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L'eco di uno schiaffo risuonò tra quelle fetide e umide pareti che, anche quella volta, li stavano accogliendo per permettergli quello scambio di opinioni libero e formale che però si era velocemente tramutato in uno scatto d'ira profonda da parte di uno dei due interlocutori. Lontani dalla corte, i suoi nobili ed eleganti passi si erano posati su quella vecchia e polverosa ghiaia ed avevano attraversato quella stanza diroccata e cadente senza nemmeno battere ciglio.

Nei tratti seri del volto smunto, un'espressione di pura rabbia e costernazione fiammeggiava e si dimenava fino ad arrivare agli occhi scuri e vispi, che scrutavano a palpebre socchiuse l'uomo davanti a sè dal volto piegato verso destra e rimasto tale ad attendere il permesso di alzare lo sguardo.

Non era stato il primo schiaffo che aveva ricevuto, ma era stato l'ultimo che lo aveva colpito. Il gusto del sangue gli invase la bocca e si annidò sulla lingua -nulla che non potesse sopportare, comunque. Aveva visto e subìto di peggio, uno schiaffo in più non avrebbe fatto di certo la differenza.

Certo era, però, che quello schiaffo aveva fatto moralmente male, più che fisicamente. 

Le guance bruciavano, vero, ma non erano niente a confronto con quanto bruciava il suo fallimento. Non era riuscito a mantenere la sua parola -ancora una volta-, non era riuscito a portare a termine il proprio incarico, non era riuscito a rendersi meritevole del titolo a cui ambiva.

«Hai fallito ancora» sibilò irato la prestante figura avvolta in un mantello scuro dagli intricati ricami argentati. Dai capelli portati all'indietro ed acconciati erano sfuggiti alcuni ciuffi argentei per la furia degli schiaffi che non aveva potuto nè voluto trattenersi dal dare a quell'inutile essere.

Si era macchiato le mani ed aveva dato l'onore ad un insulto quanto insignificante uomo di percepire le proprie regali dita sulla pelle, ma i fallimenti andavano puniti. 

Le delusioni andavano punite.

«Con te sto solo sprecando il mio tempo» continuò ancora, osservando con sdegno lo schizzo di sangue che gli aveva macchiato impercettibilmente il dorso della mano adornata da anelli dorati e dalle grandi pietre preziose. Uno di questi, evidentemente, aveva ferito quell'inutilità sul volto e non poteva importargliene meno perchè la sua vita valeva meno della suola delle sue preziose scarpe.

«Adesso dimmi com'è possibile che me lo sia ritrovato a palazzo a camminare tranquillamente nei miei corridoi a sfoggiare un titolo che non gli appartiene. Esigo una risposta» tuonò poi, infuriato. I pugni si strinsero ai lati dei suoi fianchi e l'altro alzò gli occhi verso di lui. Ingoiò il grumo di saliva e sangue che gli si era creato in bocca e soppresse un conato nel sentire quell'ammasso denso e ferruginoso scivolare lungo la gola e perdersi nell'esofago. 

Tossì comunque e abbassò gli occhi puntandoli sulle punte delle scarpe lucide della figura davanti a sè che, in piedi e con un'espressione così odiosamente irritata, gli fece scattare la voglia di prenderlo a pugni. 

«Non lo so, mi sono assicurato io stesso che non ci potesse essere scampo per lui» rispose a testa bassa e con un senso di nervosismo nel dover pronunciare quelle parole che lo divorò e gli fece avere un visibile tremito nervoso. 

I pugni tremavano alla stregua di quelli che poco prima lo avevano colpito a palmo largo, il filo conduttore comune che li legava era lo stesso, ma non si poteva dire che il motivo per cui tremavano entrambi fosse il medesimo. 

Anzi.

«E allora perchè me lo sono ritrovato nuovamente tra i piedi?» gli urlò, grave, facendolo sobbalzare per quel cambio di attitudine così poco regale. Non lo aveva mai sentito inveire in quel modo contro qualcuno, men che meno se diretto a lui, per cui ne rimase colpito ma tentò di ricomporsi prima che fosse troppo palese.

Let Me Get Lost In You [TaeKook]✔︎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora