2.4 "Ridicolo"

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Una patina leggera, più fitta in alcuni punti, velava la sua vista. Sbattè le palpebre più volte, cercando di vedere con chiarezza. Sentì il viso appiccicoso: aveva sudato parecchio. Ricordava poco o niente di quello che era successo. Ma il pensiero di quel sogno rimaneva vivido: aveva dimenticato tutto, ogni cosa. Undici, il laboratorio... tutto quello che era successo quell'anno. Non ci aveva mai riflettuto, ma aveva fatto tanta strada. Così tanta da non riconoscersi più in quella Isabel sprofondata nel buio, in quel buco in cui l'unico spiraglio di vita era a metri sopra di lei.
Per quegli attimi non pensò ad altro che questo: a come fosse cambiata, a come tutto quello che era successo le era, in un certo senso, stato utile. Ma utile per cosa? Forse per crescere, no... lei non era cresciuta. Era sempre la 'Stramba Henderson' e forse non se ne sarebbe mai liberata. Aveva provato ad accettarlo, scrivendolo su uno stupido foglio, aveva provato a dimenticarsene, eliminando tutto ciò che amava fare, aveva provato a sorridere quando alcuni lo pronunciavano e aveva provato a scherzarci su. Ma era solo un filo sottile tra odio e accettazione. Era meglio dimenticare o convivere con quello che era successo? Non lo sapeva, rimaneva ancora quella domanda, pulsante nella sua testa, quasi fino a farla esplodere. Pulsava, pulsava, pulsava, come... come la sua gamba. La sua gamba.
Con quel pensiero la realtà le piombò addosso, gli occhi si aprirono definitivamente, posando il suo sguardo su quella ferita: era stata di nuovo medicata, ma il dolore era aumentato. Si guardò intorno, cercando di capire dove si trovasse: era in una macchina, ferma. Non c'era nessuno dentro, ma delle voci provenivano dall'esterno. Annaspando tra i sedili posteriori, fece uscire il busto dalla vettura, portando poi fuori anche le gambe. Goffamente, si tirò su, poggiando le sue braccia stanche alla portiera aperta.
Come tante piccole formiche, i ragazzi le passavano vicino, dirigendosi in un qualche punto alle sue spalle.
"Che diavolo succede qui?!" esclamò, continuando a fissarli.
"Oh, ti sei svegliata finalmente... come stai?" comparve Dustin da poco dietro la macchina. Lei non ebbe il tempo di rispondere, che qualcuno prese la parola.
"Noi due dobbiamo parlare!" esclamò Steve, serio, guardandola dall'altra parte della vettura. Isabel lo osservò, sospirando involontariamente.
"Perché?!"
"Capirai... ora aiutami a far stare qui questi stronzetti!"
"Dove voglio an-"
Il bagagliaio sbattè violentemente, facendola sobbalzare. Si voltò in quella direzione, notando che Dustin li stava fissando entrambi.
"Sentite... voi due avete promesso di proteggerci, ok?!" disse Dustin, mentre stringeva nelle mani due zaini "tu a Nancy" indicò Steve e subito lo sguardo di Isabel si fiondò su di lui. Quella le era nuova. Scosse la testa, abbassandola.
"Io e te parliamo dopo..." borbottò, ma subito il fratello riprese a parlare: "E tu Isabel, beh, non so bene a chi tu abbia promesso... ma so che l'hai fatto, quindi"  allungò ad entrmbi gli zaini "proteggeteci".

* * *

Isabel sistemò gli occhiali sul suo viso: erano scomodi e soprattutto appannati. Con un sospiro stufo e stanco, li sfilò per pulire quell'alone leggero, ma subito sparirono dalla sua vista.
"Ehi!" esclamò, voltandosi "Ridammeli!"
Steve li aveva afferrati, stringendoli nel pugno della sua mano e tenendoli poco dietro di sé. Lei lo guardò, incrociando le braccia sul petto: "Cosa non capisci di 'ridammeli'?!" disse, fissando i suoi occhi nei suoi, mentre lui le lanciò uno sguardo accigliato, sorpreso forse. Ma cosa c'era di così tanto sorprendente? Lei voleva solo fare quello che avrebbe fatto anche lui: proteggere i ragazzi.
"Cosa non capisci di 'non puoi scendere là sotto'?!"
"Ancora con questa storia..." allungò la mano per afferrarli, ma gli occhiali sparirono un'altra volta dalla sua vista.
"Steve, sai vero, che non avere degli stupidi occhiali non mi impedirà di scendere là sotto!" sbottò, smettendo di inseguirli: era inutile, se lui non voleva darglieli era insensato provare a prenderglieli.
Lui abbassò la mano lentamente, guardandola dritta negli occhi. Era serio quando diceva che non poteva scendere laggiù e osservando quelle pozze blu, si sentì tornare indietro nel tempo, a un anno prima, in quel lungo corridoio. Sentì un leggero brivido, ma era solo il freddo, giusto?

"Isabel..." sussurrò, serio "non puoi scendere... non così"
"Perché? Dimmi il motivo e chiudiamola qui..."
"La tua gamba, ecco il fottuto motivo" disse lui nervosamente. Era stufo di tutta quella testardaggine, di quella continua e perenne pazzia, di quell'istinto a volersi sempre mettere in pericolo e per cosa? Per amore, per amicizia. Si, era pazzia, ma valeva la pena essere pazzi.
"Saltello benissimo" rispose lei, saltellando leggermente.
"Ci rallenteresti..."
"Ma sono anche indispensabile..."
"Cioè?!"

Il viso di Steve si fece sempre più perplesso, mentre Isabel infilò una mano nella sua tasca. Alla luce flebile dei fanali della macchina, qualcosa luccicò; un leggero brillare argenteo si nascose nel pugno della sua mano, ogni secondo sempre più immersa in quel buio sconfinato. Poi, una luce propria, una leggera fiamma penetrò quell'oscurità.

"Ecco perché..." disse lei spegnendo l'accendino e reinserendolo nella tasca.
"Dammelo" esclamò secco Steve, guardandola stufa. Non voleva che andasse giù, se c'era una persona vulnerabile lì, quella era lei. Non aveva giurato a nessuno di proteggerla, forse non ne aveva neppure bisogno, ma sentiva di doverlo fare. Forse era proprio quella pazzia a spingerlo.

"Questo resta a me" disse Isabel, stringendo con più forza l'oggetto tra le dita. Aveva paura di scendere là, paura di doverlo usare di nuovo, paura di essere solo d'intralcio, ma non poteva rimanere lì con le mani in mano. Fare qualcosa è sempre meglio di non fare niente.

"Non scenderai, Isabel... è troppo pericoloso" la riportò alla realtà, scioccando le dita davanti al suo viso, mentre tutti i ragazzi già erano pronti a scendere. Li guardavano, aspettando che prendessero una decisione.

Isabel afferrò il braccio di Steve, trascinandolo di lato, facendolo voltare.
"Io devo scendere là sotto, Steve..." sussurò velocemente.
"E non lo farai..."
"E tu si invece?! Sei assurdo, sai" disse, stringendo di più il suo braccio e guardandolo.
"No, sono l'unico stupido che ragiona qui..." disse lui, guardandola seria. Voleva fare presto, voleva che tutto ciò finisse il prima possibile.
"Ascolta come tu hai promesso a..." si fermò un secondo deglutendo "a Nancy" cercò di pronunciare velocemente "anch'io ho promesso e... e devi accettarlo, Steve. Dove andranno i ragazzi, ci sarò sempre anch'io..."

Lui sbuffò, infilando le mani nelle tasche, mentre Isabel prese a guardarlo: lui si portò nervosamente una mano tra i capelli, sospirando, lasciando che nell'aria si liberasse una piccola nuvola calda dalla sua bocca.
"A una condizione" le afferrò la mano, fermamente guardandola "se dovesse accadere, tu non cercherai di salvarmi la vita"
Lei lo guardò perplessa, davvero questa era la sua condizione?! Sapeva che probabilmente non l'avrebbe mai mantenuta, ma in quel momento annuì e l'aria intorno a loro si fece più leggera.

"Li rivuoi...?" chiese, sventolando gli occhiali davanti al suo viso.
"Oh, ma ora che ci penso non ne ho bisogno..." ridacchiò furbamente, sfilando da una spalla lo zaino "Perché ho... questi!".
Con un gesto veloce della mano, estrasse un paio di occhiali, neri.
"Ehi!" Sono miei quelli, come diavolo?!"
"Steve" gli poggiò una mano sulla spalla "prossima volta... se lasci qualcosa in giro, vedi di ricordartene" ridacchiò ancora.
"Dammeli..." disse fermo, guardandola e trattenendo un sorriso.
"Oh, no... non permetterò un'altra volta che questi cosi si posino sulla tua faccia..."
"E perché, sentiamo?" chiese lui, avvicinandosi a lei.
"Sono ridicoli!" li rigirò tra le mani, evitando il suo sguardo, sempre più vicino.
"E perché li metti allora?" sussurrò.
Non ci aveva pensato. Certo, per scendere là sotto, erano un po' come il suo biglietto da visita. Ma più pensava, più capiva che a lei non avrebbe dato fastidio portarli nemmeno fuori da lì, pur sapendo come sarebbe risultata agli occhi della gente. Non era coraggio, accettazione, menefreghismo o disinteresse. Era altro. Lei era ridicola, si sentiva sempre così e cosa avrebbero mai fatto degli occhiali di quel genere su di lei. Ridicolo più ridicolo, uguale ridicolo. Nessuna differenza.

"Ancora un minuto di più e giuro che scendiamo senza di voi!" disse Dustin, facendoli voltare entrambi.
Steve e Isabel non si guardarono più, se non di sfuggita. C'era ancora molto da dire, da chiarire e da fare; ma per adesso bastava quella piccola discussione.
"Siamo tutti pazzi" fu l'ultimo pensiero di Steve, prima di avvicinarsi agli altri: "Vado prima io, stronzetti" disse, scocciato "Isabel, infondo" esclamò, afferrando la corda tra le mani. E sparì in quella fossa.

·˚· ꒰➳ ciao a tutti. Come state? Scusate se sono riuscita a pubblicare solo adesso questo capitolo, ma con la ripresa della scuola ho avuto poco tempo. Spero vi sia piaciuto, un bacio

MaryInes_

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora