0.7 "Io, te e Jake"

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Quella giornata, come molte altre, era volta al termine: ormai più nessuno restava all'interno del centro commerciale, illuminato dalla miriade di insegne colorate. Lo stridore di alcune serrande riempiva di tanto in tanto le viuzze di quel mondo nascosto; e i negozianti, a cui era toccato l'ultimo turno di lavoro, erano pronti a tornare nelle loro case. A riposarsi, a chiudere gli occhi su un caldo cuscino, a sorridere con la propria famiglia; tutti non vedevano l'ora.

Ma Isabel no, non faceva altro che sentire su di sé una grande pesantezza o meglio la consapevolezza di aver sprecato un altro giorno della sua vita. Per quanto sarebbe andata avanti quella storia? Per quanto avrebbe atteso di vederlo per caso? E se il Caso non le avesse mai concesso una possibilità, cosa avrebbe fatto?

Con un gesto brusco, tirò giù la serranda e la chiuse con un lucchetto. Si sentiva così pensante per tutti quei pensieri, ma anche per una strana sensazione.

Si alzò lentamente, come se sentisse dietro di sé una presenza. E così, come per scovare qualcuno e coglierlo di sorpresa, si voltò, ma non vide altro che la solita quiete. Percepiva occhi puntati su di lei, che perforavano la sua pelle, osservandone ogni linea e movimento. Era un pomeriggio intero che si sentiva osservata. Ma ora più che mai, sola, aveva anche paura.

Guardò l'orologio del centro commerciale e capì di essere in ritardo: doveva prendere Dustin e la sua occasione stava per arrivare e lei non era pronta, ma non si sarebbe tirata indietro.

Zoppiccando più che mai, iniziò ad avviarsi fuori dall'edificio, dove i due si erano dati appuntamento. E quando arrivò lì, capì che tutte quelle sue impressioni erano fondate. Steve era lì; Steve, dopo un mese, era riapparso davanti ai suoi occhi. Non era cambiato, se non per l'uniforme che indossava. Le sfuggì una lieve risata, ma nessuno la vide. Una felicità che non sentiva da tempo le inondò le membra, ma il difficile doveva ancora venire. Sarebbe stato facile dimenticare tutto e ripartire, ma quella notte, quella notte di un mese prima, Isabel si era promessa di non perdonarlo facilmente. Era stata ferita, lui era stato ferito.

Dustin la notò e, dimenticandosi del rapporto che i due avevano in quei mesi, non potè fare a meno di tirare una gomitata all'amico.

"Che c'é?!" disse lui, ma appena seguì lo sguardo del ragazzo, i suoi occhi si sgranarono e la sua postura si fece più dritta, rilassata. Isabel era lì, non nella sua fantasia, non in quei vecchi ricordi, era reale a pochi passi da lui. La sua bocca si aprì e per quegli attimi non petè far a meno di continuare a sciogliersi mentre la osservava. Sarebbe stato bello poter correre verso di lei, abbracciarla, stringerla sè e annusare il suo profumo. Quello strano odore di casa, che non avrebbe mai scordato. Lo sentì riempirgli le narici mentre la guardava. Isabel era diventata casa per lui, ma ora sembrava così lontana. Non a pochi passi, ma a miglia e miglia di distanza.

La ragazza fece un passo e poi subito un altro, lenti e barcollanti, come se avesse paura di raggiungerlo, di poterlo sentire ancora così vicino a sè, di riuscire ancora a perdersi nei suoi occhi profondi.

Nessuno osò proferire parola, fino a quando non furono a un metro di distanza, a un metro l'uno dalle braccia dell'altra. I loro sguardi si intrecciarono, mischiando quel marrone intenso a quell'azzurro vivido, come già avevano fatto tante volte.

"Ehi" fu tutto quello che Isabel riuscí a dire, sentendo la gola secca e un desiderio irrefrenabile di cancellare ogni cosa.

"Ehi" rispose lui con un sussurro quasi impercettibile, mentre continuava a fissare quell'oceano.
Poi crollò tutto.

"Dobbiamo parlare" esclamò lei.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonWhere stories live. Discover now