2.8 Epilogo: "Normale, come prima"

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Cosa c'era da guardare fuori dalla finestra, se non il buio? Allora, perché Isabel continuava a guardare lì? Cosa vedeva, che gli altri non potevano vedere?

Casa Wheeler quella sera pareva particolarmente trafficata: era la Vigilia di Natale. Lucas, Dustin, Mike e Will giocavano D&D, poco lontani dal divano su cui era seduta Isabel. La signora Wheeler si trovava in cucina, intenta a preparare un dolce. Nancy in camera sua e suo padre seduto su una delle poltrone del salotto. Tutto pareva tornato alla normalità, ma Isabel era diversa.

La ragazza smise di guardare fuori ed iniziò ad osservare i ragazzi. Era passato solo un mese, dall'ultima volta che li aveva visti così; dalla volta in cui era scesa da quelle scale, annoiata e scocciata. Ora, non sarebbe mai più stata così, sarebbe stata sempre al loro fianco. Aveva promesso.

Forse, se fosse stato davvero tutto come prima, si sarebbe messa a giocare con loro. Ma quella sera, non era dell'umore giusto; non era dell'umore giusto da un mese.

Guardò, ancora, nel nero della finestra; ma non era il buio a catturarla, solo il suo riflesso. Il naso era finalmente tornato come prima, il suo viso era il solito. Ma un velo di tristezza lo copriva; il senso di colpa si era da tempo impossessato di lei. Magari quella sera, tra tutti quei volti sorridenti ci sarebbe stata anche Undici; lì a imparare le prime regole di D&D, lì a parlare con lei, indossando magari un vestito tutto suo. Ma non c'era e per colpa sua.

La porta scricchiolò e Jonathan comparve alla fine delle scale: era felice, come è giusto che sia la Vigilia di Natale. Isabel si alzò: "Ecco il Mind Flayer!" esclamò, stiracchiandosi.
"Ah! Ci sei anche tu"  la guardò Jonathan, sorridendo.
La ragazza afferrò lo zaino ai suoi piedi e raccolse la sua e la giacca di Dustin. Ma alzando lo sguardo annoiato, non poté fare a meno di seguire il volto di Mike: guardava in basso, non poco lontano da lei; guardava quella piccola casetta di lenzuola, che non aveva voluto distruggere. Pensava ad Undici e così seguì anche i suoi pensieri. Dopo un mese, si era accorta che Mike era come lei, sprofondava in un buco senza fondo: lui per la mancanza, lei per il senso di colpa.
Poi, un tonfo la fece voltare.
"Ahia, mi hai fatto male! Ora ti faccio vedere io!"
"Provaci solo, scoreggione"
Lucas e Dustin stavano litigando, anche la notte della Vigilia. Isabel sospirò, poi, avanzò verso i due. Velocemente, posò le mani sulle teste di entrambi, bloccandoli.
"Isabel, lascia che sia io a finirlo!" esclamò Lucas tendendo le mani verso l'altro.
"Qui nessuno finisce nessuno, chiaro?" esclamò, seria.
Due grugniti fuoriuscirono dalla bocca di entrambi, poi la ragazza mollò la presa.
"Dustin vestiti, andiamo" esclamò, lanciando il cappotto al fratello. Il ragazzo lo indossò, sbuffando sempre di più.
"Che bel cappottino, Dustinuccio" commentò Lucas.
"Oh, falla finita. Non è colpa mia, se Isabel è femmina e devo mettere i suoi vestiti!"
"Guarda che quello era il mio preferito" rispose la ragazza, sorridendo, ormai in cima alla rampa.
"Fottiti"
"Cosa, scusa? Smettila di dire queste parole, chiaro"
"Tu smettila di fare la mamma"
"Allora lo dirò a lei"
"Stronza"
"Glielo dirò due volte" disse voltandosi, uscendo dalla stanza con fare divertito. Sembrava essersi ripresa, ma era solo questione di tempo, prima di sprofondare in un altro eccesso di tristezza.

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Salirono le scale, discutendo. Isabel cercava di ignorarlo, ma era più forte di lei: doveva rispondere.
"Dov'è andato Jonathan?" chiese, quasi a sé stessa.
"A casa no? E con la macchina" rispose Dustin, sistemandosi lo stretto cappotto.
"Cosa vuoi insinuare?"
"Niente... ma forse che lui ha una macchina e che noi dobbiamo sempre pedalare da un posto all'altro"
Si guardarono, pronti a continuare la loro litigata; non lavrebbe passata liscia.

"Buon Natale ragazzi!" disse una voce alle loro spalle, smisero di guardarsi. Era la signora Wheeler, ancora intenta a cucinare.
"Buon Natale anche a lei!" rispose Isabel, sorridendo forzatamente.
"Salutatemi la mamma, anzi portatele questo" disse, porgendo un vassoio coperto dalla carta stagnola.
"Cosa sono?" chiese Dustin, cercando di sbirciare.
"Waffle o meglio Eggo"
La faccia di Dustin si illuminò, ma subito quella di sua sorella la spense, una macchia di tristezza si era dipinta sul suo volto. Si ricordò della prima volta che aveva incontrato Undici: aveva portato un vassoio di Eggo anche lei.
Dustin, afferrandolo, iniziò a dirigersi verso la porta; la litigata non gli interessava più, a quanto pare.
Isabel lo seguì; non c'erano tracce di altre persone, solo un grande silenzio. Sembrava davvero natale, lì a casa Wheeler: tutto era decorato nei minimi dettagli. Isabel non poté fare a meno di fermarsi, di fronte alla vista dell'illuminato salotto: era pieno di addobbi, di luci, luci natalizie. Chiuse gli occhi, scacciando il ricordo che stava per emergere. Niente sarebbe tornato più normale. La paura che quelle piccole lucine prendessero a lampeggiare improvvisamente si impossessò di lei. Allungò la mano nella tasca della giacca, era ancora lì: il suo accendino.
"Fantasia" disse, cercando di rassicurarsi.

Distolse lo sguardo da tutti quei colori e la sua attenzione di ricadde su qualcuno questa volta: Steve Harrington, seduto sul divano. Era calmo, solo e felice; mentre si guardava intorno, anche lui meravigliato.
Isabel prese ad osservarlo, pareva così a suo agio in quella casa, sembra parte di quella famiglia e forse un giorno lo sarebbe stato.
Poi qualcosa di scintillante incontro il suo sguardo. Gli occhi di Steve piccoli e color nocciola si incatenarono ai suoi. Non dissero nulla, né un ciao né un buon natale. Lui sorrise, lei fece lo stesso. Avrebbero potuto fare mille domande, sull'uno e sull'altro, ma sorrisero e basta.
Ad un tratto, uno strattone fece uscire di scena Isabel, era Dustin.

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Il freddo pungente quella mattina non lavrebbe toccata. Isabel correva in sella alla sua bici, avvolta da ogni sorta di indumento: maglioni, sciarpe, calzini, guanti; ogni cosa. Era il giorno di Natale e Hawkins risplendeva di bianco. Il ghiaccio gelava le strade, mentre ai loro lati la neve avvolgeva i tronchi degli alberi.
Isabel si dirigeva verso casa Byers, aveva un consegna speciale da fare. Il giorno precedente aveva dimenticato di dare il suo regalo a Jonathan e ora, come una sorta di Babbo Natale, glielavrebbe consegnato.
Continuò a pedalare, staccando una mano dal manubrio, per sistemarsi la sciarpa ancora più su. Il freddo le pungeva le pupille, lunica parte del corpo ancora scoperta.
Abbassò un po la testa, ma subito fu costretta a rialzarla: una lastra di ghiaccio passò sotto le ruote e per poco non fu a terra.
Si guardò intorno: la strada era tranquilla. Fissò il bosco: vedeva solo bianco, alberi e una figura, piccola e lontana, comparve da dietro un tronco. Era come lunico tassello fuori posto di un mosaico, perciò laveva notata. Cercò di frenare, ma la bici non voleva saperne. Tento ancora, ma era inutile. Poi unaltra lastra le passò sotto ai piedi, era troppo tardi. La bici volò in aria e lei cadde a terra. Prese a rotolare, giù dal ciglio della strada. La neve le entrò sotto tutti i vestiti, nella bocca, sulla faccia e negli occhi; mentre cercava un modo per arrestarsi. Ma continuava a rotolare.
Ad un tratto, incontrò  il tronco di un albero e con un tonfo sordo fu ferma. Le aveva colpito lo stomaco, così per pochi secondi, rimase terra coprendosi la pancia.
Poi, si ricordò di quello che aveva visto e alzò il busto. Ma non cera più nulla, solo neve e alberi. Appoggiò una mano a terra per rialzarsi. Sotto la superficie del guanto, comparve qualcosa, diverso dalla neve. Qualcosa di più duro; abbassò lo sguardo, cera qualcosa. Scostò velocemente il piccolo strato bianco che la copriva: era una scatola, poco grande e in legno. Senza esitare laprì e vide quello che mai si sarebbe aspettata di vedere: un pacchetto di Eggo, avvolto in un piccolo fazzoletto.
Si guardò di nuovo intorno, non era possibile. Chiuse la scatola e rimase ad osservare il silenzio.

Una lacrima le scese giù dalla guancia, fino a toccare il suolo. Un sorriso nuovo le si stampò sul viso, cera ancora speranza. Forse, Undici era ancora lì, sulla terra, da qualche parte. Forse ora la stava osservando. Forse quella figura che aveva visto era proprio lei.
Undici doveva essere ancora viva, doveva esserlo.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora