𝐒𝟑 - 0.1 "Estate"

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Estate. Caldo, sudore, ombra, acqua, vacanze.

Il sole di un temperato pomeriggio di Luglio del 1985, risplendeva ormai alto nel cielo; illuminando ogni corpo, anima e volto di chi vi si trovava esposto sotto i suoi raggi. Riscaldava, ma non tutto, non l'anima. Chiusa in una piccola vettura, confinata nei sedili posteriori, Isabel guardava fuori: il paesaggio scorreva sotto i suoi occhi come un film continuo, una successione di immagini inermi, prive di significato, utili solo a riflettere. Pensare, era un mese che non faceva altro. Sprofondare, ricordare: un circolo continuo a cui spesso aveva tentato di sottrarsi. E ce l'aveva fatta, ci era riuscita nei due anni precedenti, eppure le vecchie abitudini tornano sempre in un modo o nell'altro, ma mai senza una ragione.

Sospirò e lo sguardo le ricadde distrattamente su ciò che stringeva tra le dita: una piccola busta di carta e un foglio pieno di scritte. Ma non erano solo quello, erano tutto quello che provava, che aveva sempre provato. Chiuse gli occhi, poggiando quegli oggetti al suo fianco, quasi per liberarsene.

"Mhm... cosa hai scritto?"

Una mano si intrufolò in quel piccolo e oscurato spazio, protraendosi fino a toccare la superficie rovinata di quella superficie piena d'inchiostro.

"Ehi, Dustin... giù le mani" esclamò, afferrando ciò che era suo e nascondendo tutte quelle parole dentro candida busta, senza prestarci troppa attenzione.

"Oh, insomma... Isabel, è un'estate che te ne stai sola chiusa in quello stupido chalet, potrò almeno leggere quello che hai fatto, no?!" disse, Dustin, fin troppo agitato all'idea di ritornare finalmente ad Hawkins.

Isabel non lo era per niente: ritornare significava coraggio e lei non ne aveva o forse non aveva voglia di provare ad averne. Significava affrontare tutto quello che aveva cercato di dimenticare; voleva dire, forse, mettere da parte l'orgoglio e ammettere... ammettere di star sbagliando.

"No, ho detto di no, Dustin... e se vuoi leggere quello che ho fatto, ho un paio di libri da consigliarti! Preferisci meccanica quantistica o fisica delle particelle, o qualcosa di più classico, non so..." disse dura, stufa di tutte quelle attenzioni, voleva solo un po' di pace.

"Oh, finitela!" sbottò la signora Henderson "siete tornati da nemmeno un giorno e già non vi sopporto più, ragazzi... e tu, Isabel, tratta meglio tuo fratello, intesi?!"

Lei sbuffò: era grande, dannazione, possibile essere ancora rimproverati così, possibile dover sempre essere incolpati al posto di suo fratello. Sì, era tutto così reale.

"Intesi..." sbuffò, tentando di chiuderla lì; era già stanca e pensare che era appena iniziata. Sospirò a quel pensiero, poggiando il mento sul palmo della sua mano e gettando di nuovo gli occhi verso quel susseguirsi di immagini dietro al finestrino.

La realtà si eclissò una volta ancora e rimase di nuovo sola. Persa nella solitudine, che per anni aveva dovuto accettare e che ora si presentava a lei come un film di cui già conosceva il seguito, ma non il finale. Ogni battuta, ogni passo, ogni particolare. Era già accaduto tutto una volta e ora, per la sua stupidaggine, ci era cascata di nuovo.

Presto avrebbe rivisto Mike, Undici, Max, Lucas e Will. Sapeva della loro sorpresa, l'avevano avvertita per non rovinare quella di Dustin. Era stata l'unica chiamata che aveva ricevuto in quel mese intero. L'unica.

Nessuno Steve, ma non poteva biasimarlo.

Nessun Jake, mentre questo, invece, non lo capiva.

Improvvisamente, quel susseguirsi di colori ed immagini, modificate dal continuo movimento, si unificò sotto un unico colore, un unico disegno che conosceva bene: casa, erano arrivati.

𝐇𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧, 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐚 | Steve HarringtonWhere stories live. Discover now