Capitolo due

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Kirishima's pov

Bakugou-kun era stato portato via insieme agli altri vincitori verso gli spogliatoi poco dopo la fine della celebrazione finale, ancora incatenato pur di salvaguardare la pubblica sicurezza.
Salutai in fretta gli altri ragazzi e seguii la testa del biondo per i corridoi dai quali in teoria non sarei dovuto passare.
All Might lo slegò subito dopo aver superato l'ultimo angolo ripreso dalle telecamere, a distanza da Tododoki-kun.
Bakugou non disse una parola, il che scoccò sia me sia tutti gli altri presenti. A Todoroki rivolse giusto un cagnesco sguardo, si massaggiò i polsi che fino ad un attimo prima erano bloccato e se ne andò verso il suo spogliatoio senza proferire parola, sbattendosi la porta alle spalle con rabbia.
Persino il ragazzo dai capelli a metà fu sorpreso da ciò, forse già psicologicamente pronto ad un secondo round del match appena concluso.
E invece no: Bakugou se ne andò e basta.
Tutti gli altri si dispersero poco dopo, chi per un lato e chi per l'altro.
Attesi nascosto dietro l'angolo che cadesse il silenzio su tutta la zona e, quando mi assicurai d'essere completamente solo, uscii allo scoperto.

Mi avvicinai alla porta nella quale il biondino era entrato e bussai.
Non mi rispose, così bussai più forte.
Neanche stavolta Bakugou disse una parola, ed io pensai che forse fosse già sotto la doccia o non avesse voglia di parlare con nessuno.
–Bakugou-kun?– insistetti comunque, bussando per la terza volta qualche tocco sulla porta.
–Chi c'è?– sbottò la sua voce, così tanto più calma del solito che stentai a riconoscerlo.
–Kirishima– dissi.
–Eh?– fece lui, la voce ora più vicina. –Che hai detto?
–Capelli di Merda– risposi con sospiro. Forse così mi avrebbe riconosciuto.
La porta si aprì all'istante, ed un Bakugou che per grazia di Dio non indossava la maglietta mi invitò ad entrare con un cenno frettoloso.

–Che vuoi?– mi chiese qualche attimo dopo, quando entrambi ci fummo seduti su una panca di legno. –Fai presto, non ho tempo da perdere.
Io ero sfortunatamente capitato accanto alla maglietta e la giacca che si era appena tolto, quindi respirare si rivelò alquanto difficoltoso.
Non puzzavano di sudore, in realtà, ma di quella che doveva essere una sostanza tipo nitroglicerina. Era dolce e sapeva quasi di caramella, e lo zucchero tendeva a darmi la nausea.
Bakugou lo notò subito, si sporse in avanti, prese gli indumenti e li scaraventò dall'altra parte della stanza senza degnarli di uno sguardo.
–Che vuoi?– ripeté.

–Prima, sul podio, mi sembravi un po'... nervoso– dissi piano, sperando di non farlo arrabbiare più del dovuto.
Forse perché era stanco o forse perché era vero, si limitò ad annuire. –Sono sempre nervoso– obiettò.
–Vero– convenni. –Ma oggi... più del solito.
–E quindi?
–Va... va tutto bene?– chiesi esitante, tradendo un po' di preoccupazione sia nei suoi che nei miei confronti, temendo una sfuriata. Abbassai lo sguardo ma non fu una mossa geniale, dato che incrociai la sua tartaruga addominale ed arrossii. Per fortuna, lui non si accorse che lo stavo guardando.
–Che te ne frega?– sbottò fissandosi le mani, la sua aggressività sostituita da qualcosa di più simile a rassegnazione.
Mi costrinsi ad alzare lo sguardo di scatto, riportandolo sui suoi occhi. –È normale che se vedo che stai male poi ti chiedo come va, Bakugou-kun...
–Io non... tu... perché..?– si alzò in piedi e misurò nervosamente la stanza con i suoi passi. Faceva avanti e indietro, borbottando parole e parolacce non sembre comprensibili.
Ad un certo punto si fermò. –Come l'hai capito?!
–Emh... non lo so– risposi con un'alzata di spalle. –L'ho intuito e basta, credo.
–L'hanno capito tutti?!
Scossi la testa. –Penso solo io, o sarebbe venuto anche qualcun altro.
Bakugou rimase in silenzio, pensando a come mandare avanti il discorso.

–No, non stavo molto bene– ammise infine con un sospiro. –Hai altre domande da farmi?
–Posso chiederti... il motivo?– mi azzardai a dire, sperando vivamente di non esplodere al termine di quella domanda. –È per Todoroki-kun?
Scosse la testa. –Il bastardo a metà non c'entra un cazzo.
–E allora?
–Non ho intenzione di dirtelo, okay?!– scattò, ma i suoi occhi sembravano dire tutt'altro.
–Sicuro?– gli chiesi, incriciando le dita e sfidando la sorte. –A me... se c'è qualcosa, puoi dirlo. Non ho intenzione di giudicarti, amico.

Mi lanciò uno sguardo indecifrabile, ed io mi sentii quasi opprimere dalla sua presenza ostile. Mi squadrò del tutto, dai capelli rossi fino all'alluce. Strinsi gli occhi, già pronto all'esplosione che ero certo non avrebbe tardato ad arrivare. Mi ero spinto troppo oltre, chiedendo qualcosa che probabilmente era fin troppo personale...
Ma l'esplosione, al contrario, non arrivò.

*****

Bakugou's pov

Per qualche motivo a me non completamente chiaro, dopo l'ultima domanda, Kirishima strinse gli occhi.
Ciò in realtà mi fu d'aiuto, dato che così ebbi un momento per ragionare in piena libertà. Fosse stato chiunque altro, ad una richiesta simile l'avrei preso a pugni ma qualcosa, al cospetto di quel ragazzo dai capelli rossi, mi bloccò. Non volevo ferirlo in alcun modo: mi sentivo bene in sua compagnia. Kirishima era mio amico, quindi scelsi la via a me più difficile: parlare.

–Ti ricordi di quel ragazzino che l'anno scorso era stato rapito da un villain viscidissimo e schifosissimo?– gli chiesi, sperando che avesse già sentito quella brutta storia. –Poi All Might l'ha catturato.
Lui riaprì gli occhi sorpreso. –Sì... credo di sì. Più o meno.
–Di certo non deve essere stata una bella esperienza, essere immobilizzato del tutto, incapace persino di parlare– continuai. –Tu non credi?
–Sicuramente sarà rimasto traumatizzato, poveraccio...– fece lui, grattandosi il capo. –Ma perché? Che c'entra?
–Quel ragazzino ero io– gli rivelai infine. –Essere immobilizzato in quel modo... mi ha fatto un po' ripensare a quel giorno.
–Mi fa senso, tutto qua– aggiunsi, pur di dare un tono meno tragico alla storia. –Ero nervoso per questo.

All'udire quelle parole, il mio interlocutore restò come congelato sul posto. –Oh, oh Dio... mi dispiace. Tantissimo.
Alzai le spalle. –Fa niente, lascia stare– dissi. –Ti serve altro?
Il ragazzo scosse la testa, ancora visibilmente molto dispiaciuto. –Niente.
–Allora vai, su– lo esortai. –Così io invece mi do una lavata.
Annuì, si alzò in piedi e si diresse verso la porta.
–Kirishima– lo richiamai, giusto un attimo prima che se ne andasse.
Il ragazzo saltò in aria, come se gli avessi fatto esplodere i piedi. Era così assurdo che mi ricordassi il suo nome? Davvero pensava che non lo sapessi, dopo mesi passati nella stessa classe?
–Sì?– chiese, ripresosi dallo shock.
–Emh... Tu cerca di non...
–Non lo dirò a nessuno– ci pensò lui a completare la mia richiesta. –Te lo prometto.
Mi sorrise e se ne andò subito, richiudendosi la porta alle spalle.
–Grazie– mormorai anche se non poteva più sentirmi.

Sotto l'acqua della doccia, non feci altro che pensare alla conversazione appena avuta. Come avevo fatto a parlare così tranquillamente con lui dei miei problemi, quando ero restio ad ammettere le mie debolezze persino a me stesso?
Era perché era un mio amico? O perché forse era l'unico, in tutto lo stadio, ad essersi accorto del mio stato d'animo? Cosa c'era, in lui, di diverso da tutti gli altri?

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuWhere stories live. Discover now