Up all Night[3]

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Supero le guardie, che mi hanno controllato da testa a piedi e mi incammino verso il posto dove sono migliorato in tre anni.
Nei corridoi rivedo dei miei vecchi amici e mi ci fermo a parlare molto volentieri.
In questo edificio, oltre ad essere un centro di recupero per adolescenti, è anche una casa per chi ha dei problemi psicologici. Ho conosciuto molti ragazzi in questa "casa" e ognuno mi ha fatto capire, imparare, qualcosa. È inevitabile non legarci con questa gente.

Finisco di salutare un mio vecchio amico e finalmente entro nel reparto dove ho vissuto e, ad aspettarmi, dietro al bancone di informazioni c'è la donna più buona del pianeta: Tamara.
Appena mi vede mi sorride e solo adesso mi rendo conto di quanto mi senta leggero in questo momento. Qua nessuno può giudicarmi.
-Peter-dice avvicinandosi a me. Senza perdere altro tempo la abbraccio.
Mi è mancato stare qui.
-Andiamo a prenderci qualcosa-mi incoraggia mettendo una mano dietro alla mia schiena.
Mentre camminiamo per arrivare alla mensa gli parlo di come mi sta andando la vita fuori, e lei mi ascolta attentamente.
Ci prendiamo da bere: lei un the caldo e io, come al solito, un veloce caffè latte.
-È difficile, lo sapevo,ma non pensavo che lo fosse così tanto-commento infine per poi sorseggiare la mia bevanda.
-Pensavi che le tue scelte non avessero delle conseguenze così gravi-sospira Tamara per poi stringermi la mano.

Scuoto la testa:-Devo cercare di ripararle, come meglio posso.
La donna annuisce, stringe più forte la mano:-C'è del buono in te, Peter, c'è ne tanto. Qui dentro sei stato un sostegno molto importante per molti pazienti. Sei una persona buona, devi solo farlo vedere alle altre persone. Sii forte.
Chiudo gli occhi e annuisco. Lo sapevo già questo.
-Martina?-le domando quando abbiamo finito la nostra conversazione.
-È fuori-mi risponde mentre ci incominciano ad alzare per riportare le tazze alla persona che si occupa della cucina-È da tutta la settimana che non smette di chiedere di te. Gli sei mancato tanto.
Non posso fare a meno di essere felice.

Martina era una paziente del mio stesso reparto e abbiamo, più o meno, la stessa età. Lei è arrivata dopo di me, all'inizio stava sempre da sola, non voleva che nessuno le parlasse e se qualcuno lo faceva diventava aggressiva. Un giorno, Tamara, me la fece notare e mi incoraggiò ad andare a parlarci.
Ricordo che è stato dura, soprattutto i primi giorni: per due settimane non abbiamo parlato, siamo solo stati vicini e io speravo di farle capire che non era sola.
Con il passare del tempo le incominciai a portare anche dei piccoli regalini: un dolce, un fiore o un mio disegno. Martina, senza volerlo, mi stava entrando nel cuore. Incominciammo a giocare con giochi in scatola e, con il tempo giusto, iniziò anche a parlarmi e il scoprii una persona fantastica.
Lei si apriva con me, io mi aprivo con lei è scoprii che le nostre storie erano abbastanza simili. Diventammo come una sola persona, ci incominciammo a sostenere a vicenda.
-Vi ficcavate in così tanti guai insieme-fa mente locale Tamara per poi ridere tra se e se.

È vero, io e Martina passavo il tempo a divertirci come meglio potevamo. Quest'ultima aveva incominciato a chiamarmi "il mio fratellino" e un po' tutti ci consideravano come fratelli.
Martina e io, non stavamo mai da soli, stavamo sempre insieme e pianificavamo cosa fare quando saremmo usciti.

-Adesso io devo andare-mi informa Tamara mentre stiamo andando verso la palestra interna di quest'edificio-Vai da lei, poi passate a trovarmi, mi raccomando.
Annuisco e la lascio andare.
Continuo a camminare verso la palestra dove Martina si troverà a giocare a pallavolo con le sue poche amiche.
Non è mai stata una ragazza molto socievole, come me, e quando provavo a fargliele fare lei diceva che non voleva: che era gelosa. Martina è sempre stata gelosa di ogni singola ragazza che mi rivolgesse la parola.
Tamara, una volta, mi rivelò anche che Martina aveva fatto a botte con un'altra ragazza perché aveva commentato qualcosa su di me.

Apro la porta e mi ritrovo all'interno della palestra dove facevo sport come calcio, basket o qualunque attività che mi tenesse occupato nel non pensare a tutta la mia disastrosa vita.
All'interno del campo c'è solo un gruppo di ragazze riunite a cerchio e che stanno giocando a passaggi, ma tutti si fermano quando la porta alle mie spalle si chiude.
Subito il visino dolce di Martina scatta nella mia direzione e posso gioire nel vedere il suo sorriso allargarsi come i suoi occhioni diventare lucidi.
Si gira completamente nella mi direzione e inizia a correre verso di me, per poi saltare quando è abbastanza vicina.

Si gira completamente nella mi direzione e inizia a correre verso di me, per poi saltare quando è abbastanza vicina

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La prendo tra le mie braccia e devo ammettere che il suo profumo dolce mi è veramente mancato.
-Ciao piccola peste-la saluto quando ho ripreso l'equilibrio.
La mora mi stringe nelle sue braccia.
-Fratellino, allora non ti sei dimenticato di me-esordisce mentre parla dall'incavo del mio collo.

Se non avessi le mani sotto le sue gambe probabilmente le accarezzerei i capelli e la rassicurerei, come al mio solito.
-Non potrei mai dimenticarti-la rassicuro.
Finalmente alza la testa e la vedo in tutta la sua bellezza, non è cambiata per niente: i soliti occhi castani, i capelli lisci marroni e un sorriso così bello che non puoi propio fare a meno di ricambiare.

Finalmente alza la testa e la vedo in tutta la sua bellezza, non è cambiata per niente: i soliti occhi castani, i capelli lisci marroni e un sorriso così bello che non puoi propio fare a meno di ricambiare

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-Fammi scendere-ordina e io lo faccio, la lascio toccare di nuovo terra.
Lei mi prende per mano e senza salutare nessuna delle sue amiche mi trascina fuori dalla stanza.
-Samantha, mi aveva detto che non saresti più venuto, che mi avresti dimenticato-confessa stringendo la mia mano-Che avresti trovato un'altra ragazza.
Martina è sempre stata un po' credulona e, molte ragazze, qui dentro provano del certo gusto a fare del male alle altre persone.
Martina si gira verso di me e mi sorride:-Ma avevano torto, tu non sei come i loro fidanzatini. Tu sei il mio fratellone.
Questa volta tocca a me stringerle la mano:-E ti voglio bene.
Lei annuisce e si avvicina di più al mio fianco.

Nessuna ragazza che abbia mai conosciuto nella mia vita, ha bisogno di così tanta protezione come Martina. Lei è così indifesa, così sola.
Entriamo nella sala ricreativa dove si trovano diversi ragazzi. Alcuni mi salutano e io mi devo fermare a parlarci, e Martina per tutto il tempo mi tira la mano.
-Okay, allora ci vediamo-li saluto dopo averci parlato almeno dieci minuti e in quelli, Martina, ha sbuffato per tutto il tempo.
-Potevi metterci qualche minuto in più, infondo loro sono più importanti di me-sbotta quando arriviamo al nostro solito posto: il divano.
Non parlo, non ne ho voglia.
Martina crede di non essere mai abbastanza per nessuno, ormai la conosco.

-Marty-la chiamo e lei, malvolentieri, mi guarda negli occhi-Ho bisogno di te.
A quelle parole non se lo fa ripetere due volte.
Facciamo come due anni fa, ci sdraiamo sul divano e io metto la testa sul suo petto.

Mi accarezza dolcemente la nuca mentre io chiudo gli occhi e sento il suo cuore battere più velocemente

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Mi accarezza dolcemente la nuca mentre io chiudo gli occhi e sento il suo cuore battere più velocemente.
-Il mio fratellone è tornato-sussurra-E mi vuole tanto bene.

Una vita per distruggerti //cole sprouseWhere stories live. Discover now