1.2 "Compagne, amiche"

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Il naso, il suo dannatissimo naso non smetteva di farle male.
Seduta su quel divanetto, con Lucas vicino, non sentiva altro che un dolore continuo. Tentò di allungare le mani, ma non le diedero ascolto, rimasero immobili. Una nuova fitta la colpì ed una smorfia indecifrabile si dipinse sul suo volto.
Non si ricordava più nulla.

"Mike, Mike, Mike presto, qui serve del ghiaccio e subito!" urlò Lucas voltandosi.
"Cazzo, cazzo perché Isabel, perché?" ripeteva Dustin, girovagando per la stanza.
Ma la ragazza non vedeva nulla di tutto ciò, poteva solo sentire.
Un'altra fitta, un'altra smorfia ancora più prolungata.
"Lucas, sta peggio" disse subito Dustin.
"Pensi che non lo sappia! Dannazione, Mike!" urlò ancora più forte il ragazzo, mentre l'altro prese a camminare più velocemente.
Ad un tratto, un rumore di passi giunse nella sala, poi la voce di Mike si fece chiara: "Eccomi, eccomi, c'era mia madre e..."
"Dammi, santo cielo" disse Lucas strappandogli l'oggetto dalla mano e riponendolo delicatamente sul naso di Isabel.
Un dolore ancora più forte la percorse, poi prese ad attenuarsi, fino quasi a scomparire.
Aprì gli occhi e la sua mente prese a ricordare.
Tre, anzi quattro, volti le stavano di fronte: uno in più, una ragazza.
Si ricordò, ogni cosa.

La vista era offuscata, poi divenne chiara, perfetta. Nulla più si poteva nascondere ai suoi occhi. Il dolore pareva svanito, con una sola busta di ghiaccio, anzi piselli surgelati.
Si alzò e prese ad osservare quella ragazza, incessantemente. Pensava e ripensava, ma solo la fantasia dava delle risposte alle sue domande.
Decise di arrendersi, si calmò, si agitò. Stava  pensando, ma questa volta ai suoi waffle. Si alzò ed uscì fuori dalla porta della stanza, sotto la notte scura e penetrante. Raccolse il freddo pacchetto da terra, ma subito lo lasciò cadere. Pensava ad altro, ancora; pensava a sua madre. Scostando le tre piccole figure sul ciglio della porta, entrò nuovamente nella cantina, agguantò il telefono e prese a digitare con insistenza su pulsanti.
Tre squilli, uno dopo l'altro.
"Ciao tesoro, come va? Sono piaciuti i waffle a Nanc... ehm... sono piaciuti?" rispose una voce femminile dall'altra parte della cornetta.
"Ehm, sí sono piaciuti, a tutti. Sto per tornare a casa" disse velocemente, senza nemmeno riflettere. Voleva chiudere quella chiamata, odiava le domande, odiava le risposte.
"Ah, va bene, quindi... come sta Nancy?" azzardò la madre.
Isabel non si arrabbiò, non riattaccò, non aveva sentito, era distratta. Una goccia di sangue le era caduta sul suolo e, istintivamente, aveva appoggiato la manica della sua fredda giacca sul suo naso. Era rossa, rosso sangue.
Senza nemmeno guardarsi allo specchio, immaginò il suo viso: non poteva tornare a casa, non in quello stato; eppure lo aveva appena preannunciato a sua madre.
Fece la cosa più semplice e stupida, che le venne in mente: mentire.
"Nancy, Nancy sta bene. Sai, forse, potrei restare qui a dormire, mi aveva invitata. Sì, penso che farò proprio come Dustin, per te va bene?"
Il silenzio calò nella stanza, improvvisamente. Nessuno, né dietro la cornetta né dietro di lei, aveva qualcosa da dire, forse erano tutti increduli, proprio come Isabel.
"Oh, cosa-cosa sta succedendo?" Chiese la madre, quasi a sé stessa. La ragazza non lo sapeva, non rispose.
"Non ci posso credere!" urlò la donna "Certo! Perfetto, mi va benissimo tesoro! Allora a domani, chiamami uscita da scuola, ok?"
"Sì, a domani" disse secca Isabel, riattaccando il telefono alla parete.

Cosa aveva appena fatto? E perché, per cosa? Beh, per il suo viso, era ovvio; ma anche per qualcos'altro che in quel momento ancora non riusciva a vedere. Un segreto, non suo; qualcosa di talmente grande da essere difficile da immaginare, quasi impossibile se non lo si vede con i propri occhi. Ma lei lo aveva già visto, proprio quella sera.
Una menzogna, quanto avrebbe resistito?
Poco, ne era certa. Non sapeva nemmeno dove potesse trovarsi Nancy; una chiacchierata con la signora Wheeler e sua madre avrebbe saputo la verità.
Una menzogna passeggera per evitare domande, ma anche per salvare una vita.
Si voltò, vide ed incrociò gli occhi dell'altra ragazzina.
Le stava salvando la vita, inconsciamente.

Ma poi si accorse, inevitabilmente, della realtà: altri tre piccoli volti, la stavano osservando; sembrava tutto già visto. Li guardò, uno ad uno. C'era Dustin, sorprese e forse sollevato; Mike, quasi totalmente impazzito; Lucas sbalordito e quella ragazzina, impassibile.

Non sapeva cosa dire, non sapeva più cosa pensare. Sembrava tutto così assurdo: Will, Jonathan, Steve ed ora quella ragazza.
Con un veloce gesto della testa, fece per dimenticare e crollò, sfinita, sul divano.
"Deve entrare nel gruppo" esclamò qualcuno.
"No!" Rispose una voce prontamente.
"È inevitabile, Dustin" disse, ancora, la voce iniziale.
Poi qualcuno, prese la parola: la sua voce era ferma e calma, tanto che sovrastò quella degli altri, era Mike.
"Ha ragione Lucas. Lei sa, non possiamo mentirle. Se mentissimo questo si ritorcerà contro di noi, contro di lei. Ragazzi, sta a voi accettalo; ma Isabel è ufficialmente parte di questo gruppo, che lo vogliate o no".
"Isabel l'Elfo" disse Lucas, ridendo.
"Oh ma smettila!" sbraitò Dustin ed il caos si diffuse nella stanza.

Isabel sentì, capì e poi la sua mente si spense, nonostante le forti voci.
Si sentiva estranea a quel baccano, vedeva tutto dall'esterno, con un occhio freddo e distante. Si sentiva sconvolta e sola, persa in un bicchier d'acqua, in una vita, nella sua vita.
Ma guardandosi intorno, si accorse di non essere sola, di non essere l'unica smarrita quella notte.
Quella ragazzina minuta, strana e anormale; osservava anche lei la realtà in modo distaccato. Aveva già incrociato il suo sguardo e si era rotta il naso, le aveva rotto il naso.
Ma non ebbe paura di scrutarla, da cima a fondo.
Poi, in quel caos, i loro sguardi si incrociarono. Non dissero nulla, ma mille parole volarono dai loro occhi.
Isabel sorrise, la ragazzina sorrise.
La più grande si avvicinò e l'altra non scappò. Dopo, tutto si interruppe: Isabel si era alzata, era uscita, era rientrata e si era seduta.

Il vociferare pareva solo un lontano ricordo, svanito tra quei gesti semplici e importanti.
Poi, illuminato dalla flebile luce della lampadina appesa al soffitto, qualcosa prese a brillare: un semplice pacco argentato, un banale dolce, dei waffle.
Isabel ne afferrò uno, lo spezzò e lo offrí alla ragazza. Mangiarono, insieme, guardandosi e ridendo.
Nessuna conosceva il nome dell'altra, ma cosa importava. Avevano trovato qualcuno nel caos delle loro vite, nella loro stessa condizione. Poi, con un semplice gesto avevano condiviso un pezzo morbido di cibo: erano diventate compagne, amiche.
Nessuno parlava, tutti guardavano.
Ma ogni cosa volge sempre al termine,  così quella piccola ragazzina puntò il suo sguardo, sul tavolo, sulla tavola da gioco di D&D.
Era seria, troppo.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonWhere stories live. Discover now