0.6 "Incontri"

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"Benvenuti, cosa volete ordinare?"
"Salve, qual è il vostro ordine?"
"Ecco a voi il vostro ordine, vi auguro una felice giornata!"
"Salve"
"Arrivederci"

Quel lavoro era forse il più monotono che avesse mai provato.
Persone su persone non facevano altro che presentarsi una dietro l'altra, con le loro cotonate acconciature e tutti quei colori sgargianti addosso. Lei, ritta dietro a quel bancone, continuava a ripetere quelle battute da copione. Una monotonia assurda a cui solo i pensieri erano in grado di porre un rimedio.
Quanto avrebbe voluto vederlo tra quelle persone, ma cosa avrebbe fatto se fosse passato?
Di certo non poteva corrergli incontro, non poteva fissarlo troppo, non poteva far trapelare il fatto che gli mancasse da morire.
Sì, perché la verità, seppur strana e banale, era che a Isabel Steve mancava, giorno dopo giorno.

"Ecco a te..." pronunciò un'altra volta, dando lo scontrino ad un'altra di quelle persone.
Dopo quello che era successo nel corridoio, aveva iniziato a sentirsi strana, come osservata. In un battibaleno, la notizia di quello che aveva fatto era giunta a chi gestiva quel servizio e aveva finito il suo lavoro da addetta alle consegne. Così, per buona parte della mattinata si era data da fare per trovare un lavoretto più tranquillo. Il meglio che era riuscita a trovare davvero sembrava essere quella occupazione da commessa del Burger King.

Due ragazze si presentarono sorridenti davanti al suo bancone, sbuffando Isabel nemmeno alzò lo sguardo.
"Cosa volete ordinare?" domandò con monotonia, vagando con gli occhi bassi.
"Ciao Isabel" disse una vocina, che conosceva bene.
"Ciao" seguì un'altra, anch'essa molto familiare.
Alzò subito il viso e i suoi occhi blu incontrarono quelli azzurri e marroni di due ragazze, due amiche.
"Max... Undi... che, che ci fate qui?" chiese ad entrambe, sorpresa e anche felice di poter avere un cambio di tonalità a quella grigia giornata.
"Momenti solo ragazze... e tu cosa ci fai qui, non lavoravi...?"

"Licenziata... in quel passaggio là, quello dietro a Gap, ho aperto il pacco di una consegna e puff... ciao, ciao, caro lavoro... ma, una domanda: Hopper lo sa che siete qui?" domandò, osservando i loro visi, che stranamente scoppiarono a ridere a quella domanda.

"È solo ragazze... quindi, no, non lo sa" rispose Max e fu subito fulminata da uno sguardo di Isabel. In quei mesi si erano viste tutte e tre più spesso, lei e Max non avevano più quelle vecchie tensioni. Isabel stava iniziando ad accettarla come parte del gruppo e Max nel profondo aveva cominciato a nutrire una particolare ammirazione per quella ragazza che ora aveva davanti.

Lo sguardo di Isabel si posò poi su quello di Undici: la vedeva diversa, forse più libera e leggera. Di certo, quello che stava facendo era tutto ciò che le "ragazze normali" facevano sempre: girare con le amiche, dedicare tempo a sé stesse e divertirsi in posti come lo Starcourt. Ma Isabel capiva Undici proprio perché entrambe non erano "ragazze normali" per motivi diversi.
In quel momento i suoi occhi incontrarono con quelli di Undici e capì che c'era altro. Dietro alla leggerezza, dietro a troppi sorrisi e accondiscendenze c'è sempre qualcosa che non va. L'uomo non è portato per la felicità, l'uomo è portato per un alternarsi di emozioni contrastanti. Troppa felicità vuol dire male.

Così, guardando in quegli occhi marroni comprese che qualcosa nella vita di Undici aveva preso la piega sbagliata, proprio come da anni accadeva nella sua.

"Tutto bene...?" non poté fare a meno di chiederle, mentre anche Max tacque per quegli istanti. Undici abbassò il viso e in un attimo quell'aura di superficiale felicità svanì. Quella volta Isabel aveva visto bene, qualcosa non andava.

"Vieni... vieni stasera" borbottò guardando le sue mani e rigirandosele nervosamente una con l'altra "a casa mia, c'è anche Max... solo ragazze"

"Sì, non è una cattiva idea, vieni anche tu Isabel, questa sera alle nove" la sostenne Max, spostando il suo sguardo sulla ragazza dietro al bancone, con un tono abbastanza indifferente, che camuffava in realtà una felicità nuova.

"Tu, voi... mi state invitando... mi state invitando a un..." sentì quelle due stupide parole bloccarsi nella sua gola, era tempo che non le pronunciava, "pigiama-party?"

"Già... stiamo invitando Isabel Henderson a passare una serata solo ragazze" continuò Max, questa volta con un leggero sorriso sulle labbra.

Isabel non sapeva cosa dire, non riusciva a trovare le parole. Poteva sembrare stupido a molti quella sua reazione così sorpresa, così profonda e per cosa? Un invito ad una semplicissima serata?

Eppure, in quegli attimi, le sembrò di tuffarsi involontariamente di nuovo nel mare dei suoi ricordi. La voce di Max, si mischiò a quella di una piccola e ingenua Nancy. La ricordava a scuola, tra quegli sgargianti corridoi, mentre si guardavano con grandi sorrisi. La gente passava vicino ad entrambe, ma in quel momento era tutto concentrato sulla pianificazione della "loro serata". Si ricordava bene quei momenti, che periodicamente si ripetevano, mese dopo mese. Poi, una mattina era tutto finito. Per anni aveva smesso di sentir parlare di feste tra amiche, serate solo ragazze, pigiama-party. Non esisteva più nulla di tutto ciò per lei, era come chiuso dentro a un polveroso scatolone di cartone, gettato tra un milione di altri "stupidi" ricordi. Odiava Nancy e forse quella l'unica certezza che aveva nella sua vita. Sentiva qualsiasi emozione negativa rivoltata contro di lei: era tutta colpa sua. E poi, in quei mesi, aveva come sentito quell'odio aumentare, elevarsi ad una potenza infinitesimale. Sapeva anche il motivo di questo la risposta era solo che nel passato.

Ma le mancava, le mancava l'amicizia, non con Nancy, ma solo quel sentimento. Era un'estate che ne sentiva di nuovo un bisogno morboso, dopo quello che era successo con Steve. In quel momento, sentì che forse non tutto era perduta, non tutto era ritornato come in passato, chiuso in quella buca nera e profonda, distrutta dal suo buco nero.

"Sì, ci sarò"

***

"Ehi, ma Hopper lo sa?"

Questa domanda riecheggiò nel trambusto che vorticava all'interno dello Scoops Ahoy e fuori da quella piccola gelateria. Già una volta era stata pronunciata a soli pochi metri di distanza, eppure sembrava la preoccupazione più grande sia di Steve, sia di Isabel. Dopotutto certe cose non cambiano mai, come il loro forte istinto di protezione, le promesse silenziose che facevano continuamente. Forse, potevano entrambi sembrare invadenti, ma questo era solo un loro modo di preoccuparsi degli altri, un istinto a cui non si sarebbero sottratti nemmeno con la forza. Quella "pazzia d'amore" che mette prima l'altro rispetto che a sé stessi.

"Siete proprio identici" ridacchiò Max, prendendo il suo gelato dalle mani del ragazzo, mentre Undici fece lo stesso.

Steve corrugò la fronte, non riuscendo a capire o forse troppo stanco e svogliato per poterci anche solo provare: "Io e chi altro...?"

"E dai..." disse ancora più gongolante la ragazza, emettendo una risatina "tu e Isabel... ci avete fatto la stessa identica domanda senza nemmeno saperlo. Telepatia? Mhm..." arricciò leggermente il naso "penso sia altro"

Ma le orecchie di Steve avevano bloccato qualsiasi altro suono al sentir riecheggiare quel nome: Isabel. Aveva cercato di evitare quell'argomento, di evitare di pensarla, Robin gli aveva detto di far così. Ma anche quando tentava, sentiva sempre il suo nome balenare fuori all'improvviso. Ogni volta che lo sentiva, qualsiasi cosa intorno a lui si fermava, come in un assurdo film. Gli era già tutto capitato, con Nancy, ma era riuscito ad andare avanti e solo grazie a lei, grazie ad Isabel. In quei mesi erano successe tante cose, tante assurdità. Si era legato ad un'altra persona, che era uscita poco dopo dalla sua vita.

Il suo sguardo si abbassò ed emise un sospiro in mezzo a quel mare di ricordi. Non la vedeva da troppo tempo, ma aveva la sensazione che presto avrebbe incontrato di nuovo quegli occhi blu magnetici.

·˚ ༘₊· ͟͟͞͞꒰➳ Salve a tutti,
Buon Natale, cosa avete ricevuto?
Spero possa piacervi questo nuovo capitolo, fatemi sapere

MaryInes _

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonМесто, где живут истории. Откройте их для себя