Capitolo sessantaquattresimo.

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Le settimane passavano velocemente e Ariel diventava sempre più inquieta.

Ogni giorno aveva paura che il bambino potesse nascere. Sua madre aveva deciso che sarebbe rimasta a darle conforto, ma nessuno riusciva a farla rilassare.

«Ha paura che Dana possa attaccare da un momento all'altro. Come biasimarla?», disse Justin un giorno a sua suocera.

«Credimi Justin, io ancora non riesco a capacitarmi che una delle mie figlie possa essere impazzita. Mi sento in qualche maniera in colpa.», disse la signora Tremblay sospirando.

«Ascoltatemi bene: viviamo in un'epoca dove le donne vengono alla luce per poi sposarsi. Una donna che non si sposa viene denigrata, quando non dovrebbe essere così. Ognuno è libero di fare ciò che vuole della sua vita. Voi avete insegnato alle vostre figlie l'educazione e il saper essere una brava moglie. Avete fatto ciò che fa ogni madre di questo mondo. Dana evidentemente ha qualcosa in lei che non funziona. E il matrimonio di Ariel deve aver fatto uscire questo difetto.», Justin cercò di consolarla meglio che poteva.

Il loro rapporto era sempre stato difficile, ma adesso combattevano una guerra comune: dovevano assicurarsi che Ariel stesse bene e dovevano assolutamente tenerla al sicuro.

«Tu credi che Dana agisca da sola? O abbia qualche complice?»

«Si è sempre mostrata da sola, ma questo non significa nulla. Però sono certo che ci sia qualcun altro, anche perché dove si nasconde? Qualcuno la sta aiutando. Voi siete ricchi e sicuramente gli avrà promesso molto denaro.», versò due tazze di tè.

Ad ogni porta e finestra c'erano almeno due guardie. La sicurezza nel castello era quadruplicata. Nessuno entrava senza un permesso reale e nessuno usciva senza prima essere stato controllato a dovere.

In quel momento entrò nel soggiorno Ariel che stava leggendo un libro.

Justin le andò incontro e l'abbracciò forte.

«Come mai sei in vena di abbracci?», chiese lei ridendo.

Adorava sentirla ridere. Era qualche giorno che non vedeva quella splendida risata sulle sue labbra. Le diede un tenero bacio sulle labbra.

«Ho sempre voglia di abbracciarti. Perché adoro sentire la pancia che sbatte su di me. Adoro questa cosa.», la prese di nuovo fra le braccia per riprovare quella straordinaria sensazione.

La fece accomodare sul divano e le chiese se poteva leggere ad alta voce il libro.

Intanto la signora Tremblay s'era messa a lavorare ai ferri. Stava praticamente facendo il guardaroba al nascituro.

«Madre, tuo nipote avrà vestiti fino a quando non compirà diciotto anni se continui.», Ariel la prese in giro con dolcezza. Era il primo nipote, quindi le attenzioni erano tutti per lui o per lei.

«Sto facendo tutto unisex, anche perché non ho intenzione di fare tutto due volte.», stava facendo un cappellino bianco con il disegno di un orsacchiotto.

Tanti si aspettavano che il primo figlio fosse maschio, ma poteva benissimo capitare che fosse femmina. Ariel e Justin ne avevano discusso, ma non volevano che fosse un problema. L'unica cosa che a loro interessava era che fosse in salute.

La gravidanza procedeva bene e quella piccola creatura che stava per arrivare, stava portando un'ondata di felicità. Tutti il popolo era in fermento. Tutti aspettavano con ansia la nascita dell'erede.

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