CAPITOLO 40

4.9K 168 7
                                    

* Elsie *

L'anno nuovo è iniziato, la mia pancia è cresciuta un po' di più e, durante l'ultima visita, la ginecologa ha detto che il bambino si farà sentire da un momento all'altro.

E non vedo l'ora!

È strano, ho sentito spesso un movimento dentro di me, ma simile a quando si hanno le farfalle allo stomaco.

Presto, però, dovrebbe diventare tutto più reale.

Ma ci sono ancora dei buchi e, il più grande di tutti è Jonah. Nell'ultima settimana, abbiamo discusso praticamente ogni giorno. Si sta allontanando di nuovo e non capisco perché. Mi sembra di essere sulle montagne russe: sali e poi scendi a picco. E inizio a stancarmi di questa situazione. Vorrei che, per una volta, le cose fossero semplici. È chiedere troppo?

Evidentemente, sì.

Vago per la villa come un'anima in pena. Mi annoio e non so che fare. Ho disegnato qualche progetto che non realizzerò mai, poi ho guardato un paio di repliche di Glee mentre mangiavo popcorn caramellati. Ah! Ho anche fatto pipì ogni dieci minuti.

Mentre passo davanti la porta dell'ufficio di Jonah, lo sento parlare a voce alta. Sembra arrabbiato.

Mi guardo intorno. Non c'è anima viva.

Appoggio l'orecchio contro il vetro nero e ascolto. È troppo scuro, non vedrà neanche la mia ombra.

- Devi trovarlo! - sibila. - Non camminerà sulla stessa terra di mio figlio, né respirerà la sua stessa aria! -

Sta sicuramente parlando di Thopal.

- Non mi interessa, Mark! Dì a Lindsay di rintracciarlo con la CIA, chiamate il Presidente, il Papa, l'Onnipotente, ma trovate quel figlio di puttana! Lo voglio morto! -

Anche se le sue parole sono dure e mi spaventano, non posso fare a meno di sentire il mio cuore accelerare. Ha paura che Thopal faccia del male al bambino e a me...

La porta si apre improvvisamente e perdo l'equilibrio. Jonah mi prende appena in tempo. - Elsie, ma che... - mi guarda severamente. - Hai origliato. -

Non è una domanda, ma un'affermazione.

Abbasso la testa, come un bambino colto a rubare le caramelle. - Sì. - borbotto. - Credevo fosse successo qualcosa... -

- Beh, ora sai la verità. - si passa una mano tra i capelli. - Entra, devo mostrarti una cosa. - mi tira nell'ufficio e chiude la porta. - Siediti al mio posto. -

Lo faccio, anche se sono perplessa. È perché la sedia è più comoda, o c'è dell'altro? - C'è qualche problema? - azzardo a chiedere.

Indica lo schermo del suo computer. - Apri la cartella "T". -

Clicco con il mouse e appaiono delle foto. Senza che Jonah mi dia il permesso, le apro una per una.

Io in ospedale. Io nel parcheggio dell'ospedale. Io con Lindsay. Io con Mark. Io con Renée, in giardino. Io sul terrazzo della camera da letto.

Io, io, io. Sempre io.

- Sa che sei incinta. Ora il suo obiettivo non sei più tu, né io. -

- Il bambino. - sussurro, incredula. - Vuole uccidere il bambino. -

Apre la cassaforte e mi passa una scatolina nera. La rovescio e vengono fuori due oggetti: un proiettile con un diamante incastonato e un ciuccio.

Sopprimo a stento un grido di terrore.

Allontano di colpo la sedia dalla scrivania e vado a sbattere contro la finestra.

Prisoner ( #Wattys2022 ) Where stories live. Discover now