Capitolo 32 - Necessità

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Taehyung si era chiuso nel suo mondo. Non era una novità, lo faceva sempre. Per questo Namjoon non si sforzò di farlo parlare, aspettò di arrivare all'appartamento del cugino, parcheggiare la macchina, salire al piano desiderato e notare tutti i movimenti dell'altro. Movimenti che erano stati davvero minimi. Era toccato a Namjoon guidare, Taehyung non si era messo neanche la cintura di sicurezza, a stento era entrato da solo in macchina. Aveva premuto lui il pulsante per quel piano, il cugino si era limitato a salire sul mezzo. Aveva aperto lui la porta dell'appartamento di Taehyung, questo aveva solo sfilato le chiavi dalla tasca rimanendo fermo a guardarle, lui gliele aveva sfilate. Taehyung non aveva neanche degnato Yeontan di uno sguardo e questo fece preoccupare Namjoon. Era come se il cugino non riconoscesse quel suo cagnolino o persino l'intero appartamento. Taehyung rimase sull'uscio della porta guardando con attenzione ogni angolo di quell'appartamento che riusciva ad intravedere da lì, come se cercasse qualcosa o una figura in particolare. Eppure quell'appartamento era vuoto, le luci ancora spente, solo quelle del corridoio esterno potevano illuminare l'ingresso facendo distinguere alcune figure. 

Taehyung entrò per primo. Namjoon era rimasto in disparte a cercare di capire il volto del cugino. Avrebbe tanto voluto dire che era inespressivo così magari si sarebbe sollevato un po'. Che cosa  buffa da dire! Non avrebbe perso tempo a sgridare il cugino su quella sua inespressività chiedendogli subito dopo di parlargli e raccontare cosa si teneva dentro. Forse sperava tanto di vedere quell'indifferenza perché almeno avrebbe saputo come comportarsi. Invece il volto di quella sera era un volto che non riusciva ad essere indifferente, per la prima volta sul volto di Taehyung si vedeva la chiara e semplice sofferenza. Non lo aveva visto con quell'espressione neanche quando si trovava da bambino sotto un attacco di panico.

Sì, era un volto sofferente. 

Taehyung percorse con passo lento il corridoio fino ad arrivare al divano. Si sedette senza degnare di attenzione il povero Tannie che tamburellava sotto i suoi piedi. Le luci non erano state accese. Ciò che illuminava quella parte di appartamento erano i lampioni esterni, quelli piazzati lungo la strada, che riuscivano a raggiungere anche quell'altezza. Eppure Namjoon rispettò la volontà del cugino di rimanere al buio comprendendo che quell'oscurità era in qualche modo rassicurante per l'altro. Gli si sedette al fianco. Era rimasto talmente sorpreso dalla sincerità di quell'espressione da essere rimasto senza parole o modi per iniziare una conversazione. Decise di aspettare, magari il tempo avrebbe portato quella risposta. Taehyung aveva bisogno proprio di quel tempo. Sì, si convinse, avrebbe aspettato insieme al cugino. Cosa? Non lo sapeva neanche lui, ma gli sarebbe stato accanto anche in silenzio. Di fatto prese lui in braccio il piccolo Tannie che richiedeva le attenzioni del suo padrone. Lo accolse tra le braccia accarezzandolo dolcemente e cercando di fargli capire che Taehyung aveva bisogno di quel momento. 

Taehyung guardava davanti a sé. No non stava guardando la televisione dato che era spenta. Taehyung fissava letteralmente il vuoto. Sì, il vuoto oscuro e profondo dello schermo spento di quel televisore. Era così scuro e da quell'opacità Taehyung ipotizzò che fosse anche appiccicoso. Tale pensiero generò in lui una disgustosa sensazione di viscosità. Rabbrividì. La sua mente prese la direzione dell'ultimo sogno che aveva fatto. Non era tanto il rivivere il momento in cui quella melma oscura lo stava risucchiando, era rivivere l'attimo prima di svegliarsi. Era stato ingabbiato da quell'oscurità, da quel buio, da quella sostanza. Erano stati solo secondi, forse nemmeno, il tempo che aveva passato sommerso in quell'oblio prima di aprire gli occhi e trovarsi nel suo letto. Eppure quei millesimi di tempo li ricordava perfettamente. Lì immerso non provava nulla. Il suo cuore non batteva, non respirava, non provava dolore o gioia, niente se non un vuoto. La solitudine. Indifferenza e solitudine.

Sì, la solitudine era ciò a cui era destinato immerso in quell'indifferenza. Ne aveva avuto sempre paura. Non ci avrebbe girato intorno, lo aveva detto l'ultimo dell'anno e lo ripeteva con non troppa tranquillità, aveva permesso a Namjoon e Jimin di rimanere proprio perché temeva di rimanere da solo, poco gli importava se li aveva resi il suo punto debole. Il punto preferito dal padre. Eppure con l'arrivo di quella considerazione e del suo sbaglio invece di provare a liberarsi da quella paura si era aggrappato maggiormente ad essa. 

Ananke: The LifeWhere stories live. Discover now