4 ||che bastardo||

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Iniziamo a giocare, la situazione inizialmente è abbastanza imbarazzante, ma pian piano le cose diventano più piacevoli, e il disagio scompare.
Lo ammetto Rocco, diversamente da come pensavo, sa come mettere una persona a suo agio, infatti comincia a fare battute, a fare il solletico a Azzurra, rendendo il tutto più leggero e divertente.
Per un momento, dimentico tutto, dimentico l'ospedale, dimentico Vale, dimentico i miei tagli, dimentico i miei problemi, dimentico il mondo. Ci siamo solo io, Azzurra e Rocco, che ci divertiamo giocando con le barbie, tornando bambini. Quando i problemi più grandi erano non voler mangiare la verdura, perché non ci piaceva.
Mi manca essere piccola.
Mi manca tanto.
Dopo un po' inizio a sentire la stanchezza, cominciano a farmi male un po' dappertutto, e la testa comincia a girare leggermente e sento il bisogno di riposare. Ma non faccio pesare la cosa, voglio passare più tempo possibile con Azzurra, se lo merita. Anche se sto male, non mi interessa, da ora in poi farò qualsiasi cosa per questa bambina. Dopo quello che ha passato per colpa mia, si merita solo il meglio.
Il mio compagno di stanza però sembra leggermi nella mente, infatti mi guarda contrariato
-non ti puoi affaticare troppo e lo sai- mi guarda con i suoi occhi verdi, comincio ad odiarlo quello sguardo, sembra che io sia fatta di cristallo e che potessi rompermi facendo anche le cose più banali. Io non sono così, ho imparato a cavarmela da sola, tirandomi su le maniche, cadendo più volte, ma cercando di rialzarmi da sola.
Rocco guarda l'ora sull'orologio attaccato al muro, la mia sorellina segue il suo sguardo. I suoi occhietti si spalancano
-sono già le 6 e mezza, devo tornare a casa, o perderò l'autobus- dice cominciando a sistemare le bambole dentro il suo zainetto. Autobus? La mia sorellina deve prendere l'autobus per venirmi a trovarmi, ma dove sono i miei genitori? Lasciano che una bambina di 7 anni vada in giro in autobus da sola? Ah sì dimenticavo! A loro non interessa niente di noi, a loro interessa solo litigare tra di loro. Se non fossi bloccata qui dentro giuro che andrei a prenderli a pugni. Quando il suo zainetto è pronto, Azzurra se lo mette in spalla e si gira verso di me
-torno domani Carly, tu non te ne andare, non di nuovo, va bene- mi dice guardandomi con i suoi occhietti azzurri, che mi ricordano tanto quelli di mamma, poi mi abbraccia forte, io sento un po' di dolore per la strinta che mi da, ma non importa, sto abbracciando la mia sorellina che pensavo non avrei più rivisto. Un po' di dolore lo posso sopportare. Quando si stacca da me, guarda Rocco, e lo abbraccia, o meglio gli stinge la vita. Lui sorride leggermente, tanto che quasi non me ne accorgo, la prende sotto le ascelle alzandola, e se la stinge al petto, Azzurra in compenso gli stinge il collo. È una delle immagini più dolci che io abbia mai visto. Sono così dolci e teneri. E non posso fare a meno di sentire il mio cuore addolcirsi un po', non me lo posso permettere, devo rimanere fredda e distaccata. Non mi devo legare a niente e a nessuno, rischio di farmi male.
Il mio compagno di stanza la rimette a terra e lei esce dalla camera, ma non prima di essersi girata e avermi salutato con la manina.

In stanza ora rimaniamo solo io e Rocco. Guardo dappertutto tranne verso di lui, scoprendo che il mio letto è quello verso la finestra, che c'è la playstation, beh ovvio nessun maschio riesce a stare più di una settimana senza una joystick e vedo anche cosa mia ha portato Azzurra in queste due settimane. Sopra la mia scrivania ci sono due disegni e una foto di noi due. Adoro la mia sorellina, nonostante tutto quello che le ho fatto, lei continua a volermi un bene da matti. Che cosa ho fatto per meritarmi una sorellina così?
-vuoi tornare a letto?- mi chiede con un sopracciglio alzato, interrompendo i miei pensieri, io scuoto la testa per tornare in me
-si, ma non posso camminare io da sola?- chiedo, non è giusto che lui mi porti sempre in braccio e poi vedo che ogni volta si affatica troppo, e poi se continua a starmi così vicino credo che andrò fuori di testa, e devo rimanere come sono ora, con mura che mi proteggono dal resto del mondo.
-tesoro dopo la pazzia che hai fatto oggi non credo che tu lo possa fare- mi dice, si avvicina a me -dunque non posso fare altro che portarti in braccio- mi dice con un sorriso da prendere a pugni, ho sempre quella voglia di tiragli due schiaffi ma mi trattengo, in compenso gli lancio un occhiata omicida, lui alza le mani in segno di resa.
Lui si avvicina a me e sta per prendermi in braccio
-ehm... Rocco dovrei andare in bagno?- dico è la verità mi scappa davvero
-beh ti porto in bagno- dice alzando le spalle come se nulla fosse, possibile che sembri così indifferente come se nulla potesse toccarlo in qualche modo?
Rocco mi fa scendere dalle sue braccia ed esce dal bagno lasciandomi la mia privacy, ma non prima di raccomandarmi di non muovermi troppo.
Faccio i miei bisogni, cerco di camminare verso il lavandino. Cosa che si presenta molto difficile, non riesco a saltellare, poggiare il piede a terra è una cosa assurda. Solo poggiare la punta del piede mi fa vedere letteralmente le stelle. Fare peso sulle braccia mi fa male. Avere il coso della flebo poi non mi aiuta per niente. Io non capisco, è da un po' che mi taglio ma tranne il bruciore, non mi faceva così male, non capisco perché ora invece non riesco nemmeno a fare peso sulle braccia. Che cosa mi hanno messo. Poi sono in coma da due settimane dovrei aver recuperato abbastanza sangue no? Da avere abbastanza forze, invece sembro una gelatina, non capisco Riesco ad arrivare al lavandino, mi guardo allo specchio, e scopro di avere un taglio, non molto profondo sulla fronte e un livido sulla guancia, e queste? Come cavolo me le sono fatte?
I miei occhi azzurri sono circondati da un colore rossastro.
Il mio sguardo scende sul petto e noto che indosso una maglia di Ele, una delle tante maglie a maniche corte, che gli ho rubato, e che uso come pigiama, i polsi e metà braccia sono ricoperte da fasciature, nella mano ho l'ago collegato alla flebo vicino a me, non vedo l'ora che me la tolgano. Alzo la maglia, che essendo di Samuele mi arriva a metà coscia, e vedo un paio di pantaloncini neri del mio pigiama, le mie gambe hanno macchie viola, e gialle.
Altri lividi, ma mi spiegate come sono caduta? Come posso avermi procurato tutti questi lividi? E una caviglia slogata per giunta? Alzo la maglia, oltre alle solite cicatrici che mi porto dietro da un po' di anni, ho anche li ho un po' di lividi, ma che cazzo? Ora capisco perché mi fa male tutto, ma non capisco come ho fatto a procurarmeli
-hai finito?- mi chiede Rocco dall'altra parte della porta, io abbasso la maglia
-si si entra pure- rispondo, vedo la testa di Rocco sbucare
-tutto bene?- mi chiede, vedendomi davanti allo specchio, penserà che io mi tagliavo per il mio aspetto fisico, cosa tipica di tutte le adolescenti che si autolesionano, o meglio stereotipo che si ha, e come tale quasi sempre sbagliato.
-sì sì tutto bene-dico guardandolo e rivolgendogli il sorriso più finto che riesco a fare , lui all'inizio sembra non crederci, ma poi si arrende e sospira. Si avvicina a me e mi prende in braccio, trasportando nel mentre anche la flebo. Usciamo dal bagno e lui mi appoggia sul letto
-tra un po' dovrebbe arrivare il cibo- mi informa andandosi a sedere nel proprio letto
-non ho fame- dico semplicemente, lui si gira e mi guarda -che c'è? non sono anoressica, se per una volta non mangio non muoio-
-devi mangiare tesoro, o non ti toglieranno mai la flebo- mi dice tornando a guardare davanti a se, odio il cibo dell'ospedale, lo odio, ma farei qualunque cosa pur di togliermi la flebo, sbuffo e vedo un piccolo sorriso compiaciuto formarsi sulle labbra del mio compagno di stanza, che bastardo!

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