14||Vanessa Guidolin||

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Mi guardo i palmi, hanno dei taglietti piccoli a mezza luna. Le mie unghie. Le tocco con il polpastrello, ho un sussulto dal dolore. Mi guardo le fasce che mi ricoprono i polsi e li accarezzo, mi è sempre piaciuto farlo, non ho mai capito perché, ma mi fanno sentire come dire protetta. Mi guardo allo specchio, i miei occhi sono spenti le labbra tutte morse. Mi guardo, mi guardo come nessuno può fare. Vedo le battaglie, vedo le lacrime, vedo le urla trattenute, vedo i cuscini bagnati di lacrime, vedo le crepe nel mio cuore, vedo i tagli, vedo il sangue, vedo le giornate passate sotto le coperte a fissare il vuoto, vedo le felpe tirate fino alle punte delle dita per nascondere i polsi, vedo i sorrisi falsi, i "sto bene" che nascondevano un bugia enorme, le cicatrici, i pezzi di me che se ne andavano per fare spazio ad una nuova me, totalmente diversa. Vedo tutte quelle cose tutte insieme e poi vedo me. Vedo chi sono, vedo quello che nessuno vede di me. E stranamente non mi stupisco, anzi mi guardo assente, come se io non fossi realmente qui.
Vedo Rocco entrare nel bagno dal riflesso sullo specchio, mi guarda
-come va?- mi chiede anche se sa benissimo come sto, io mi limito a guardarlo con la stessa faccia assente -okay...- sospira mentre mi porge il mio borsone che Samuele mi ha portato, con all'interno i vestiti puliti. Poi si ferma a guardami, io lo guardo dal basso. Mi sento cosi piccola e indifesa davanti a lui, ma allo stesso tempo è come se sapessi che vicino a lui nessuno può farmi del male. Non so è un mix di emozioni che mi rendono confusa. Ho una confusione in testa che mi fa quasi male.
Rocco continua a guardarmi e io non so più che fare, vorrei allontanarlo ma nello stesso tempo digli di non andarsene mai. Sono due emozioni forti in contrasto che mi mandano a puttane la testa.
Mi prende il viso tra le sue mani e mi guarda negli occhi
-perché?- una delle domande a cui non posso e non so rispondere. Perché mi taglio, perché voglio farmi del male? Ci sono cosi tanti motivi... Ho provato ad elencarli tutti ma è cosi impossibile. Mi limito a non rispondere -facciamo cosi mi prometti che un giorno me lo dirai?- mi chiede, io annuisco e lui si allontana. Mi lascia da sola in bagno a prepararmi per quello stupido incontro.

Quando ho finito lo chiamo, odio non riuscire a camminare. Non vedo l'ora che quella cazzo di caviglia guarisca, cosi che io possa tornare a camminare. Rocco arriva e mi prende in braccio, quello che è successo prima non ha scosso solo me, ma anche lui. Mi dispiace per quello che gli ho detto prima, e ora mi sento in colpa verso di lui, insomma non se lo merita. Mi dispiace che gli sia capitata in stanza una come me, se fosse capitato a me credo che l'avrei già mandata a fanculo varie volte. Eppure lui non l'ha mai fatto. Rocco mi appoggia nel mio letto, poi si sta avvia verso il bagno ma io lo richiamo, lui si volta verso di me e mi guarda
-ma perché non mi hai ancora mandato a fanculo? Non capisco- dico guardandolo confusa, lui abbassa lo sguardo sorridendo. O la smette di fare quello sguardo o io rischio di svenire, quel sorriso può far svenire tutte le ragazze, e mi chiedo se prima di finire qui Rocco ne fosse circondato, ma come biasimarle. Rocco è proprio un bel ragazzo ormai l'abbiamo capito tutti.
Lui si avvicina a me
-perche non meriti di essere mandata a fanculo Carlotta- mi sussurra facendo un piccolo sorriso e poi se ne va in bagno lasciandomi piùbonfusa di prima. In questo momento lo odio... Sarebbe stato meglio che non mi avesse risposto. Sbuffo, e poi siamo noi femmine, quelle problematiche.
Faccio peso sulle braccia per spostarmi, sento una fitta ai polsi e alle braccia. Vaffanculo ai lividi. Alzo le gambe e cerco di incrociarle ma poi cambio idea e ne piego solo una lasciando quella con la fasciatura tesa sul letto. Mi guardo in torno, dove sono finite le cose che mi ha portato Azzurra? Non le trovo eppure le avevo lasciate qui, ne sono sicura. Sospiro arrendendomi nel cercarle. Guardo la felpa che indosso, certo che Rocco ha davvero dei bei gusti. La felpa è grigia della huf, la adoro, ha il logo della marca in piccolo sul davanti e poi grande sulla schiena. Mi piace. E poi sa di Rocco, è buono il suo profumo, mi fa sentire al sicuro. Non so perché. Alzo il cappuccio e allungo le maniche fino alle punta delle dita, monotonia, mi servirebbero le mie cuffie e sarei apposto.
Noto che Rocco ha finito quando sento la sua voce
-ma che stai facendo?- ride, mi volto verso di lui
-che c'è? Ho solo alzato il cappuccio, comunque vorrai riavere indietro la felpa giusto? Ele dovrebbe avermene portata una due...- dico mentre me la tolgo e gliela porgo. Lui mi sorride e me la porge, lo guardo confusa
-tienila, e poi sta meglio a te che a me- la prendo e la rindosso -ecco vedi sta meglio a te che a me- mi dice alzandomi il cappuccio. Io accenno un sorrido mentre lui mi accarezza la guancia, sento le mie guance scaldarsi. Ma perche mi fa sempre quel effetto? Vorrei smettere di arrossire per qualunque cosa lui faccia, mi ricorda quella che ero prima, ora sono diventata più forte non voglio tornare indietro, non adesso.
Il mio compagno di stanza lancia uno sguardo veloce all'orologio e poi torna a guardarmi -andiamo?- mi chiede curvando leggermente la testa, vedo i suoi occhi illuminarsi, forse sono solo io matta. Molto probabile. Annuisco, lui mi prende in braccio e mi appoggia nella sedia a rotelle
-la odio questa cosa- dico io sbuffando -mi sento una che sta per morire, e odio sapere che potrei camminare da sola ma per colpa di una cazzo di caviglia slogata non riesco- affermo
-non so come aiutarti, lamento- mi dice Rocco che ha preso posto dietro di me e mi sta spingendo fuori dalla nostra stanza
-come mi hai chiamata?- gli chiedo alzando la testa per guardarlo, lui mi sorride e continua a spingermi.

Arriviamo in fondo al corridoio, lui apre una porta e mi spinge all'interno.
Non è male come stanza, nonostante qui facciano una delle cose più stupide al mondo. È una stanza davvero grande. Le pareti sono azzurre, ha tre finestre molto grandi da cui entra la luce arancione del tramonto, dando alla stanza un senso di segretezza e di sicurezza.
Un lato è totalmente coperto da una libreria piena di libri, a vederla mi si illuminano gli occhi, ai piedi di essa ci sono due tre divanetti e poof, non c'è nessuno lì seduto. Sull'altro lato c'è un baule abbastanza grande che attira la mia attenzione, mi piacerebbe sapere cosa contiene. Accanto ad esso c'è un televisore abbastanza grande e dei divanetti di fronte ad esso. Credo sia la zona cinema? Anche se non ha molto senso devo dire, visto che ogni stanza ha un proprio televisore.
Al centro c'è un cerchio fatto di sedie, in cui ci sono sedute varie persone, e lì che Rocco mi trasporta. Lui si siede su una sedia, mentre io rimango nella carrozzina.
Sento gli sguardi delle altre persone puntate su di me, ho lo sguardo basso ma ho imparato a sentire quando la gente mi sta guardando. Non so se mi guardano perché ho i capelli viola, per la ferita che ho in fronte, ma si chiedono cos'ho io che non va. E odio non capirlo. Mi guardo le punte delle dita, mi guardo le unghie quelle che mezz'ora fa erano impiantate nei miei palmi. Scaccio quel pensiero e alzo il volto. Noto che una ragazza dai capelli color miele totalmente ricci si è seduta accanto a me. È tremendamente magra, peserà si o no 35 chili. Anoressia. Lei alza lo sguardo e mi guarda, ha gli occhi azzurri, che una volta erano color ghiaccio brillante, mentre adesso sono quasi grigi. Siamo spaventate l'una dell'altra, il che è strano molto strano.
Prendo coraggio, da non so dove e le porgo la mano
-Carlotta Bianchi- dico, lei guarda la mia mano e la stringe
-Vanessa Guidolin- vedo che accenna un sorriso

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