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Innegabilmente, JK nella sua vita ne aveva passate tante. 

Anzi, ne aveva passate molte più di quanto una persona media avesse fatto, di quanto avesse dovuto e di quanto fosse umanamente lecito, incassando dieci colpi alla volta con in mente un solido, grande ed unico obiettivo: resistere.

Resistere era la parola che più si era ripetuto come si era visto per la prima volta allo specchio; resistere era la parola che si ripeteva in mente mentre strizzava gli occhi aspettando che tutto finisse; resistere era quello che doveva fare se voleva vivere. 

Nell'immaginario collettivo, JK poteva essere considerato un barbaro, un burbero, un violento o anche un rozzo e bestiale individuo ma, sinceramente, di ciò che pensavano le persone attorno a lui gliene importava meno degli avanzi di cibo.

Perchè era questo quello che, ai suoi occhi, rappresentavano tutti quegli individui: avanzi. Un esubero, un qualcosa di non necessario la cui esistenza era dettata solamente dall'abbondante quanto immeritevole spazio che la terra offriva. Come i parassiti, trovavano il loro habitat ideale nelle pieghe malate della società, proliferando orgogliosamente nella loro putrida mentalità. 

Non avevano valore per lui, niente e nessuno lo aveva mai avuto, e l'unico meritevole del suo affetto più incondizionato era una persona intangibile per cui avrebbe sacrificato la sua intera esistenza -se solo non ci fossero più mostri che persone a circondarli.

Era dannatamente vero, aveva sofferto più di quanto chiunque potesse immaginare e più di quanto fosse stato in grado di gestire, eppure era ancora lì, a resistere. Si era ripreso in mano ciò che gli era rimasto per rimetterlo scompostamente insieme con la speranza di potervici riconoscere nella loro fragile figura. 

Lo aveva fatto da solo e non gli importava, perchè lo era stato sin dal principio e con il senno di poi, era stato meglio così. Le persone ferivano, tradivano, rinnegavano e calpestavano. Tutte chiuse nella loro misera autocommiserazione, vivevano nella continua contemplazione di ciò che non avevano e che desideravano, tralasciando ciò che li circondava e che possedevano -che, molto spesso, si rivelava essere più che sufficiente per trovare quella a cui aspiravano tutti.

La felicità.

Ricercavano sempre un qualcosa che li rendesse più felici, più vivi.

Tutti accumulavano desideri ed averi come se potessero vivere per sempre, come se avessero mille anni per potersi godere tutto quando in realtà non possedevano nulla. Effimero era l'aggettivo che più descriveva tutto. 

Esistenze vuote, prive di equilibri e prive di consapevolezza, per questo quando qualcuno provava a rimettere ordine, a mostrare qualcosa di diverso veniva considerato come lui.

Pazzo.

Folle. 

Squilibrato. 

Psicopatico.

E allora, tra quei sorrisi di cartone e quelle mani di polvere tese solo per fornire l'illusione di poter essere strette, lui sceglieva la solitudine. 

Se ci aveva provato? Sì, cazzo. 

Lui ci aveva provato, ci aveva provato eccome a farsi aiutare, a mostrare la sua verità, a rimuovere quei denari d'oro zecchino dagli occhi di chi gli stava vicino per mostrare cosa ci fosse dietro le patinate apparenze.

Illusioni di un bambino con una fervida immaginazione le avevano chiamate, e quindi JK aveva smesso di credere che qualcuno potesse aiutarlo o che esistesse qualcuno per lui. Nessuno si fidava di nessuno e lui stesso non lo aveva mai fatto completamente, non permettendosi falle nella sua corazza.

Let Me Get Lost In You [TaeKook]✔︎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora