13||libro||

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Ad un certo punto Azzurra si alza e va verso la scrivania, e prende tutto quello che ci aveva messo sopra. Per un momento credo che possa cadere per il troppo peso, ma la mia sorellina ritrova l'equilibrio e viene a sedersi vicino a me. Appoggia la scatola sul letto dopodiché fa un salto e si siede sul letto, troppo alto per lei. Faccio per guardare che cosa c'è dentro la scatola, ma lei mi schiaffeggia la mano e mi fulmina con lo sguardo. Io alzo le mani in segno di resa.
-allora che cos'è?- gli chiedo curiosa
-ti ho portato in po' di cose- e inizia a frugare dentro la scatola, la prima cosa che tira fuori è un album di fotografie. Il mio album di fotografie. Azzurra me lo passa e io lo apro, dentro ci sono un sacco di fotografie che mi fanno tornare in mente milioni e milioni di ricordi.
Mi fermo a guardare una foto in cui ci siamo io e Azzurra. Io la tengo in braccio, è appena nata. È un batuffolo. Un angioletto. È bellissima. Sento che Azzurra mi sta guardando, io alzo lo sguardo e gli sorrido debolmente. Sfoglio le pagine trovo una in cui ci siamo io, Samuele e Valeria. Siamo al McDonald's mentre facciamo i cretini e gli scemi. Alla fine la foto è venuta anche bene. Tipo di quelle che vedi su Instagram, e dici "cavolo queste sì sono belle foto", è davvero bella. Rimango alcuni minuti a guardarla, mentre accarezzo la foto. Mi manca tanto. Odio il fatto che se ne sia andata troppo presto e che mi abbia lasciata sola. Ma non è colpa sua. Metto da parte l'album e guardo che cos'altro mi ha portato. Azzurra mi porge un libro, il mio libro le sorrido e lo prendo tra le mani. È il mio libro preferito, me l'aveva regalato lei al mio compleanno. Mi ricordo aveva messo da parte i soldi, perché sapeva che mamma e papà non mi avrebbero fatto nessun regalo. La mattina del mio compleanno, ho trovato questo pacchettino accanto a me. L'ho vista che mi guardava dalla porta, ho aperto le braccia e lei mi è corsa in contro abbracciandomi. È stato uno dei miei migliori compleanni.
La guardo e faccio come quella mattina. Lei si fionda tra le mie braccia.
Quando ci stacchiamo prende l'ultima cosa dentro la scatola e ne tira fuori un altro libro, lo guardo è cenerentola. Il libro che le leggevo sempre quando mamma e papà litigavano e non riusciva a dormire.
Lo prendo in mano e lo guardo. Quante volte gliel'ho letto, e quante volte lei si addormentava prima che io le finissima di leggere la storia, e io dopo tante tempo a trattenerle piangevo, piangevo mentre la guardavo, e dentro di me dicevo "lei non si merita questo" e le mie lacrime cadevano calde sulla foto di cenerentola e il suo principe azzurro. Sperando che le cose cambiassero, che le cose prima o poi sarebbero migliorate. Ma non l'hanno mai fatto. Anzi sono solo peggiorate.
Sento il mio cuore fare un'altra crepa, aggiungendosi alle tante altre. Sospiro a fondo. Caccio indietro le emozioni e faccio un sorriso falso alla mia sorellina. So che lei non merita un sorriso falso, so che merita tutto l'amore del mondo. Ma in questo momento voglio che mi veda felice, e che non si preoccupi di me, ha già abbastanza pensieri.
Arriva l'ora di salutarci. Io abbraccio stretta Azzurra, le dico di non arrendersi mai, che qualunque cosa succeda a casa, mi dica tutto, e che in caso può rimanere qui con me, la nascondo sotto le coperte non ci scopriranno, lei ride. Vederla ridere mi ha scaldato il cuore, una delle immagini più belle che io abbia mai visto. La mia sorellina è così importante per me. Portatemi via tutto ma non lei, non la mia sorellina.
Poi arriva il turno di Samuele che mi abbraccia mentre mi stampa un bacio sui capelli, gli dico di portarmi il mio Ipod, con le mie canzoni preferite, lui mi stringe il mignolino promettendo. Credo che sia da quando eravamo ancora nelle culle che facciamo questa cosa. Stringersi il mignolino è una cosa che mi fa tornare piccola, mi fa sentire piccola. Ma allo stesso tempo capisco che in verità non siamo poi così grandi, non siamo più bambini, abbiamo molta più responsabilità, e tutto il resto. Ma infondo infondo rimaniamo ancora bambini. Crediamo ancora un po' nel mondo delle favole, siamo ancora spensierati, e siamo ancora capaci di fare pazzie, nonostante ci diano dei pazzi. Siamo adolescenti. Siamo bambini e adulti insieme. Siamo un casino assurdo. Siamo la cosa più bella al mondo.
Quando è arrivato il turno di Michele nel salutarmi, mi batte prima il cinque poi il pugno, e infine mi stringe in un abbraccio un po' goffo. Quel ragazzo è strano, ma è davvero dolce, ha capito quando era ora di smettere di fare il cretino, e di aiutare il suo migliore amico. Di questi tempi pochi lo fanno, è una rarità. Come la mia sorellina e il mio migliore amico.

Ora in stanza ci siamo solo io e Rocco. Lui sta finendo la partita mentre io mi perdo tra i pensieri. So che non lo dovrei fare, so bene che finirò male, ma non riesco a farne a meno dico davvero. Prendo in mano il mio libro preferito e lo apro come segna libro c'è una foto di me Samuele e Valeria. Chiudo di scatto il libro e lo stringo. Sento un pezzo del mio cuore cadere insieme agli altri. E fa male, cazzo se fa male. Apro il libro in un altra pagina, nell'angolino in alto c'è una frase "hoana vuol dire famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato".
È troppo è veramente troppo. Inizio a sentire il solito buco nel petto, e inizia a far male. La mia famiglia non è una famiglia cazzo. Mamma mi ha abbandonato, papà mi ha abbandonato, Valeria mi ha abbandonato. Tutti mi abbandonano. O mi abbandoneranno, quando capiranno quanto sono problematica, quanto sono poco affidabile, quanti problemi, imperfezioni e cicatrici che ho. Non ce la faccio devo sfogarmi. O mi sfogo o esplodo. Devo fare qualcosa qualsiasi cosa, purché mi blocchi il dolore dentro di me.
Comincio ad agitarmi nel letto. Stringo i pugni, impiantando le unghie nei palmi. Rocco mi guarda e quando capisce fa un balzo in piedi e viene vicino di me.
-no Carly, no- stringo più forte, Rocco mi alza il mento facendomi incontrare i suoi occhi verdi, quando vede i miei di occhi mi prende il viso tra le mani. -Carlotta non ti far del male-
-tu non capisci Rocco, non capisci-
-Carlotta ti prego molla quei pugni-
-voglio farmi del male, ne ho bisogno, non riesco a respirare altrimenti-
-smettila di dire cazzate Carlotta, avanti ti prego, torna in te-
-questa sono io Rocco. Questa!-
-no questa non è la Carlotta che conosco io-
-forse perche non mi conosci!- urlo -pensate di sapere sempre tutto su di me, ma non è così, tu non mi conosci Rocco, non mi conosci- gli dico iniziando a tiragli pugni nel petto. Sempre stringendo i pugni. Lui si lascia picchiare da me -io ho bisogno di farmi del male per andare avanti, non ce la faccio ad andare avanti non ce la faccio- dico sempre tirandogli pugni. Non piango, non lascio che le lacrime cadano, non glielo permetto. Non voglio. La vecchia me piangeva questa non piange. Questa si incazza si fa del male, ma non piange.
-Carlotta- mi urla dietro facendomi smettere. Mi guarda con un sguardo che non conosco. Per un momento credo di non avere più davanti Rocco, ma di avere un altra persona.
Quando il suo sguardo cadere sul libro lasciato aperto vicino a me, legge la frase e capisce al volo
-oh cazzo Carly- mi guarda serio -quando capirai che la famiglia non è quella che ti lega attraverso il sangue, la famiglia sono persone come Samuele, Azzurra. Sono loro la tua famiglia e loro non ti abbandoneranno mai. Ti vogliono un bene dell'anima, non hai nemmeno idea di quanto bene ti vogliano. Porca puttana Carlotta, dici che non vuoi far male a nessuno, ma pensi che facendoti del male non fai male a Samuele e ad Azzurra? Cosa pensi? Che loro invece non provino dolore? Vuoi sapere cosa penso ora? Che sei una cazzo di egocentrica, ma lo so, lo so bene che questa non sei tu Carlotta- mi dice guardandomi negli occhi, e leggendomi dentro.
Non so quanto tempo passiamo, ma so solo che continuiamo a guardarci, senza dirci niente ma capendo tutto. Ad un certo punto sento che mi prende le mani e me le fa aprire piano piano. Come si fa con i bambini quando sono arrabbiati, mentre continua a guardarmi con i suoi occhi verdi. E io lo lascio fare.

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