36||come un fiume in piena||

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Mi fermo un attimo a guardare come il disegno sta uscendo, per ora non è poi così male. Questa sera ho deciso di disegnare il mio polso con le cicatrici, cicatrici che rimarranno per sempre. Per la prima volta ho preso il coraggio di disegnarle, non l'avevo mai fatto prima. Pensavo che disegnandole avrei dato loro più potere, ma ora mi rendo conto che in realtà non li ingrandisce, ma anzi le rende meno potenti. Mi hanno tolto le bende da diverse settimane ormai, le ferite si sono tutte rimarginate, e rimane solamente una cicatrice, che rimarrà per sempre, lo so.

È passata una settimana da quando, io e Rocco, ci siamo addormentati sul tetto, la mattina dopo quando ci siamo svegliati e ci siamo resi conto di aver preso sonno sopra il tetto, siamo corsi di nuovo in camera, ma non prima di aver visto il solo nascere attraverso mille colori, che dal tetto di un ospedale di 14 piani, è davvero da mozzare il fiato.

Senza volerlo, mentre penso a quel ricordo, un sorriso mi appare sul viso, scuoto la testa per risvegliarmi e torno alla realtà, concentrandomi sul mio disegno.

Ma vengo subito dopo interrotta da Rocco che spalanca la porta di colpo, cosa che mi fa sussultare, mi volto verso di lui e lo guardo male, mentre lui ridacchia.

Noto che in mano tiene lo scatolone di una pizza, infatti un buonissimo odore entra in camera. Io faccio un sorriso da un orecchio all'altro
-come conquistare Carlotta Bianchi? Portale la pizza- dice ridendo, gli faccio il dito medio ma nello stesso tempo sorrido perché so che ha ragione. Amo la pizza.

Mi alzo dalla scrivania e vado a sedermi sul mio letto, lui da un occhiata al mio disegno, alza lo sguardo incontrando il mio, e mi sorride
-mi piace- mi dice mostrando i suoi denti bianchissimi, io sorrido e annuisco. Lui viene a sedersi accanto a me.

Apro il cartone della pizza mentre Rocco accende la tivù. Mette su un canale a caso in cui stanno trasmettendo della inutile pubblicità, e poi si prende uno spicchio di pizza.

Mangio lentamente la pizza appoggiandomi alla tastiera del letto e incrociando la gambe, Rocco si mette comodo vicino a me. Alzo lo sguardo verso la televisione e vedo che sta per iniziare un film, mi serve poco per capire di che film si tratta "la vita è bella"...

-allora piccole mie che cosa guardiamo questa sera?- chiede Papà guardando me e Azzurra, mentre sorride. Io guardo la mia sorellina, che ha poco più di un due anni e mezzo, ci sorridiamo e rispondiamo insieme
-la vita è bella!-
-ci potevo scommettere- dice mamma stringendo la bambina che tiene in braccio, nonché Azzurra, e accarezzando una mia guancia sorridendo. Io sorrido innocente e alzo le spalle.
La vita è bella è il nostro film preferito, lo vediamo sempre tutti insieme, è un momento solo nostro, che ci unisce, che ci fa sentire una famiglia.
Mi coccolo addosso a mamma e a papà, mentre guardiamo il film...

Il mio cuore inizia a battere come non mai, tanto che per un secondo penso mi esca dal petto, e il mio fiato inizia a velocizzarsi. I ricordi mi inondano la mente, e non mi permettono di respirare. Mi sento come sott'acqua, con la superficie troppo lontana per essere raggiunta. Di colpo tutte le sere passate sul divano guardando quel film, tutti insieme come una famiglia felice, mi tornano in mente, e in poco tempo vengono sostituite dalle urla, che riempivano la casa ogni sera, ogni notte e ogni mio incubo. Tutte l'amore, tutte le coccole, tutto il calore, tutte le sera passate insieme sono state in poco tempo sostituite, dalle grida, dai litigi, e da i miei genitori che non riuscivano nemmeno a stare nella stanza sola, insieme. Una sera, me la ricordo, abbiamo provato a rivederlo, tutti insieme come una volta, ma poi hanno litigato, e tutto è andato all'aria.
Quella sera ho preso Azzurra in braccio e l'ho portata nella mia camera, dove poi ha dormito stretta al mio petto. Li ho sentiti urlarsi contro per tutta la notte, si davano colpe per cose che erano inesistenti, e di poca importanza. Ma erano arrivati a quel periodo in cui litigavano per tutto, anche solo perché la mamma lasciava un pentola fuori posto, oppure perché papà non aveva appeso il giubbotto all'attaccapanni. Ogni scusa era buona per litigare. Quei momenti sono stati i peggiori, soprattutto perché era il periodo in cui Valeria se ne era appena andata, e io non sapevo più con chi confidarmi, con chi sfogarmi o su che spalla piangere. Nessuno a scuola si è mai davvero preoccupato per me, i professori mi avevano chiesto più volte se io stessi male, e poi mi hanno consigliato uno strizza cervelli del cazzo. Mica si volevano sporcare le mani loro.
E le persone che più di tutte mi dovevano stare accanto, erano troppo impegnate a darsi colpe a vicenda per rendersi conto che la loro figlia stava morendo dentro, pezzo dopo pezzo.
Quello è il periodo in cui i miei polsi hanno iniziato a riempirsi di tagli, i cerotti di sangue, le felpe si sono fatte più lunghe, il mio sorriso è sparito, i miei occhi si sono spenti e del mio cuore erano rimasti solo piccoli pezzi che non riuscivano a stare su da soli.
I ricordi mi annebbiano la vista e mi danno la pelle d'oca e tremo. Sento lo sguardo di Rocco su di me, e poco dopo mi ritrovo tra le sue braccia
-che succede Carlotta?- mi chiede accarezzandomi la guancia lentamente
-ricordi- dico con voce assente e con uno sguardo perso, lui mi alza il volto e mi fa incontrare i suoi occhi verdi
-che tipo di ricordi Carly?- mi chiede, nella stanza cade il silenzio, lui non dice niente e io nemmeno, sta aspettando me, sta aspettando una parte del mio passato, una parte di me. Che io gli racconterò. Prima di entrare qui dentro, avevo fatto una promessa a me stessa, non avrei mai e poi mai, lasciato che qualcuno vedesse la mia parte fragile, che nessuno avrebbe più conosciuto il mio passato, che non avrei mai più raccontato la mia storia a nessuno, ma ora penso che sia arrivata l'ora di rompere questa fottuta promessa, e di raccontare una parte di me a Rocco. So che se fai vedere le ferite a le persone, metti in pericolo te stesso, e che poi potrebbero usarlo a loro piacere. Ma mi fido Rocco e spero con tutta me stessa che non userà quello che sto per confidagli, contro di me.
Prendo un respiro profondo e inizio a raccontare, le parole escono da sole, come un fiume in piena, e ora non le posso più fermare.
-Non ricordo bene quando tutto è iniziato, ma i miei genitori hanno iniziato a litigare per ogni cosa, ogni sera. Appena papà tornava a casa e si mettevano a litigare, e non la smettevano per tutta le sera, si urlavano contro per tutta la notte, io prendevo in braccio Azzurra e la portavo in camera mia nel piano superiore, ma anche lì le urla arrivavano- chiudo gli occhi, e un immagine di Azzurra che si preme le mani sulle orecchie per non sentire le urla dei nostri genitori, mi compare in mente, così li riapro e continuo
-Azzurra si copriva le orecchie per non sentire le urla che riempivano la casa, piangeva, piangeva ogni sera e ogni notte, si addormentava tardi sempre con gli occhi rossi. Ricordo una sera, ero uscita con dei miei amici, avevo lasciato Azzurra da sola a casa con i miei genitori. Quella sera quando sono tornata a casa, mamma e papà stavano litigando come sempre, e non ho visto Azzurra, così senza dire nulla sono salita in camera mia, ma non l'ho trovata nemmeno lì, mi è salito il panico, non sapevo dove fosse, mi sono spaventata da morire. Pensavo di averla persa- Sto tremando, e non riesco a respirare, ho il respiro corto. Rocco mi appoggia una mano sulla spalla, io lo ignoro e continuo -ma poi l'ho vista, era in terrazza, tutta rannicchiata su se stessa, e dormiva. L'ho presa in braccio era congelata, l'ho stretta per tutta la notte- alzo lo sguardo e incrocio gli occhi di Rocco -cazzo Rocco rischiava di finire in ipotermia, una bambina di 5 anni fuori al freddo, con i suoi genitori troppo occupati a litigare tra di loro, per pensare alla piccola sola al piano di sopra. Basta una sola ora in più e davvero poteva ammalarsi o peggio congelarsi- dico sempre tramando e abbracciandomi da sola. Rocco mi stringe forte al suo petto
-è per questo che...- mi chiede riferendosi ai miei tagli
-anche ma non solo...- dico sempre sospirando, i ricordi mi travolgono nuovamente, e un immagine di Valeria stesa in mezzo alla strada mi invade la testa, aveva un telo bianco steso sopra di lei, che si era macchiato di sangue, lo stesso che la circondava totalmente. Il mio respiro si spezza e il battito cardiaco si velocizza
-ehi ehi calma, Carly calmati, piano con calma, non importa se non riesci a raccontarmi tutto- mi dice accarezzandomi la guancia, sospiro a fondo
-ma lo voglio fare, adesso o mai più- dico con voce tremante -Valeria, era la mia migliore amica, ma ora non lo è più-
-Era un pomeriggio come gli altri, pioveva, come se il cielo avesse già iniziato a piangere, io ero andata da lei, perché non potevamo comunque uscire, avevamo passato molto tempo insieme, guardando film e mangiando schifezze varie, il solito pomeriggio tra migliori amiche. Poi avevamo deciso di raggiungere Samuele, perché iniziavamo ad annoiarci, ma a casa del nostro migliore amico non ci siamo mai arrivate. Abbiamo preso la macchina, Valeria sapeva già guidare aveva la patente.
Aveva pure smesso di piovere, la solita calma prima della tempesta. Valeria guidava tranquillamente, anzi cantavamo pure a squarciagola, felici e spensierate. Inconsapevoli che da lì a poco la vita di entrambe sarebbe cambiata per sempre.
Stavo guardando fuori dal finestrino, mentre canticchiavo una canzone dei Coldplay, la sua band preferita, ma la canzone è stata interrotta da un clacson, io mi sono girata di colpo, ma era già troppo tardi, un'altra macchina era uscita di strada e ci aveva colpite in pieno. La fiancata più colpita era quella di Valeria- le lacrime mi solcano il viso, mentre continuo a tremare, ricordare fa male molto male
-per Vale oramai non c'era più nulla da fare, quando sono arrivai i soccorsi l'ultima cosa che ho visto, prima di perdere i sensi, è stata la mia migliore amica stesa in mezzo alla strada, in una pozza di sangue, gli occhi spalancati, subito dopo coperti da un telo bianco- sento quello che rimane del mio cuore tremare, guardo un punto indefinito dalla camera
-i primi mesi senza di lei sono stati terribili, non riuscivo a smettere di piangere, piangevo sempre. Non riuscivo a trovare un motivo perché io dovessi continuare a vivere. Perché io avevo il diritto di vivere, mentre a lei la possibilità era stata tolta, perché a me? Perché non a lei? Finché poi un pomeriggio non l'ho fatto, un taglio sul mio polso, il primo di una grande lista, mi faceva sentire meglio, diminuiva il mio dolore interno, lo compensavo con il dolore esterno, ciò mi dava la possibilità di respirare, di diminuire anche di poco il peso che mi comprimeva il petto- dico con voce spezzata. Rocco mi stringe forte al suo petto, lascio che le mie lacrime escano una volta per tutte, senza freno.
-perché a lei Rocco? Perché se ne è dovuta andare, io avevo bisogno di lei, la voglio di nuovo accanto a me, voglio indietro la mia migliore amica- dico contro il suo petto, e sento che il mio compagno di stanza mi stringe più forte di come abbia mai fatto.
-non lo so Carly, non lo so- sussurra
Pian piano mi addormento tra le sue braccia, Rocco questa notte mi stringe più del solito, come se fino ad ora mi fosse stato vicino e che ora volesse starmi accanto

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