0.4 "La macchina blu"

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"Dai su sbrigatevi!"
"Come mai tanta fretta?"
"Devo... come mai tante domande?!"
"E' la prima, per la precisione" disse Dustin, avvicinandosi un po' alla sorella, in cima alla fila di biciclette.
"Seconda, se conti quella di Isabel" ribatté Lucas prontamente.
"Oh, finiscila!"
"Smettila tu!"
"Smettetela entrambi!" esclamò Isabel, chinandosi per prendere velocità.

Anche quel giorno, li stava "scortando" da scuola fino a casa, ormai era diventata la normalità. Ma era di fretta: era il giorno della ricerca di Undici e presto il sole sarebbe calato, presto sarebbe stata notte e lei aveva paura. Paura di stare sola, al buio e nel bosco; paura di spaventosi ricordi e di quelli che si sarebbero potuti creare. Un brivido la percorse, poi qualcosa catturò la sua attenzione. Il silenzio li avvolgeva, ma nelle sue orecchie un suono martellante prendeva a diffondersi.

"Lo sentite anche voi?"
"Cosa?! Che c'é adesso?" chiese Dustin, sbuffando.
Isabel si voltò, sentiva il suo corpo calamitarsi verso qualcosa alle sue spalle: non i ragazzi, il pericolo. Un fruscio avvolse l'aria e il continuo rullare di un motore avanzò, questa volta nelle orecchie di tutti. Era forte, veloce e soprattutto vicino.
Come il sole all'orizzonte, una lunga striscia blu comparve da dietro una piccola duna; era una macchina e veniva verso di loro.

"Di lato!" riuscì a gridare Isabel, prima di gettarsi sul ciglio della strada, portando con sé Lucas e la sua bici. Come una frusta il vento le colpì il viso, ma subito si rialzò, posizionandosi al centro della via, incredula. Osservava quel puntino nero sparire all'orizzonte: cos'era appena successo? Era incredibile come in pochi secondi la sua vita avrebbe potuto spezzarsi, oppure quella dei ragazzi. Si voltò verso di loro: stavano tutti beni. Si rasserenò e riprese a guardare la strada, ormai deserta.
Un bagliore le illuminò gli occhi: era un'idea. Sapeva di chi era quella macchina: della ragazza dai capelli rossi e una cosa era certa: chiunque fosse stato con lei, a guidare quella macchina, l'avrebbe pagata cara, presto. Un ghigno le incurvò le labbra e gli occhi.

"Cosa c'é?" chiese Mike, guardando nella sua stessa direzione.
"Solo un'idea" rispose, ritornando normale e raccogliendo la sua bici.
Vendetta.

"Dustin ci sei?" urlò Isabel, poco fuori dalla porta.
"Sì, sì eccomi!"esclamò il fratello uscendo dall'edificio, sistemandosi alla rinfusa il costume.
"Gli altri ci stanno aspettando"
"Sono già lì?!"
"Muoviti!"
Entrambi salirono sulla sella delle loro bici, lasciandosi alle spalle la figura della madre, uscita per salutarli un'ultima volta. Era la sera di Halloween e, come ogni anno, avrebbero fatto insieme dolcetto o scherzetto. Era una tradizione, ma qualcosa era fuoriposto.
"Dov'è il tuo costume?!"esclamò Dustin sorpreso, osservando la sorella.
"In casa, nell'armadio, per la precisione. Dove vuoi che sia, Dustin!" rispose Isabel, pedalando un po' più veloce. Si vergognava, ma così aveva deciso. Stava crescendo, forse un po' in ritardo, e crescere significava rinuncia, almeno così pensava. Rinunciare ai costumi, a divertirsi con dolcetto o scherzetto, ai giochi, al sorriso. Gli altri facevano così, abbandonavano la gioia e il divertimento per... per cosa? Per essere chiamati e considerati adulti, maturi. Lo avrebbe fatto anche lei, ma ne valeva davvero la pena?
"Perché? A te piace travestirti!" chiese il fratello, affiancandola.
"Piaceva... vorresti dire?!"
"Non capisco...?!"
"Capirai"
"Ma tu lo adoravi..."
"Basta, ok?! Non mi piace più, fine della storia!" rispose secca, nascondendosi tra i vari ciuffi di capelli, uno più sfuggente dell'altro. Tutte quelle domande la facevano pentire, la facevano riflettere. Ma aveva deciso: sarebbe diventata come gli altri; si sarebbe mimetizzata nella massa come un camaleonte, sperando di essere considerata o ignorata del tutto. Addio "Stramba Henderson".

"Mi fanno male i piedi, possiamo andare!"
"Come mai rompi così tanto Isabel, si può sapere!?" chiese Dustin, infilnado un'occhiata nel suo sacchetto, colmo di caramelle.
"Perché avete abbastanza caramelle, no...!"
"Beh, nel mio ce ne stanno ancora!" esclamò la ragazza dai capelli rossi, rivolgendosi a Isabel per la prima volta. Max; era così che si chiamava, ma per lei non aveva alcun significato. Alle sue spalle, le fece un apernacchia, sperando di non essere notata, mentre pensava in silnezio: "Guarda questa, ti faccio vedere io quante caramelle ci stanno ancora in quel sacchetto. E poi chi l'ha invitata, nessuno! Assurdo! Avrebbe bisogno anche lei di una bella lezioncina...!"
Un ghigno inaspettato le dipinse le labbra.
"Chi ti ha portata qui?" chiese alla ragazza.
"Perché?!" chiesero tutti in coro.
"Curiosità..."
"Mio fratello, entusiasmate, vero?!" disse, ridendole in faccia.
"E' sua la macchina nera?"
"Come... tu mi hai spiata"
"Si chiama osservazione..."
"Sì, è sua, altro?"
"Solo... perché non è qui con te?"
Improvvisamente, le guance della ragazza si fecero rosse, quasi si vergognasse della risposta.
"Beh, ehm, ecco... è a una festa, coi suoi amici della scuola; o-ora de-devo scappare" disse sparendo tra la folla, ammassata al centro della strada.
"Bene, ora sarai contata, Isabel?!" esclamò Dustin.
"Oh... certo che sì!" disse continuando a sorridere. Non pensava sarebbe stato così semplice ottenere così tante informazioni. Che ragazzina stupida, se solo avesse saputo cosa stava per fare.
"Andiamo ora!" disse, ritornando quella di sempre.
Era stato il peggior Halloween della sua vita: sola, senza qualcuno con cui poter parlare; a seguire i ragazzi come un'ombra, invidiandoli in ogni momento. Ma presto tutto si sarebbe chiuso dietro la porta della sua stanza e si sarebbe sentita di nuovo parte del mondo nella solitudine.

Era tardi e il velo nero della notte da molto si stedeva su Hawkins. Mike, Will, Lucas e Dustin erano nelle loro case, ognuno intento a contare le caramelle raccolte. Isabel non era nella sua stanza, era per la strada, illuminata dalla fioca luce dei lampioni. Solo il fruscio della sua bici era percebile ed un leggero brusio in lotananza, si stava avvicinando.
Circa mezz'ora prima aveva percorso quella strada, aveva visto la festa, aveva visto la macchina nera; quale occasione migliore per inscenare la sua vendetta. Aveva portato Dustin a casa ed era ripartita.
Dopo due curve il brusio si trasformò in urla e la solitudine svanì: la strda era piena di auto, parcheggiate alla rinfusa e in lontanaza una casa era più viva delle altre. Vide la macchina nera, sorrise.
Arrivata davanti all'edificio, sterzò, fermandosi proprio difronte al marciapiede. Scese dalla bici e con passo svelto, guardando in alto, si diresse verso la porta. Alzò la mano, pronta per bussare; ma si fermò. Che le prendeva? Non aveva un piano, ecco cosa non andava. Una serie di paure la investitono di colpo: e se avesse fallito, se si fossero messi tutti a ridere. Ma no, doveva farlo in quell'istante, era perfetto. Rialzò la mano, respiranto profondamente. Ma si fermò di nuovo, doveva pensare.
Si voltò, mentre il caos dell'ambiente si riflettava anche nella sua testa. Poi un tonfo la sorprese alle spalle. Con uno scatto, si voltò: Steve era appena uscito dalla porta.
"Hey" disse Isabel quasi sottovoce. Ma di lui sentì solo il fruscio: non la guardò e non le parlò; si limitò a passarle vicino e a sedersi sul marciapiede. L'aveva ignorata, come avevano fatto tutti gli altri, forse non era così cambiato.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonWhere stories live. Discover now