24||si chiamava Rebecca||

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Attenzione
Consiglio ai deboli di cuore di non leggere questo capitolo. Detto questo buona lettura❤

Sono stesa sul letto, accanto a me c'è Rocco, dopo quella sera in cui ho avuto la prima crisi qui dentro, non mi lascia più vedere la TV da sola, e io non mi lamento, sono accoccolata a lui, mi sento protetta e non mi potrebbe andare meglio. Sono passati 4 giorni dal nostro litigio, da quel giorno tutto è tornato alla noiosa normalità.
Stiamo guardando un cartone animato, si avete capito bene un cartone animato. Avevamo voglia di tornare bambini per un po' e beh credo che ci siamo riusciti. Stiamo guardando Miraculous, cartone animato che quando eravamo piccoli noi ancora non esisteva, io l'ho visto qualche volta insieme ad Azzurra, non è male.
Ladybug e chat noir stanno sconfiggendo il cattivo di turno, e sembra che ci stiano riuscendo. Come sempre i buoni vincono nei cattivi, almeno nei cartoni è così, nella realtà un po' meno.
Ad un certo punto sentiamo un urlo provenire dalla camera accanto, io guardo Rocco e lui guarda me, non so se alzarmi e andare a vedere o lasciar perdere, anche noi a volte urliamo ma non ci sta succedendo nulla, stiamo solo litigando. Perciò non do molto peso alla cosa. Ma quando un altro urlo rimbomba per la camera inizio a preoccuparmi, soprattutto perché le urla sembrano terrorizzate e quasi isteriche.
La mia storia mi obbliga a non sottovalutare nulla, sottovalutare è una delle più cose sbagliate che l'uomo possa fare. E io non intendo fare errori. Mi alzo in piedi, Rocco mi guarda
-dove vai?- mi chiede
-a vedere che succede, prendilo come intuito ma ho una brutta sensazione, c'è qualcosa che non va- dico decisa prendendo le vans e avviandomi verso la porta
-allora vengo con te- dopodiché si alza e mi raggiunge. Usciamo dalla camera e bussiamo alla porta accanto, non riceviamo risposta, le urla però continuano a rimbombare tra le pareti, bussiamo di nuovo, ancora nulla. Rocco mi guarda per chiedermi conferma io annuisco, lui apre la porta di quella camera con forza. La scena che mi si presenta davanti non la dimenticherò mai, sarà sempre e per sempre impressa nella mia testa. Una ragazza e caduta in ginocchio, è lei a piangere e ad urlare, mentre stringe le gambe di una ragazza che penzola dal soffitto senza vita, una ragazza si è suicidata. Non riesco a muovermi, sono immobile paralizzata, non ci credo, sto tremando e non riesco a smettere.
Non respiro, non ci riesco, come se nonostante io introduca ossigeno, esso non arriva ai polmoni e non mi permette di sopravvivere.
Guardo solo quel corpo penzolare e quella ragazza urlare di fronte alla sua compagna di stanza.
Vorrei riuscire a fare qualcosa, ma non riesco nemmeno a muovermi come posso pensare di poter salvare quella ragazza? Voglio fare qualcosa devo fare qualcosa. Non so come ma Rocco mi stringe la mano, abbiamo lo stesso pensiero in testa che però non riusciamo a portare a termine. Cazzo dobbiamo fare qualcosa e per farlo dobbiamo trovare la forza uno sull'altra, mi giro lo guardo e incontro i suoi occhi verdi smeraldo, ci capiamo in uno sguardo.
Lui esce dalla stanza di corsa in cerca di un infermiera mentre io mi avvicino alla ragazza che urla. Avrà 1-2 anni in meno di me, è piccola. Troppo piccola per affrontare una cosa del genere. Perché la vita ti deve mettere difronte a cosa del genere così presto? La prendo per le spalle e la abbraccio forte, cercando di tranquillizzarla almeno il minimo. Trema tutta ed è scossa dai singhiozzi, non smette di urlare e di guardare la ragazza senza vita. Si aggrappa a me, con tutte le sue forze. Dio devo allontanarla da lì il più presto possibile, non so che potrebbe succedere se continuasse a vedere quella fottuta scena.
Poi tutto succede velocemente, le infermiere entrano e ci fanno uscire, ci sediamo sulle sedie fuori dalla stanza. Persone continuano ad entrare e ad uscire da quella camera. Nel mentre sono arrivati sia i genitori della ragazza che si è suicidata e anche i carabinieri, che iniziano a fare indagini su quel che è successo. La ragazza accanto a me non si è mossa di un millimetro, ha smesso anche di piangere sta solo fissando un punto fisso davanti a lei, è impassibile, paralizzata dal dolore, so che ora sta ignorando la cosa, anch'io all'inizio ignoravo totalmente che Valeria fosse morta, non ci credevo. Deve fare qualcosa qualsiasi cosa, se rimane così finirà sotto shock e non si muoverà più. Mi rendo conto che ha le cicatrici sui polsi, autolesionista, come me. Continuo a stringerla, mentre lei ha la testa appoggiata sulla mia spalla, è fredda, troppo fredda. Faccio segno a Rocco di prendere una coperta, lui si alza dalla sedia, entra in camera nostra ed esce subito dopo con una coperta in mano. La posa sulle spalle delle ragazza. Lei rimane immobile, come se non se ne rendesse nemmeno conto di essere ancora al mondo. Rocco si risiede accanto a me e mi stringe la mano. Un poliziotto si avvicina a noi
-posso fare qualche domanda a Ginevra?- chiede a noi riferendosi però alla ragazza che stringo, a quanto pare si chiama Ginevra.
-le sembra il caso? Non vede che non riesce nemmeno a parlare è sotto shock la lasci in pace, se vuole parlare con noi saremo pronti a dire quello che abbiamo visto- dice Rocco, dando voce ai miei pensieri, in modo però leggermente più educato, io l'avrei insultato in 12 lingue diverse.
-okay, quando sarete pronti vorrei rivolgervi qualche domanda- dice il poliziotto allontanandosi, io sospiro. Guardo Ginevra e mi rendo conto che forse è arrivata l'ora di farla tornare nel nostro mondo prima che esca totalmente di testa
-ehi Ginevra- le dico dolcemente, lei alza lo sguardo e solo allora mi rendo conto di quanto siano scuri i suoi occhi -ti va di venire con noi?- gli chiedo indicando me e Rocco, lei ci studia con lo sguardo, vede i miei polsi e i nostri pigiami, capisce che siamo come lei, allora annuisce. Ho capito, non si fida degli infermieri, e nemmeno di chiunque altro adulto. Sarà difficile farla parlare, io certamente non la obbligherò.
Ci alziamo in piedi, le circondo le spalle con un braccio e ci allontaniamo da quella maledetta stanza. Prendiamo l'ascensore e saliamo all'ultimo piano, quando arriviamo al piano di evasione ci sediamo in un tavolo. Lei scruta il posto, da come lo guarda capisco che non ci è mai stata, quando vede Matilde e Giovanni li guarda attentamente, poi si gira verso di noi. Prendiamo una cioccolata per tutti e tre, Ginevra non ne beve nemmeno metà. Io prendo parola
-ehi Ginevra, come si chiamava?- le chiede, sa di chi sto parlando le vedo il respiro smozzarsi, ma poi torna a respirare normalmente
-si chiama... ehm si chiamava Rebecca- mi dice e non aggiunge altro, mi basta e mia avanza, è già tanto che sia riuscita a parlare.
Quando finiamo di mangiare scendiamo al nostro piano, faccio entrare Ginevra in camera nostra e lascio che si addormenti nel mio letto. Ginevra prende sonno quasi subito, la lasciamo riposare, io chiudo la camera e rimaniamo in corridoio.
Il poliziotto di prima si avvicina
-posso farvi qualche domanda ora?- io e Rocco ci guardiamo e poi annuiamo, il poliziotto ci conduce in una stanza, dove c'è un tavolo e tre sedie, io e Rocco ci sediamo, il poliziotto si accomoda di fronte a noi, e appoggia sul tavolo un'agenda, la apre e ci guarda
-allora cos'è successo?- ci studia con lo sguardo, io lo guardo negli occhi e lascio che sia Rocco a parlare, perché in questo momento l'unica cosa che vorrei fare è tirare un pugno a quella faccia da schiaffi, lo so che fa solo il suo lavoro, e mi va più che bene, ma detesto con tutta l'anima quando gli adulti ci guardano con superiorità, chi siete Dio sceso in terra? No, e allora che cazzo mi guardi così.
-abbiamo sentito delle urla provenire dalla camera accanto alla nostra, e siamo andati a vedere che cosa stesse succedendo. Quando abbiamo aperto la porta abbiamo trovato Ginevra che piangeva in ginocchio e Rebecca che penzolava dal soffitto, senza vita- dice Rocco, mentre lo dice sento i brividi scorrermi per tutto il corpo, e noto che anche Rocco pur sembrando impassibile, in un momento gli vengono i brividi.
-la conoscevate?- chiede il poliziotto sempre neutro come se la cosa non lo toccasse per nulla. Io scuoto la testa e Rocco risponde con una "no" secco e chiaro. Il poliziotto ci fa altre domande, e noi cerchiamo di rispondere, ma dentro i limiti. Poi si alza, ci fa alzare e usciamo dalla stanza.
Incontriamo Tatiana nel corridoio, io la fermo, lei si gira e ci sorride leggermente.
-ehi ragazzi, siete stati voi a trovare Ginevra e Rebecca giusto?- ci chiede e noi annuiamo, lei sospira
-Tatiana mi puoi fare una cortesia?- le chiedo, lei mi guarda aspettando che continui -potresti mettere Ginevra in una stanza con qualcun altro, e magari sempre se puoi vicino alla nostra?- gli chiedo gentilmente
-farò il possibile, ragazzi- ci sorride e poi si allontana, io sospiro

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