1.3 "Walkie-talkie"

3.3K 166 1
                                    

Il freddo le si era piantato nelle ossa da diverse ore.
Il sole lentamente risvegliava ogni cosa, tentando, come ogni giorno, di scacciare le preoccupazioni della notte. Ma, queste continuano a persistere, con il buio e con la luce, senza mai abbandonarci. Così, Isabel, seduta sul freddo pavimento della cantina, si era ritrovata a dover fare i conti con le sue. Guardava dritto fuori dalla finestra: lì, la tena mal posizionata permetteva di guardare ancora all'esterno, dove la vita lentamente iniziava a svegliarsi.
La stanza era silenziosa e la casa altrettanto. Ma , come all'esterno, era solo questione di tempo prima che tutto riprendesse il suo solito corso. Nonostante tutti quei cambiamenti, infatti, la vita avrebbe continuato ad andare avanti, senza arrestarsi.
Ma, Isabel non pensava a ciò che sarebbe stato, pensava solo al passato: non era riuscita a dormire, non solo perché si trovava sul pavimento, ma anche per un pensiero continuo, inarrestabile. Forse quella piccola ragazzina, Undici, sapeva dove si trovava Will; ieri sera o aveva dimostrato. Presto sarebbe ritornato tutto normale. Forse.
Guardò ancora fuori vetro, divenuto appannato: nulla le sembrava più reale. I ragazzi le avevano spiegato tutto, ogni cosa accaduta fino a quel momento: per Isabel era comprensibile, ma non pensava che ciò potesse realizzarsi nella vita di tutti giorni, credeva di essere in un sogno, un incubo.
Ma quello non era l'unico pensiero che attanagliava la sua mente: doveva dire tutto a Jonathan, doveva dargli una speranza, anche solo un briciolo; ma non poteva andare a scuola in quelle condizioni. Con il naso in quello stato, andare a scuola equivaleva a diventare un mirino su cui sparare i propri colpi, sperando di aver centrato il bersaglio, sperando di distruggerla.
Smise di guardare fuori e prese a fissare la sua immagine, riflessa sul vetro, offuscata e lontana: come si era ridotta?

A scuola non avrebbe resistito, lo sapeva fin troppo bene, ma doveva provarci; in gioco c'erano più di semplici e crudeli parole, c'era la speranza di un fratello, di una madre e la sua stessa amicizia. Sarebbe andata, ora doveva solo inventarsi qualcosa.

"Ferma! Ferma! Che stai facendo!"
Isabel non sentiva, doveva solo sbrigarsi.
"Perché, perché ho una sorella così, dannazione. Qualcuno la fermi!"
Isabel non sentì nemmeno quello e, con un balzo, prese a svuotare un altro cassetto. Erano ormai passati parecchi minuti da quando le era balenata in mente quell'idea; ma ancora non riusciva a trovare quello che cercava: una sciarpa. Una semplicissima sciarpa per coprire quel quadro di sangue sul suo viso; eppure, in quella cantina, le sciarpe parevano inesistenti.
"Isabel" disse Lucas in modo calmo, afferrandole il braccio "Lo so che sono il tuo preferito, quindi ascoltami e fermati" continuò tentando di persuadere la ragazza; ma questa, velocemente, si liberò dalla sua debole presa. Aveva bisogno di quell'oggetto.
"Vi do il permesso di legarla" disse Dustin.
"Dustin sarà pure tua sorella, ma è anche la mia futura ragazza, quindi io do il permes..."
"No, no, no e ancora no! Lei non sarà mai la tua ragazza, chiaro!" strillò il fratello.
"E chi te lo dice" rispose l'altro, alzando la voce.
"Ragazzi, basta!" urlò ancora più forte Mike, attirando l'attenzione su di sé "Così non funziona, volete capirlo!"
"Ragazzi si va a scuola" disse una voce dall'alto delle scale, sovrastando tutte le altre.

Isabel, però, non sentì nulla: doveva trovare una dannatissima sciarpa, nulla di più. Iniziò a rivoltare ogni cosa al suo passaggio; aprendo, svuotando, ribaltando ogni singolo oggetto.
I ragazzi, nel frattempo, si affrettarono a prepararsi e, in breve, la stanza si fece più silenziosa, quasi vuota. Solo Mike e Undici erano rimasti seduti, uno di fronte all'altro, parlando. Nonostante ciò, fracasso prodotto da Isabel non sembrava aver intenzione di cessare e si fece sempre più rumoroso, insopportabile.
Come un piccola cavalletta, la ragazza balzava a destra e a sinistra in cerca di quello che voleva, non avrebbe mollato.

Poi si fermò ed un bagliore nuovo illuminò i suoi occhi azzurri.

"Isabel, tutto ok?" disse una voce lontana. La ragazza non rispose e prese ad avanzare verso un angolo della sala; il sorriso si fece largo sulle sue labbra, mentre con impazienza agguantò il tanto desiderato oggetto: una pesante sciarpa di lana di ogni colore possibile ed inimmaginabile; era orripilante, ma almeno sarebbe stata utile.

Un tocco leggero sulla spalla la risvegliò dal suo stato di contemplazione.
"Isabel, devo andare... non penserai di mettertela?" chiese Mike, notando la presenza della sciarpa. La ragazza la indossò, sotto lo sguardo perplesso dell'altro; sapeva che sarebbe stata al centro dell'attenzione, ma non sarebbe stato nulla in confronto a quello che, sarebbe successo alla vista del suo naso.
"Comunque... lì, sul tavolo, c'è un walkie-talkie, usalo. Ci vediamo alle 15.15, dai pali della luce" Isabel annuì e il silenzio si fece sentire nella stanza, mentre l'esile figura di Mike risalì velocemente le scale.

Ora poteva rilassarsi. Così, con un tonfo pesante, si sedette sul divano, proprio vicino all'altra ragazza. Prese ad osservarla, da cima a fondo, con un leggero sorriso sulle labbra, non poteva credere di aver trovato una persona così speciale, magica.
Poi si pietrificò: guardava verso il basso, senza muovere lo sguardo e con un crescente terrore negli occhi. Stava fissando l'orologio, aveva visto l'ora, era in ritardo, come non mai.
Un balzo e fu in piedi, afferrò la sua borsa vuota e prese a dirigersi verso la porta.
"Ciao," disse rivolgendosi a Undici ed uscendo in fretta e furia. Una brezza gelida e pungente inondò la metà del viso ancora libera dalla pesante sciarpa. Vide la sua bici, era ancora lì, finalmente era di nuovo a sua disposizione. Correndo, salì sulla sella ed infilò un piede in uno dei pedali.
Una nuova sensazione la pervase: non era paura e nemmeno piacere, qualcosa di nuovo. Un senso di dimenticanza, di qualcuno o di qualcosa, forse.
Pensò, velocemente, a quello che era successo la mattina: si era svegliata, si erano svegliati gli altri, la sua idea, la ricerca della sciarpa e poi Mike. Cosa le aveva detto Mike? Non l'aveva ascoltato, aveva solo annuito. Si ricordò di una semplice parole e così placò le sue domande: walkie-talkie.
Senza pensarci due volte, gettò a terra la bicicletta e, in fretta e furia, entrò nuovamente nell'edificio, sbattè la incoscientemente porta e prese a vagare con sguardo. Poi vide ciò che cercava: un piccolo scatolotto nero, ai piedi del divano. Lo afferrò ed uscì, senza salutare.
Ora poteva partire.

Undici, spaventata e con una nuova curiosità, osservava la stanza: era vuota, era rimasta sola, ancora una volta.
Prese a vagare, ogni cosa era in disordine: scatole rovesciate, vestiti sparsi, il tavolo ricolmo di cianfrusaglie, tra cui una scatoletta nera. L'afferrò,non ne aveva mai vista così: aveva un'antenna, chiusa, e dei pulsanti; forse era una radio, proprio come quella che ancora le era rimasta. Tiro su l'antenna e tentò di girare i pulsanti, in cerca del gracchiare continuo tipico di quegli oggetti, ma nulla sembrava arrivare alle sue orecchie.

Non era una radio, era chiaro; era un walkie-talkie, quello di Isabel.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonWhere stories live. Discover now