1||leggermente più profondo||

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L'ultimo ricordo che ho, sono io chiusa a chiave in bagno, seduta sul bordo della vasca, sto tremando, ho una lametta in mano e con essa mi faccio un taglio nel polso, aggiungendone ancora uno alla collezione che ormai mi riempie le braccia. Ormai sono così tanto abituata che non fa nemmeno più tanto male, sento solo un leggero bruciore, ma almeno esso mi permette di diminuire il dolore che sento dentro di me, che mi schiaccia il petto che mi opprime ogni secondo di ogni fottuta giornata. Le lacrime non mi bagnano più le guance da un po', eppure di lacrime da versare ne avrei davvero tante, nonostante ciò non verso una goccia di quell'acqua salata. Come se dai miei occhi azzurri, non volesse più uscire nulla, né lacrime né emozioni. Tutte le mie emozioni sembrano imprigionate dietre una spessa corazza, e forse è meglio così, le persone accanto a me non se ne accorgono, e di conseguenza non fanno domande. Se le fanno, sono comunque troppo occupate a pensare a loro stessi, per rendersi davvero conto che dietro quel 'bene' e quel sorriso che rivolgo a chiunque mi chieda 'come stai?', c'è una persona che chiede aiuto. Ma che si può fare, finché non accade anche a loro qualcosa che li fa svegliare, sottovalutano ogni cosa, senza andare a fondo, ma rimanendo sempre nella superficialità. Non chiedo tanto a volte basta solo guardare una persona negli occhi per capire come sta, è così difficile? Forse sarà che da fuori sembro una ragazza 'normale' o almeno è così che si reputano, ma in verità non è affatto così. A casa la maggior parte delle volte non vorrei nemmeno tornarci, perché tornare in un luogo in cui stai male, in cui qualunque cosa tu faccia non è mai abbastanza. Un luogo in cui ti senti sempre sbagliata. L'unico motivo per cui torno, ha un nome, Azzurra, la mia sorellina, ha solo sette anni, e ancora una vita davanti, ed è per questo che devo proteggerla e cercare di renderla anche se poco, un po' felice.
A scuola sono la ragazza infondo alla classe, posto strategico dalla quale posso vedere tutti ma nessuno può vedere me. Cerco di dare meno nell'occhio possibile, tanto in ogni caso chi vorrebbe essere amica di quella strana, di quella che ha perso la propria migliore amica in un fottuto incidente? Nessuno già, quello che pensavo anch'io. Tutti mi guardano con quello sguardo dispiaciuto, compassionevole che a me fa solo venir voglia di vomitare, ma nessuno fa nulla, mi osservano da lontano ma poi tornano ad occuparsi della propria vita. L'unico che sembra volermi stare accanto è Samuele, il mio migliore amico. Io, Samuele e Valeria eravamo inseparabili, le nostre mamme erano migliori amiche, perciò siamo cresciuti insieme. Il nostro era un legame di vita, che a volte è anche più forte di un legame di sangue. Dopo la morte di Valeria, siamo rimasti solo io e Samuele, insieme cerchiamo di darci forza l'un l'altro, ma il nostro legame non è più quello di una volta. Avrei fottutamente bisogno del mio migliore amico ora, ma ogni volta che voglio parlare con Ele, la paura di essere un peso mi blocca, e alla fine me ne sto in silenzio.
Guardo la lametta tinta da un liquido di un rosso intenso, sposto il mio sguardo sul polso che gocciola sul parquet tingendolo di macchie rosse, questa volta dal taglio esce più sangue del solito, credo che la lametta sia andata più a fondo, il taglio è leggermente più profondo. La testa comincia a girarmi e alcune macchie scure mi compaiono difronte a me annebbiandomi la vista, mi si chiudono gli occhi da soli. Devo resistere, non devo svenire, devo rimanere in vita, ce la posso fare cazzo. Ma alla fine crollo a terra il mio corpo cade sul pavimento freddo, e di colpo tutto diventa nero, da lì non ricordo più nulla.

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