15||piccole cose||

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-mi piacciono i tuoi capelli viola, sono... Originali- mi dice ad un certo punto Vanessa. Io alzo lo sguardo.
-beh...grazie- dico
-perché sei qui?... Insomma il mio problema è palese no?- dice quasi in imbarazzo, io alzo la felpa di Rocco per farle vedere i nei polsi -autolesionismo vero?- mi chiede e io annuisco leggermente, cadiamo in un silenzio imbarazzante, io mi guardo le unghie, nonché l'unica parte che lascio fuori dalle maniche delle felpe, credo sia diventata un abitudine, è come se mi facesse sentire al sicuro, nascosta dal mondo. Alzo poi lo sguardo e mi guardo intorno, ci sono tanti ragazzi della mia età o più piccoli di qualche anno o più grandi. Noto che Rocco sta parlando con un ragazzo, di cui vedo solo i capelli di un biondo scuro. Ma il mio compagno di stanza non guarda quest'ultimo ma sta guardando me, come per accertarsi che io stia bene. Quando incrociamo gli sguardi, io mi affretto a distoglierlo.
-non ti ho mai vista- spezza il silenzio Vanessa
-sono qui da due settimane ma le ho passate in coma, mi sono svegliata ieri- le spiego alzando le spalle -e di te che mi dici?- le chiedo, non mi piace parlare di me preferisco ascoltare quello che hanno da dire gli altri.
-sono qui da due mesi e mezzo più o meno, da un bel po' lo so, ma i primi giorni, o meglio le prime settimane ancora non avevo capito, come funzionava qui dentro- mi dice abbassando lo sguardo vergognata
-ehi- lei alza gli occhi e incrociamo lo sguardo -non ti dovresti vergognare- le dico alzando le spalle, ma senza sorridere, lei annuisce
-allora Donati è?- mi chiede, cambiando totalmente discorso. Avrà visto la felpa o è perché sono arrivata con lui? Mentre sono persa nei miei pensieri Vanessa mi guarda maliziosa, aspettando la risposta, sospiro e giro gli occhi
-che c'è? È il mio compagno di stanza che ci posso fare- lei sembra credermi ma non ne sono sicura, insomma tra persone come noi ci si capisce, senza nemmeno aprir bocca. Credo sia perché abbiamo vissuto più o meno la stessa cosa, abbiamo imparato a capire le persone
-tu invece con chi sei in stanza?- le chiedo
-Nicolas - dice facendo un cenno verso il ragazzo che sta parlando con Rocco -Nicolas Paganello- mi dice chiarendo il nome del ragazzo, che sentendo il suo nome si gira verso la sua compagna di stanza, ora capisco che ha gli occhi quasi neri, che in passato erano nocciola, ma la vita li ha resi più scuri. Indossa un paio di pantaloni della tuta e una felpa abbastanza larga. Ha un espressione però serena, stranamente da quelle che ho visto fin ora, nei visi del resto dei ragazzi
-che c'è Vane? Ti serve qualcosa?- gli chiede lui, guardando prima lei e poi spostando lo sguardo su di me, vedo la sua espressione diventare confusa -ehi ma tu?- mi indica
-si chiama Carlotta Bianchi- dice Rocco -è la mia compagna di stanza- incrociamo gli sguardi per un attimo, e lui fa un piccolo sorriso, io lo guardo soltanto, sorridere non fa molto per me.
Vedo Nicolas alzarsi e venire verso di me, quando è davanti a me mi porge la mano
-piacere di conoscerti io sono Nicolas- mi rivolge un sorriso cordiale, io gli stringo la mano, non ho nemmeno la forza di sorridere per cordialità. Non so perché non riesco a sorridere nemmeno fingere di sorridere. Non capisco il motivo.
Sto più male del solito.

Nella stanza entra un uomo, avrà sui 40 anni, ha i capelli un po' brizzolati e gli occhi color caramello. Sorride, è vestito normalmente, jeans e un maglione grigio. Quando entra nella stanza, essa cade in un silenzio tombale. Ci sediamo composti e Rocco prende posto vicino a me, io lo guardo e lui incrocia i miei occhi mentre sorride, e annuisce come per dirmi che in ogni caso ci sarà lui a proteggermi, e che se in caso servisse, sarebbe pronto a portarmi fuori da quella stanza. Io sospiro a fondo e torno a guardare quell'uomo che si è avvicinato e ora è seduto anche lui nel cerchio, e prende parola
-ciao ragazzi, come state oggi? Per chi non mi conoscesse sono Riccardo- dice sempre sorridendo, giuro che mi alzerei e gli tirerei un pugno a quella sua faccia da sberle, basta solo che dica altre due cazzate del tipo "non mi considerate un vostro nemico, sono qui per aiutarvi" e giuro che lo faccio. Nessuno nella stanza parla allora Riccardo prende parola -okay beh vedo che il gatto vi ha mangiato la lingua, beh allora chiariamo subito, so che mi odiate, so che stareste mille volte meglio nella vostra stanza e non qui ad ascoltare un coglione che crede di potervi risolvere i problemi. Ma questo è il mio lavoro, non vi obbligherò a parlare okay? Qui dentro potete dire tutto quello che vi passa per la testa, volete dire che il governo è un disastro che se ci foste voi lì lo cambiereste da capo a piedi, ditelo, volete parlare di astronomia, di come le stelle sembrino corpi lontani che non riusciremo mai a raggiungere, ma che sono bellissime da lontano, ragion per cui le cose a volte sono più belle da lontano che da vicino. Cazzo ditelo, tanto dobbiamo passare un ora e mezza insieme, almeno ci divertiamo un po' no?- dice studiandoci tutti con gli occhi, okay almeno sa cosa pensiamo di lui.
Il primo a prendere parola è un ragazzo sta parlando del problema sul riscaldamento globale, a preso alla lettera Riccardo a quanto pare, ha i capelli così biondi che sembrano bianchi, mi ricorda vagamente Draco Malfoy, non capisco perché sia qui, sembra un ragazzo come tutti gli altri, ma d'altronde sembriamo tutti normali, nessuno vede i demoni che ci divorano giorno dopo giorno, nessuno li vede finché non è troppo tardi, e quando è troppo tardi, beh non voglio aggiungere nient'altro
-la ragazza dai capelli viola, vuole dirci che le frulla per la testa, vedo le tue rotelle girare- Riccardo mi guarda e io mi limito a scuotere la testa
-era una cazzata- dico sollevando le spalle
-okay entreremo nella tua testa un altra volta, adoro le cazzate comunque, qualcun altro ha una cazzata da dire o da pensare- distoglie lo sguardo da me e lo punta verso tutti, Vanessa si avvicina a me e mi sussurra all'orecchio
-oh non sa quante ne sto pensando ora- io alzo gli angoli della bocca senza farmi notare troppo.
Passiamo il resto dell'ora e mezza a parlare a vanvera in verità, abbiamo avuto una mini discussione tutti insieme sulla tematica degli adolescenti artisti, che siano scrittori, pittori oppure musicisti. Eravamo schierati in due parti, chi diceva che avere artisti così giovani abbassava la qualità delle opere in generale, e chi invece dice che sono loro che porteranno avanti le cose.
Io non ho commentato ma stavo dalla parte di chi era d'accordo.
Alla fine dell'incontro e dopo aver parlato un altro po' con Vanessa, scoprendo che è nella camera numero 15 mentre io sono nella camera 27, ci siamo messe d'accordo perché lei domani venga da me, cominciamo ad uscire tutti, gli ultimi siamo noi
-Carlotta ti posso parlare un secondo?- questo è Riccardo. Rocco mi guarda come per chiedermi se mi va bene, io ci penso un attimo, e poi annuisco. Lui si abbassa alla mia altezza
-se vuoi uscire perché ti obbliga a parlare basta che mi chiami, io entro e ti porto via okay?- mi chiede, io annuisco. Lui mi da un bacio sulla testa, che mi lascia un po' sconvolta, e poi esce.
Non capirò mai quel ragazzo, ma perché cazzo deve essere così complicato?

Riccardo mi si avvicina
-che c'è?- chiedo alzando un sopracciglio
-non ti mettere sulle difensive Carlotta ti voglio solo parlare- mi dice, io non commento e lui sospira -volevo chiederti cosa ne pensi di quello che abbiamo parlato questa sera- mi chiede, io alzo gli occhi al cielo e poi torno a guardarlo
-non ho molto da dire, sto dalla parte di quelli che approvano i giovani artisti- dico io rimanendo indifferente alla cosa, lui mi guarda o meglio mi studia, quanto odio quando le persone fanno così, ehi non sono un topo da laboratorio, sono un umano vivo e vegeto, che ha dei pensieri e dei segreti, che forse non deve sapere nessuno, non voglio che le persone mi leggano dentro, devo decidere io a chi dire cosa. Non che siano loro a leggerle da sole, è una delle cose che odio di più, ed è anche uno dei motivi per cui ho imparato e tirare su un muro dove nascondere dietro le emozioni.
-sai Carlotta in te vedo un qualcosa di speciale, vedo le tue rotelle girare solo perché una persona ha detto "a" invece che "b", ti fissi sulle piccole cose e cerchi di iniziare a capire le persone da quello- mi dice Riccardo continuando a guardarmi. Io rincontro il suo sguardo, che avevo prima distolto
-e quindi?- chiedo sempre sollevando un sopracciglio
-beh è un pregio dei più grandi filosofi e poeti di tutti i tempi- mi risponde sorridendo, lasciandomi un po' senza parole e un po' con la voglia di tiragli un schiaffo in pieno viso.

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