𝐗𝐋𝐈𝐕

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Il sangue è bollente, scorre nelle vene di Draco come se fosse una furia.
L'aria riempie i polmoni, allarga la cassa toracica ed espande le sue narici.
Il respiro caldo esce prepotente mentre gli occhi sono saturi di ira, come se stessero per esplodere dalle orbite.
Stringe i pugni con forza e non è possibile spiegare quanto sia su di giri, le mille idee che la sua mente sta partorendo.
Draco ha compreso cosa voglia dire odio, il vero e puro odio, la rabbia incessante, la furia che vuole uscire dal suo corpo senza freni.

Il trio Grifondoro lo stava aspettando, pronto per scoprire qualche informazione in più su cui investigare, ma quando il biondo ha valicato la soglia di casa l'unica cosa di cui è stato capace è urlare e iniziare ad inveire come un pazzo. Certamente non contro di loro, ma non è riuscito a raccontare quei particolari senza dare di matto.
Inutile specificare quanto sono rimasti sconcertati i suoi amici a quelle parole, inutile dire quanto Harry e Ron sembrino due molle pronte a balzare da un momento all'altro.
Noti per il loro coraggio e spavalderia, quei due grifoni sembrano infuriati quanto Draco.
Ma è chiaro che il loro dolore non è paragonabile a quello che sta provando il biondo.
«Devi stare calmo, o sarà controproducente» tenta di parlare Hermione, dopo che Malfoy ha preso un vaso dalla mensola del camino e lo scaraventato contro il muro, spaccandolo in mille pezzi.
«Calmo?» a prendere parola, invece, è Ron «Se ti facessero una cosa del genere, io penso che starei molto peggio di lui»
Harry annuisce, porta le braccia al petto e con lo sguardo non smette di seguire Draco.

Il moro si è accorto dei suoi nervi tesi, delle unghie conficcate nei palmi delle mani, di quel velo di lacrime che costeggia i suoi occhi arrossati.
Non lo hanno mai visto fuori controllo, sempre noto per la sua rigidità e la sua abilità nel nascondere ogni singola emozione. Ma quando è troppo è troppo.
Aver tirato fuori tutto quel caos da Malfoy fa ben intuire quanto sia tormentato.
Un crollo simile non pensava di poterlo mai avere, ma perché non pensava di poter essere allontanato così brutalmente dall'amata.

«Non vi rendete conto che dobbiamo tirarla fuori, dobbiamo trovare una soluzione per Esme al posto di limitarci ad urlare. Vi pare che io sia contenta? Vorrei spaccare anche io qualcosa!» esclama la donna.
Draco non riesce a rispondere, i tre sono in piedi vicino al tavolo del salotto, mentre lui gira attorno la poltrona scura in maniera insistente e nervosa.
Sembra che i piedi stiano scavando le mattonelle, stiano consumando il tappeto pregiato posato sul suolo.
Ringhia e stringe le proprie ciocche bionde, aggressivo, volendo attorcigliare quelle dita attorno al collo di qualche funzionario del Ministero.
Lì, dentro una lurida celletta c'è la sua Esme, la sua bellissima Esme.

«Possiamo farla evadere» tenta Ron.
Per ora parla solo quella coppia, visto che Draco è concentrato a sbraitare e sfogarsi contro qualche oggetto, mentre Harry lo assiste e cerca di calmarlo anche se un po' invano.
«No, sarebbe solamente perseguitata maggiormente. Lei va fatta scagionare perché non deve più mettere piede lì dentro»
«LI UCCIDIO, VI GIURO CHE LI UCCIDO» urla a pieni polmoni Draco, estraendo istintivamente la bacchetta dalla tasca e venendo disarmato da Potter in un secondo.
Subito si avvicina a lui, posa le mani sulle sue spalle e cerca di inchiodare i propri occhi nei suoi: «Calmo, Draco, siamo qui per te, per lei, per farla uscire».
Le pupille di Malfoy traballano mentre osservano quelle del moro, deglutisce a fatica il nodo alla gola che prova e scuote il capo più volte, con energia.
«Non posso stare calmo, mia moglie è lì dentro che soffre»
«Per questo la faremo uscire, per farla stare bene»
«Deve uscire adesso, voi non l'avete vista... Harry, voi non avete visto come stava»

Si stacca dalla sua presa bruscamente e strofina una mano contro il proprio viso, cercando in tutte le maniere di scacciare via quelle lacrime che prepotenti vogliono uscire fuori.
Odia farsi vedere debole, fragile, si odia per questo, ma è troppo il dolore che lo pervade.
Come pioggia acida il pianto inizia a colare per le sue guance, senza preavviso, bussando alle sue palpebre con insistenza.
Il cuore sembra fatto a brandelli, mangiato dal becco della solitudine, strattonato e poi disintegrato. Quegli occhi limpidi come il mare sembrano un cielo in tempesta, di un grigio piuttosto cupo, con gocce che tamburellano sul suo pallido viso, bianco come una nuvola, candido come la purezza dell'amore che prova.

PUREBLOOD || She deserves betterWhere stories live. Discover now