1.4 "Spoglia"

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Voci animate non facevano altro che inondare quel luogo; erano una bufera e nulla e nessuno sarebbe riuscito a placarle, proprio per questo. Volavano parole a destra e a manca, senza logica, diverse e leggere. Ognuna pareva sintonizzata sulle propria frequenza: tutti sulla stessa terra, tutti in un mondo diverso. Eppure Isabel sapeva che a breve quella melodia, così confusa e slegata, si sarebbe unita, contro di lei. Ne era certa.

Fuori dal quel grande edificio era rimasta paralizzata; osservava la sua immagine riflessa nel piccolo vetro della porta a pochi passi da lei. Era impresentabile anche con quella sciarpa, sarebbe sembrata davvero stramba. Aveva paura, era terrorizzata e come se non bastasse questi sentimenti non facevano che aumentare, minuto dopo minuto. Un peso, soffocante, prese a schiacciarle il petto, sempre più giù, sempre più in basso verso un fondo inesistente. Premeva e scavava senza sosta. Chiuse gli occhi. "Presto sarà tutto finito" ripeté col pensiero, con ancora quel briciolo di coraggio rimasto. Appoggiò la mano sulla gelida maniglia, spinse.

Il vociferare sparì, non appena fu entrata; la bufera pareva essersi placata, ma era solo una quiete apparente e momentanea prima del grande uragano.

Avanzò. La pressione sul petto ora penetrava a fondo, senza arrestarsi. La fece piegare, la fece chinare, la fece nascondere dietro piccoli centimetri di lana. "Presto sarà tutto finito" ripeté ancora, ma non bastava. Si sentiva piccola, impotente in quel silenzioso mare di sguardi.

Accelerò il passo, chinandosi ancora un poco, voleva sparire e questa volta per sempre. Svoltò a destra, la strada da percorrere si faceva sempre più breve, forse sarebbe davvero tutto finito. Sarebbe scomparsa in quel suo solito bagno, a piangere, a guardarsi disprezzandosi, per poi asciugare e nascondere tutto, sperando di dimenticare ogni cosa, ancora una volta.

Ma gli sguardi, le risate, le occhiate, le voci, gli sghignazzi non facevano altro che aumentare. Goccia dopo goccia cadevano su di lei, fino a far traboccare anche il più grande dei vasi.

Ora correva, senza rendersene conto. Doveva farla finita, stava soffocando.

"Ehi" disse una voce lontana "Ehi, stramba Henderson, hai sbagliato stagione, lo sai" disse ancora; poi una risate, tante risate, ma Isabel non sentiva e non voleva ascoltare. Aumentò il passo, era quei arrivata. Poi si fermò, fu fermata. Qualcuno l'aveva bloccata proprio al centro di quella soffocante galleria di persone.

Improvvisamente, le risate aumentarono, poi, si sentì nuda, spoglia. Non aveva più la sciarpa. Percepiva la sua impotenza, la sua debolezza, si sentiva umiliata, piccola e schiacciata. Guardò a terra, in segno di resa. Aveva fallito, ancora una volta.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonWhere stories live. Discover now