2.1 Epilogo: "La fine di qualcosa"

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Isabel non si era mai sentita tanto libera, tanto leggera.

"You are the dancing queen
Young and sweet
Only seventeen
Dancing queen"

Erano anni che non cantava, che non ballava — se quello si poteva chiamare ballare.
Nel piccolo garage di casa Wilkinson, Isabel vorticava per la stanza, stringendo tra le dita una scopa. Quello era il suo microfono o meglio la cosa più simile ad un microfono che aveva trovato. Sembrava fuori di sé in quel momento. Lo stesso valeva per Sam: muoveva i riccioli a ritmo di musica, tutti ormai bagnati dal sudore. Come insetti veloci, le sue dita vorticavano su e giù sulla sua chitarra, rendendo "Dancing Queen" più una hit rock che altro.

"You can dance
You can jive, dai, Sam, dai" continuò a cantare Isabel, indicando il ragazzo al suo fianco. Saltellò ancora a destra e a manca, senza preoccuparsi di un forte dolore ai polpacci.

"Dancing Queen" era la loro canzone preferita, — in realtà quella che mettevano più spesso in quei concerti improvvisati. Certo, nessuno dei due aveva 17 anni o poteva essere considerato la "regina danzante", ma, alla fine, era tutto così allegro. L'unica frase che forse li rispecchiava fu proprio quella che risuonò poco dopo: "Having the time of your life"
Perché si sentivano vivi, liberi ciascuno dai propri problemi. Isabel cantava, gridando al mondo; Sam suonava, rilasciando ogni stress nell'aria.

Quella era l'ultima strofa e, quindi, la canzone lentamente iniziò a farsi sempre più bassa. Isabel si avvicinò al riproduttore di cassette e lo fermò, prima che potesse partire un nuovo motivetto. Era esausta.

"Sei stato una vera regina danzante, Sam, non me lo aspettavo da te, ricciolino" ridacchiò lei, con il fiato corto.
"Oh, parla quella che ha saltellato per mezz'ora" scosse la testa lui divertito, riprendendo ad accordare la sua chitarra, "che si fa? Altro pezzo...?"
"Mhm" borbottò lei, sfilandosi un elastico dal polso ed iniziando a farsi una coda, "cazzo, c'è l'Oceano Atlantico del sudore qui sotto" borbottò, toccandosi distrattamente dietro al collo.
Sam rise e si sedette su una scricchiolante sedia in legno: "Allora?"
"Non so, che ore sono?"
"Sai che qui dentro sono vietati gli orologi"
"Regola stupida" roteò gli occhi Isabel, cercando con lo sguardo qualcuno di quelli. Ma lì dentro non ne avrebbe trovati, Sam non ne teneva nessuno lì. Il ragazzo, infatti, aveva la strana convinzione che in quel suo "regno" bisognasse perdere la cognizione del tempo. Nessun orologio.

"Non ne troverai" si alzò, avvicinandosi allo scaffale della cassette e dei vinili, cercandone uno che potesse soddisfare la sua voglia.
"Se il Bianconiglio ti conoscesse, ti condannerebbe a morte" rispose Isabel, afferrando il suo zaino e rovistando all'interno.
"Ah! Trovato!"
"OROLOGIO!" esclamò Isabel, alzandosi da terra e sperando che Sam ne avesse trovato uno, "no, un altro stupido vinile" borbottò, vedendo che ne stringeva uno tra le dita.
"Scusa?!" alzò entrambe le sopracciglia lui, "stupido a chi?"
"Al vinile, ricciolino" scosse la testa lei, riabbassando lo sguardo sul suo zaino. Doveva trovare un orologio, per quanto ne sapeva poteva essere anche in ritardo di due ore.
"Sai che questa me la paghi e cara, Frodo" esclamò il ragazzo, con un'aria che voleva sembrare minacciosa; ma qualsiasi cosa dicesse Sam non poteva esserlo, era un ragazzo troppo buono.
"E tu me la paghi, Samwise, per non avere un fottutissimo orologio" si voltò lei verso di lui, incrociando gli occhi neri dell'altro.
"Primo: niente parolacce qui, l'ho detto anche a tuo fratello; secondo, forse ho un orologio; terzo, ti dirò l'ora solo se ti rimangi quello che hai detto e prometti di non fare cazzate"
"Va bene per tutto, ma non per le cazzate" allungò il palmo della mano lei, per ricevere l'oggetto del suo desiderio.
"Isabel" si fece più serio Sam, "sono passati tre mesi e-"
"E non stiamo ancora insieme, già, so che è uno schifo Sam, ho già troppi post-it mentali che me lo ricordano. L'orologio"
Sam sospirò: non sapeva cosa fare con lei, cercava di darle una mano, ma le sfuggiva. Steve non gli stava simpatico, aveva strani presentimenti e sensazioni su di lui. Temeva che potesse ferirla. Ma vedeva anche che Isabel stava male; tutte le volte in cui era con quel ragazzo, sembrava che nascondessero entrambi qualcosa. Non era riuscito a scoprire cosa. Ma sapeva che quel qualcosa era la causa del male della sua amica, del fatto che si stesse allontanando dalla persona che amava.
"Tieni" cedette lui, sapendo che non ce l'avrebbe mai fatta quel giorno. Allungò verso la mano della ragazza un vecchio orologio da taschino ancora funzionante.
"Non pensavo fossi un amante dell'antiquariato..."
"Era di un amico di mio padre, almeno questo dice mamma" si allontanò da lei Sam, posizionando il vinile sul giradischi. Aveva bisogno di suonare.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora