1.0 "Volantini"

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La verità si cela sempre dietro a qualcosa, sta a noi scoprire quel velo che la nasconde. Alcuni necessitano di quella verità, altri ne hanno paura. Non si tratta di coraggio, ma semplicemente di forza. La forza di voler andare avanti, la voglia di proseguire e di cambiare, di accettare. Di ricordarsi del passato senza viverci all'interno. Accettare ciò che è successo, comprenderlo senza dimenticarlo, trasportandolo come un bagaglio utile e non distruttivo.

Quel giorno, in molti necessitavano di risposte a domande continue ed insostenibili: Dov'era Will? Chi era quella strana ragazzina?


Un rumore lontano, poi due forti colpi alla porta ed infine una voce femminile. Con un balzo Isabel fu seduta, avvolta ancora dalle sue coperte mentre ormai la luce del sole già era alta nel cielo. Non era stanca. Sudata e affannata, respirava ad intermittenze mentre, con volto terrorizzato, guardava a destra e a sinistra in cerca di qualcosa di familiare.
Vagó ancora con lo sguardo, mentre il respiro si faceva sempre più regolare e la maschera di terrore prese a svanire gradualmente. Un altro incubo, ecco cos'era stato.

Quando fu di nuovo calma, la realtà l'abbracciò, facendole dimenticare ogni suo singolo pensiero. Aveva paura di altro adesso: era in ritardo. Tra le grida della madre dietro alla porta e la forte luce della finestra, si alzò di scatto urtando ogni singolo mobile al suo passaggio. Doveva sbrigarsi. Non sarebbe arrivata in ritardo, ne era certa.


Una luce accecante invase le sue pupille, appena mise piedi fuori dall'edificio. Ma non le importava, doveva correre, non aveva tempo per pensare ad altro. Si recò nel luogo dove la sera precedente aveva lasciato la sua bicicletta, sporca e malandata ma ancora utilizzabile. A tutta velocità scese i gradini verso il vialetto. Ma sembrava sparito, forse quello che era successo ieri era stato solo un sogno, dopotutto come aveva potuto pensare, anche solo per un secondo, che ciò che era successo fosse realmente accaduto. Steve le aveva parlato, quasi normalmente. Era assurdo.
Decise di recarsi verso la piccola baracchetta vicino alla casa, ma nulla. La sua bici sembrava stata inghiottita dall'ombra della notte precedente.

Il tempo scorreva ed Isabel vagava, frugava e scostava ogni cosa. Ma niente. Non poteva fare altro: Dustin, pareva anche lui svanito e sua madre non doveva sapere nulla di quello che era successo il giorno precedente, doveva rimanere un segreto e Jonathan, ormai sembrava essere diventato un altro ricordo del suo passato. Rimaneva solo una cosa da fare: correre.

Tra le macchine, le persone incredule ed indaffarate e il vento gelido del mattino, Isabel correva a perdifiato tra le strade di quel paesino. Non poteva rallentare, né tantomeno fermarsi. Era una sfida verso lo stesso tempo, verso sé stessa e le sue gambe poco allenate. Coi capelli spettinati, una giacca totalmente scordinata dal resto dei vestiti, la cartella semi aperta e le scarpe sporche per la sera prima; correva senza darsi sosta.
La "stramba Henderson" ora pareva proprio pazza.


La campanella non era ancora suonata e diverse decine di ragazzi sostavano ai lati del grande corridoio della scuola.
Isabel non era ancora arrivata, ma Jonathan sì. Con lentezza, aprì la porta facendosi strada in mezzo a tutti quei volti che, come richiamati da una forza, presero a puntare su di lui. Si fece piccolo, schiacciato dal peso di quegli occhi, e si recò verso la bacheca a testa bassa.

Poco lontano da lui, in mezzo a quel mare di sguardi calamitati, un gruppo abbastanza numeroso lo osservava particolarmente interessato.

"Dovremmo dirgli qualcosa?" disse leggermente la voce di Nancy Wheeler, senza distogliere gli occhi dalla scena.

"Non credo voglia parlare" rispose la voce di Carol, irritante e d arrogante.

"Ci scommetti che l'ha ucciso lui!" continuò divertito Tommy H.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora