1.1 "Acqua e ricordi"

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L'acqua spariva, risucchiata in un vortice di neri capelli e lucenti bolle. Goccia dopo goccia, il flusso precipitava verso lo scivoloso pavimento, in uno scorrere lento e tetro. Non c'era luce nel bagno, solo quella dell'oscurata finestra. Non c'era luce sul corpo di Isabel che, nuda, affondava il viso sotto una coperta d'acqua.

Ormai era tempo che Isabel era lì, tanto che le sue labbra si erano fatte di un leggero lilla e i polpastrelli delle sue dita iniziavano a mostrare piccoli solchi. Era tempo che non faceva che sospirare e passarsi le mani tra i capelli, lasciando che quelle gocce ricadessero sul suo viso.
Dicono che l'acqua purifica, cancella ogni peccato, mette da parte il male; ma Isabel non si sentiva al sicuro.
Un deserto di brividi costernava la sua pelle, perché aveva paura. Paura del futuro, del passato e del presente. Perché sapeva di essere impotente e, se anche avesse avuto qualche potere tra le mani, era certa di non riuscire a gestirlo.

Aveva fatto un altro passo sbagliato: parlare con Jake era stato un boomerang; non si era tolta un problema, aveva solo aggiunto una preoccupazione in più alla lista. E che bello! Ancora una volta si sentiva uno schifo, provava ribrezzo di ogni cosa di sé. Si era fiondata sotto la doccia anche per questo: cercare di far sparire quel catrame che si sentiva addosso.

Pensava, si bagnava, sospirava e crollava.

"Promesso" riecheggiò nelle sue orecchie.

"Promesso, un corno" sussurrò tra le labbra logore. In quell'istante, anche altre gocce iniziarono a cadere sul suolo bagnato: erano le sue lacrime, quelle che spesso versava.

Aveva passato tutto il pomeriggio a leggere le pagine fin ora scritte in cerca di un vecchio ricordo felice. Un ricordo che potesse metter fine a quella ferita che bruciava dentro di sé. Sentiva il suo orgoglio distrutto, perché Steve aveva sempre avuto ragione; se solo gli avesse dato ascolto...

Ma no! Jake l'aveva ammaliata e usata. Si era sentita diversa, come se lei, l'eterna stramba, potesse vivere come una ragazza popolare, con un ragazzo forte e anche un po' stronzo. Una bambina che ora sentiva crollare il mondo che si era creata.

Tra quelle tante pagine, una ne aveva afferrata, una sera fin troppo lontana nella sua mente.

In quel momento, sotto quel getto tiepido, ricordava le pagine che aveva scritto su quel giorno. Erano calde alla lettura, come un rifugio sicuro in cui andare; ma, poi, un sapore amaro invadeva la sua bocca, una sensazione malinconica a divorarla.

"Steve..." sospirò con quella nostalgia tra le labbra. Era un desiderio, un rimpianto, quel nome era tante cose e aveva su di lei molteplici effetti. Il primo fu il sentire vicina la voce del ragazzo, le parole, le risate, il suo sorriso, le sue lacrime, così rare. Tutto di lui per lei sapeva di casa.

"Stramba, stramba, ah, sei sempre così stramba"
"Steve, prometteresti una cosa per me...?"
"Cosa?"
"Di parlarmi sempre così, di dire quel nome sempre così. Perché sei l'unico che lo dice senza cattiveria e mi fa stare bene, anche se è un soprannome cattivo. E' come se, se lo avessi accettato; sembra stupido, ma detto così, mi piace. Detto da te, mi piace"
"Non è stupido e... io te lo prometto, Isabel"

"Stupida" poggiò la fronte bagnata sulla parete fredda della doccia, "stupida, stupida, stupida" la sbatté più volte contro la quella superficie, mentre altre lacrime le cadevano sulle guance.
Come aveva potuto dirgli quelle cose? Perché si era fidata tanto di un testone impulsivo come Steve? Un testone impulsivo, sorrise a quelle due paroline, come se rivolte ad un piccolo bambino da accudire.

La verità era un'altra; quella sera lontana, Steve le aveva promesso una cosa, che solo pochi mesi dopo era riuscito ad infrangere. Così, c'era stato il crack definitivo in quella loro particolare relazione. Isabel si era allontanata per quello, Steve per altro. Eppure il sorriso che aveva la ragazza ora sulle labbra, non pareva essere cattivo; era rimasta delusa da lui e lui da lei, ma quelle labbra dicevano più di quello che cercava di far trasparire. Steve le mancava.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonМесто, где живут истории. Откройте их для себя