52||fuori di testa||

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Sono tra le braccia di Rocco e stiamo giocando a Mario kart, è la seconda volta che mi straccia, e non lo posso accettare, Carlotta Bianchi non perde mai. Ecco perché gli ho chiesto la rivincita, e lui me l'ha acconsentita, dicendo però che mi avrebbe stracciato di nuovo. Certo certo, lasciamolo vivere ancora un po' nelle favole. Per ora sono in vantaggio, e non manca molto al traguardo. Quando arrivo prima, Peach mi sorride, mi fa l'occhiolino e si sposta i capelli.
Io guardo il mio fidanzato e gli sorrido, Rocco mi guarda male, alza gli occhi al cielo, e poi torna sui miei occhi azzurri
-okay, brava hai vinto- dice guardandomi cercando di fare il serio, cosa che ovviamente non gli riesce, io gli sorrido
-Carlotta Bianchi non perde mai- dico con un sorriso innocente da bambina, lui sorride, e mi fa il solletico, mentre io mi dimeno tutta cercando di scappare dalla sua presa, inutilmente. Io rido di cuore, e mi sento felice, dopo tanto tempo.
Quando la mia tortura finalmente finisce, Rocco si china su di me e mi bacia, gli accarezzo le guance con le mani, mentre lui mi stringe i fianchi. Il petto si scalda e mi lascia un emozione bellissima, non mi abituerò mai a questa sensazione. Mi sembra davvero di toccare il cielo con un dito. Mi sento leggera, amata e giusta, amo questa cazzo di sensazione, è meravigliosa.

A interromperci è la voce metallica di Tatiana
-Carlotta, Roberto ha chiesto di vederti nella sala degli incontri, vuole parlarti- mi stacco dal bacio di Rocco, e sbuffo, cosa vuole ora quello? Merda se vuole parlare di quello che è successo una settimana fa, se vuole parlare di quello che è successo con mio padre, io non sono pronta a parlarne, ho bisogno di tempo.
-arrivo- dico ad alta voce in risposta per Tatiana, non ho voglia di andare a parlare con Roberto, solo il pensiero mi fa venire il volta a stomaco. Guardo Rocco negli occhi
-non devi andare se non vuoi- mi sussurra accarezzandomi la guancia, io mi beo di quella carezza, chiudendo gli occhi, ma li riapro subito
-non posso di certo dire di no, quello sarebbe in grado di venirmi a prendere in stanza, preferisco entrare in quella stanza con le mie gambe- dico, lui mi bacia la fronte di nuovo e si alza per farmi passare, mi avvio verso la porta.
-bimba, non sentirti obbligata a rispondere e vattene se vuoi- mi dice con un viso quasi preoccupato, io gli sorrido, non voglio che si preoccupi per me, ho superato tanto, posso affrontare un strizza cervelli
-tranquillo ho affrontato di peggio da sola, me la posso cavare, non sarà uno strizza cervelli a farmi del male- dico facendo un mezzo sorriso, perché dentro di me so che è così, ma allo stesso tempo non mi fido per nulla di quell'uomo. Apro la porta ed esco dalla mia stanza.

Mi avvio verso la stanza degli incontri, apro la porta anti panico, ed entro la stanza è vuota, da quando sono qui dentro una cosa ho capito Roberto è sempre, e dico sempre in ritardo. Perciò sospiro a fondo. Questa stanza così silenziosa appare così strana, solitamente è sempre piena di voci. Il silenzio che ora invade la stanza fa quasi impressione. Mi chiudo la porta alle spalle, vado verso la libreria, l'unico posto della stanza che mi piace davvero, prendo un libro dalla sezione di poesie, lo apro su una pagina a caso e leggo. Beh non male, mi piacciono le poesie, sanno trasmettere tanto, quando le capisci. Mi siedo su un pouf e mi metto a leggere qualche poesia, mentre Roberto si degna di arrivare. Dopo ben, 10 minuti, il nostro caro strizza cervelli entra nella stanza, quasi di corsa, io non distolgo gli occhi dal libro.
-scusa il ritardo, Carlotta- mi dice quasi affannato, io alzo lo sguardo dal libro non spicco una parola, ma allo stesso tempo chiudo il libro e lo appoggio sulle mie gambe. Gli rivolgo il mio sguardo, in segno che lo sto ascoltando, e che ha la mia attenzione. O almeno è quello che deve sembrare. Lui appoggia la borsa per terra e si avvicina a me. Prende una sedia lì vicino la gira e ci si siede sopra così da essermi difronte. Poi mi guarda, io incontro i suoi occhi marroni, quelli che trasmettono calore e protezione, questa cosa mi fa venir voglia di vomitare, sul serio. Non apro bocca, a parlare per primo infatti è proprio lui.
-allora mi spieghi che cosa è successo l'altro giorno?- mi dice quasi dolcemente, io so che lui sta solo facendo il suo lavoro, e che non è colpa sua se gli sono capitata io da dover decifrare e aiutare, vuole capirmi, aiutarmi a eliminare i demoni dentro di me. Ma io non riesco a parlare dei miei problemi ad un adulto, non sono pronta nemmeno a raccontarlo a me stessa, ad ammettere che è davvero successo. A volte mi convinco ancora che sia stato solo un sogno, e che mio padre non può aver fatto una cosa del genere. Sospiro a fondo, e continuo a guardarlo, senza spiccare una parola. Lui sospira si passa una mano sulla faccia e torna a guardarmi.
-non sei la prima, ragazza testarda con cui ho a che fare, questo lo sai vero. Perciò ho qualche annetto di esperienza su come fare con le persone come te. Cocciute e testarde. Ti tirerò fuori la verità Carlotta, anche se fosse l'ultima cosa che faccio- mi dice guardandomi con due occhi di sfida, mio Dio ecco un motivo in più per non digli che cosa sto passando, usasse un po' la gentilezza invece che parlarmi in questo modo.
-Vedi Roberto, avresti più riscontro in futuro facendo il gentile e mettendo a tuo agio i pazienti, invece di farli sentire un come un altro. Così non concludi nulla ti fai solo odiare. Te lo dico perché so cosa si prova ad essere dall'altra parte, quando non sei tu quello a fare domande, ma sei quello che deve dare risposte. E a una persona che ti tratta di merda, non vai a raccontare quello che ti passa per la testa. Se non volevi fare questo lavoro e ti hanno obbligato, o è una brutta giornata, hai litigato con tua moglie, a noi non frega un emerito cazzo, non puoi scaricare la colpa su di noi, che di colpe ne abbiamo già tante. Perché noi non possiamo farci nulla. Perciò se vuoi continuare con il tuo stupido metodo fai pure con comodo, ma non ci mettere troppo, verso le cinque e mezza arriva la mia sorellina e il mio migliore amico, voglio passare del tempo con loro- incrocio le braccia al petto e mi appoggio definitivamente al pouf. Il suo sguardo si fa quasi stupito, scommetto che nessuno gli ha mai detto una cosa del genere, oh beh c'è sempre una prima volta. Non spicca parola per un po', dalla sua espressione capisco che sta ripensando a quello che gli ho detto, e cerca di studiarsi lui stesso e di capire se lui è davvero come l'ho appena descritto. Lui continua a guardami senza dire nulla. Dio mio staremo qui per l'eternità, se continua così. Io alzo gli occhi al cielo e torno a leggere le poesie sul libro, ignorando l'uomo accanto a me. Passano dieci minuti e lui sospira, primo segno di vita dopo un po'. Mi ero quasi convinta che fosse morto.
-allora cos'è, le ragazze che ti prendono in giro a scuola, lo specchio che ti prende in giro, oppure è mamma che non veniva a vederti danzare- mi dice, io mi giro verso di lui, non ha capito un cazzo di quello che gli ho detto, perfetto. Sospiro e non distolgo nemmeno lo sguardo dal libro. Se crede che così finirò con spiegargli tutta la mia vita, beh si sbaglia di grosso.

-vedo che non hai capito un cazzo di quello che ti ho detto- dico scuotendo la testa
-allora è Valeria il problema- dice con leggerezza, alzo la testa di colpo e incrocio il suo sguardo, lo guardo male, stringo i denti. No non deve riuscire a muovermi, non glielo permetto, non può fare affidamento sulle mie debolezze.
-non toccare Valeria, non la devi nemmeno nominare, non ne sei degno- dico cercando di sembrare calma, anche se dentro sento ribollire il sangue
-punto debole a quanto pare- dice, io alzo lo sguardo e sorrido ironica.
-ma che grandiosa scoperta, ti meriti un Guinness dei primati, per questa scoperta- dico sempre ironica. Come se non sapesse che lei è morta, come fa a non essere un mio punto debole, su andiamo.
-è morta in un incidente, e tu eri in macchina con lei, hai visto il suo corpo steso a terra- dice con voce ferma, come se non fosse dispiaciuto con me, io sento di star per vomitare, non ci credo che l'abbia detto sul serio.
-tu che dici, mister so tutto io- chiedo alzando un sopracciglio, e incrociando le braccia al petto. Lui mi guarda negli occhi
-sapevo che con te starebbe stato difficile- dice più a se stesso che a me, io lo guardo come dire "bene allora, che vuoi dalla mia vita?". -comunque c'è un altra cosa di cui volevo parlarti- dice incrociando il mio sguardo, io alzo i miei occhi azzurri al cielo, per poi tornare sui suoi, aspettando che dica qualcosa -avevo in mente un idea, ma per riuscirci ho bisogno di te e dei tuoi amici- mi dice, io lo guardo con più attenzione, non voglio mettere in mezzo i miei amici nei miei problemi, non voglio che si preoccupino di me. Non voglio dare peso a loro. I problemi sono miei non loro
-molto probabilmente avrai sentito parlare del prom, il ballo scolastico che fanno in America, giusto?- io lo guardo abbastanza confusa per un secondo, perché all'inizio non capisco cosa diavolo sta dicendo, ma poco dopo afferro i concetti e annuisco. La cosa non riguarda me, e non devo dare problemi ai miei amici, un peso che mi comprimeva si alleggerisce leggermente -avevo idea di farne uno quasi uguale, qui in ospedale- io lo guardo con un sopracciglio alzato
-perché?- gli chiedo confusa
-perché sì, Carlotta, voglio provare ad aiutare, perciò voglio fare un ballo qui in ospedale. Con i vestiti da principesse, e tutto il resto, bibite, cibo. E so che tu e i tuoi amici mi potete aiutare ad organizzare tutto- mi dice, incrociando le braccia al petto, io lo guardo valutando quella strana proposta, brutto stronzo lascia a noi tutto il lavoro sporco. Lui ci ha solo pensato, del resto dobbiamo occuparcene noi. Lo guardo male
-allora ci stai?- mi chiede, io continuo a guardarlo male, non lo so, come idea, nonostante arrivi da lui non è così pessima, solo che non vedo molto giusto il fatto che scarichi su di noi tutto il lavoro. Mi prendo il tempo per pensarci, ma alla fine annuisco, che cosa sarà mai alla fine, che a possiamo fare, e poi ci divertiremo no?
-devo parlarne con gli altri prima di darti una certezza, posso andare ora?- gli chiedo già quasi in piedi, lui fa un cenno di assenso, e io esco finalmente da quella stanza.

Ma prima di uscire mi volto verso di lui
-Roberto, pensa a quello che ti ho detto, potresti avere dei buoni riscontri dico davvero- gli dico e poi esco dalla stanza.

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