messo a pensare alla vita di un fiocco di neve!

Michael mi dissi, reagisci, ti sei lasciato ipnotizzare dal nulla.

Istintivamente sbloccai il finestrino dalla parte del guidatore e respirai a pieni polmoni l'aria gelida che con quel movimento avevo lasciato entrare. Avevo bisogno di liberare la mente e rinfrescare le idee, contemporaneamente azionai la manetta del tergicristallo e un attimo dopo avevo distrutto definitivamente quei disegni concentrici che avevano decorato per un breve periodo di tempo il vetro anteriore della mia automobile.

Girai la testa verso l'ingresso del centro , osservai attentamente la porta d'ingresso da cui erano usciti e poi rientrati precipitosamente Bruce e Miriam.

Le uniche parole di Bruce erano state: "Scusate ragazzi, ma non ce la faccio" .

Era tornato dentro correndo, rischiando di scivolare su quel vialetto ed era stato seguito prontamente da Miriam. Milioni di domande tempestavano il mio povero cervello, le rotelle giravano alla ricerca di qualche risposta anche sommaria per dare un senso al fatto che io, Michael Taggiani,  mi trovavo il giorno di Natale , chiuso in un'automobile parcheggiata davanti al Centro delle farfalle sotto una tormenta di neve, in attesa di due amici che apparivano e scomparivano senza lasciare traccia.

Ancora cinque minuti dissi a voce alta e poi li seguo e cerco di riavvolgere questa matassa ingarbugliata.

Mentre attendevo i famigerati cinque minuti che mi ero concesso prima di passare all'azione, con la mente andai a Miriam, che strana quella ragazza, da quando l'avevo conosciuta aveva subìto una metamorfosi profonda, anche Touch se ne era accorto alla festa della vigilia.

L'avevo conosciuta un giorno mentre stavo tornando a casa dall'Università, Era pomeriggio inoltrato, una pioggerellina sottile aveva iniziato a cospargere il manto stradale facendogli cambiare colore e rendendo lucido l'asfalto. Mentre ero fermo ad un semaforo in attesa che il verde mi permettesse di proseguire, davanti a me sulle strisce pedonali vidi una ragazza circondata da tre bambini piccoli, sprovvisti di ombrello, che stavano cercando di raggiungere la parte opposta della strada.

Quello che mi colpì furono i suoi capelli, erano corti, e formavano una specie di caschetto, niente di che, la pettinatura era uguale ad altre ragazze, non era stato quello a colpirmi, bensì il colore dei suoi capelli, Erano lilla.

Lilla come il glicine che si arrampicava sulla parte posteriore della mia cascina, era alquanto bizzarro come colore, ma lei sapeva portarlo con disinvoltura. A causa della pioggia alcune ciocche si erano attaccate al volto, coprendole parzialmente gli occhi: non potendo usare le mani che stringevano quelle dei due bambini più piccoli, lei cercava muovendo piano la testa a destra e sinistra di spostare i capelli per poter avere una visuale più nitida.

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