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Come la carrozza si arrestò, Jungkook strinse la mascella e non si preoccupò nemmeno di spostare la tendina per accertarsi di essere appena arrivato davanti al suo palazzo, scocciato e internamente provato da ciò che la visione dello stesso gli avrebbe potuto provocare. Non era necessario farlo, comunque; ricordava con fin troppa minuzia ogni singolo anfratto che componeva la lunga e ripida scalinata d'ingresso -la stessa che aveva attraversato sua madre prima di andarsene e quella che lui aveva sceso di corsa per rincorrerla a perdifiato sperando si fermasse. 

Su quelle mura vi erano impresse così tante emozioni, ricordi e memorie che dimenticare il suo aspetto era impossibile, ma mai -mai- prima di quel momento le sue terre e la sua dimora gli erano sembrate così claustrofobiche. 

Soffocanti, in un certo senso. 

Erano spoglie, erano grigie, erano malinconiche. Poteva, un qualcosa di inanimato come un palazzo, emanare malinconia? Non ne era certo, ma non avrebbe saputo spiegare diversamente quella sensazione di opprimente angoscia che quelle mura gli gettavano addosso.

Proprio perché non conteneva nessuna delle emozioni che la vita gli aveva offerto nell'anno più strano, atipico e meraviglioso della sua vita, la voglia di scendere dalla carrozza per tornare a solcare quei pavimenti spogli e tetri non lo allettava e, anzi, aumentava il senso di repulsione per tutto quello che, almeno per una settimana, si era riuscito a lasciare alle spalle. Prima di conoscere Taehyung e di essere circondato da arte, colori e dipinti -oltre che si sorrisi, parole gentili e sguardi innamorati- non si era mai reso conto di quanto l'ambiente circostante giovasse -o gravasse- sul suo animo.

In quel frangente, quando si era ritrovato a discutere di quell'aspetto in una delle sue chiacchierate con Yoongi, questo lo aveva ascoltato in silenzio ed aveva riflettuto a lungo sulle sue considerazioni e su come fosse confuso al cambiamento della sua prospettiva. Il consigliere lo aveva lasciato parlare, mugugnando di tanto in tanto per fargli intendere di stare ascoltando e di aver compreso il punto di vista a cui Jungkook stava provando a dare voce. Aveva poi visto Yoongi assumere un'espressione comprensiva; lo aveva guardato per un lungo istante e poi aveva risolto il suo dubbio poco prima di andare via, dopo un'amichevole pacca sulla spalla.

"Se un fiore non riesce a sbocciare, ciò deve cambiare non è il fiore, ma l'ambiente in cui si sta cercando di farlo crescere."

Era stata una semplice frase, una metafora dal tono casuale ma che aveva riversato in Jungkook una consapevolezza che poche altre volte aveva sperimentato durante la sua intera esistenza. Tale sensazione era stata amplificata terribilmente vivendo immerso in turbini di colore e giornate rilassanti, e sentiva di aver finalmente compreso il motivo per cui JK amasse l'arte.

O perché amasse così tanto dipingere, perché passasse così tanto tempo ad ammirare i tramonti e le albe affacciato alla finestra della sua stanza o perché impiegasse ore del suo tempo a leggere libri illustrati. 

Per i colori. 

Quelle tinte rossastre, aranciate e dalle pallide quanto aggraziate striature color salmone, con quei tocchi dorati e brillanti sembravano promettere molta più pace e tranquillità di quei colori che, al contrario, li avevano sempre circondati. Nero antracite, grigio fumo, rosso rubino e bordeaux della tonalità più tetra trasudavano da ogni anfratto del palazzo; erano questi i colori che impregnavano gli ornamenti, le pareti e perfino gli arredamenti. 

Abbassò lo sguardo e osservò la fede al suo anulare brillare come la sua speranza di rivedere presto Taehyung; la sfiorò con l'indice senza pensarci, sentendo il cuore stringersi in una morsa sempre più stretta mentre lo sguardo si spostava automaticamente sul posto al suo fianco, solitamente occupato dall'altro e che adesso, invece, era vuoto.

Let Me Get Lost In You [TaeKook]✔︎Where stories live. Discover now