Capitolo quarantasette

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Bakugou's pov

Per tutta la mattina non trovai la forza di andare in nessun posto più distante del bagno. Qui mi feci la doccia, ma non avevo davvero voglia di lavarmi. Asciugai i capelli, ma spensi il phon quando ancora erano umidicci. Non ce la facevo a fare un bel niente, nemmeno togliermi l'acqua di dosso.
Mi infilai un paio di boxer ed un pantalone, ma al momento di dover scegliere che maglietta o felpa indossare la mia mente andò in blackout. Rimasi a fissare quei pochi capi che mi aveva portato mia mamma mentre ancora dormivo, lessi il bigliettino che mi aveva lasciato.
"Chiamaci quando ti svegli. -Mamma e papà"
Era l'una meno dieci. Non avevo voglia di telefonargli, anche se si sarebbero preoccupati e poi mi avrebbero urlato contro la sera, quando sarei tornato a casa.

–Bakugou-kun? Possiamo entrare?– sentii una voce dall'altro lato della stanza. Era calma, un po' distaccata.
Ero così perso nei miei pensieri che non m'ero accorto che Deku e Icyhot fossero entrati in camera.
–Ormai siete dentro– sbottai senza enfasi, ma gli feci cenno di sedersi sul letto che era stato di Kirishima.
Deku mi fissò con i suoi occhioni verdi, preoccupato, e prese posto dove avevo indicato. Todoroki si sedette al suo fianco.

–Che volete?– domandai, dato che nessuno stava dicendo niente.
Fu Todoroki a prendere la parola per primo. –Oggi non sei ancora passato ad importunarci– spiegò. –Ci stavamo preoccupando.
–Come se non vi dessi fastidio e basta– scattai, ma non risposi alla domanda indiretta contenuta nelle sue parole.
–Ci dai fastidio, ma ciò non vuol dire che ci dispiaccia– aggiunse Midoriya con un sorriso, pensando forse di poter alleggerire l'atmosfera. Non riuscii nemmeno a guardarlo. Se fosse entrato Eijiro e l'avesse visto là, forse avrebbe avuto la conferma alle sue farneticazioni assurde.
Non ne sarei uscito mai più.
Cominciavo a stancarmi di averli intorno. Volevo stare un po' da solo. –Che cazzo vuoi, esattamente?– dissi, sperando che se fossi stato sgarbato si sarebbe levato dai piedi. –Deku, non è proprio un buon momento per le chiacchiere inutili...

Mi rivolse uno sguardo che non volli ricambiare. Io preferii fissarmi le unghie e contarmi le pellicine.
–Kacchan, cos'è successo?– chiese la voce acuta di Deku. –Anche Kirishima-kun mi è sembrato strano. Non mi ha salutato, quando l'ho visto prima.
Mi morsi un labbro. Tanto valeva dirglielo: l'avrebbero scoperto ugualmente, e forse se l'avessi detto magari se ne sarebbero pure andati.
–Abbiamo litigato– spiegai. –Mi... mi ha lasciato, è successo questo. Fine.
Le labbra di Midoriya presero la forma di un piccolo cerchio. –Oh– esclamò.
Todoroki rimase in silenzio.
–Posso chiederti il motivo?– tentò Deku, sperando di non scatenare la mia ira.
Alzai le spalle e risposi con semplicità. –Perché sono una testa di cazzo– ammisi.
–Quello penso lo sapesse pure prima che vi metteste insieme– obiettò Canadian Marco Bodt.
–Todoroki, parla ancora e ti faccio diventare simmetrica quella cicatrice di merda che ti ritrovi– sbottai. Non avevo né forza né voglia di stare alle sue battutine o controbatterle, e dovettero accorgersene entrambi dal tono della mia voce. Non me ne accorsi nemmeno ma suonò come implorante. I due si guardarono in faccia e capirono quanto ciò mi avesse fatto star male.

–Mi dispiace– mormorò piano il ragazzo dai capelli a metà. Si avvicinò, mi diede una pacca sulla spalla, incerto, provando a farsi perdonare e, al contempo, confortarmi. –Scusami. Questa volta no volevo offenderti.  
Scossi piano la testa, mentre la sua mano sinistra mi dava qualche colpetto fresco e gentile. –Va bene, tranquillo. 
Deku invece fu molto più avventato, e decise di abbracciarmi direttamente. La stretta del mio amico, sebbene fosse sostanzialmente la causa del problema, fu un vero sollievo. Mi sentii un po' meglio, e forse per la prima volta in vita mia lo toccai senza picchiarlo. 

–Vi lascio un po' da soli– disse Shouto, ma Midoriya lo afferrò con la mano, ritirandolo verso di noi. 
–Puoi stare– gli dissi, ed io annuii a conferma. Se malauguratamente fosse entrato Kirishima in stanza per qualche motivo e avesse visto me e Deku, penso sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale.  
–Lo so, ma io non c'entro niente– insistette, lasciando la mano del fidanzato. –Voi siete amici da una vita, e se resto qua metterei Izuku a disagio. Vi aspetto fuori, fate con calma. 
Deku si arrese e lo lasciò andare; io, più semplicemente, non ebbi la forza di oppormi alla sua scelta. Sospirai. Tanto peggio di così non poteva andare, no? Insomma, quante probabilità c'erano che Eijiro entrasse in stanza proprio in quel momento? Troppo basse per preoccuparsene, probabilmente, e poi c'era il Todoroki di guardia. Non poteva andare così male. 

Quando si chiuse la porta, Deku mi strinse più forte. –Sappi che io e Shouto ci siamo, per te– disse, un po' in imbarazzo ma determinato. –Anche se magari fa un po' strano, dato quanto è freddo, ma ti vuole bene pure lui. Non sa dimostrarlo, ecco. 
–Deku– mormorai con una certa difficoltà. Stavo per dire qualcosa che soprattutto a lui non dicevo quasi mai, ma era l'occasione giusta per farlo. –Sì, insomma... non che ce ne sia davvero bisogno, ma... ecco... ti volevo... ti dovevo dire che... beh... io... emh... ah fanculo, grazie. 
Mi sorrise raggiante. –Non c'è di che. 

–Piuttosto– interruppi il nostro unico momento di affetto da tempi immemori per parlare di qualcosa di più serio. –Abbiamo un problema. 
–Un altro?
–No, è sempre lo stesso– risposi. –Il motivo per cui Eijiro mi ha lasciato. 
–Non me lo devi dire per forza, se non te la senti. 
–Oh, invece devo– lo corressi. –E' un casino. 
–Okay..?
–E' colpa tua– tagliai corto, andando dritto al nocciolo della questione. 
–Eh?!– esclamò con una voce talmente acuta da ricordarmi una teiera. 
–Sì, sì, è colpa tua– ripetei.
–Come?! Com'è possibile?
Alzai le spalle. –E' convinto che gli abbia fatto più volte le corna con te. 
–...–
–Già...
Deku prese un respiro profondo, poi esplose e diede di matto manco fosse stato me. Wow, ma sembro anche io un volpino incazzato quando sclero?!
–MA COME CAZZO È POSSIBILE?!– urlò. –IN UNA KIRIBAKU COME QUESTA, COME CAVOLO è POSSIBILE CHE CI SIA SEMPRE QUALCUNO CHE CREDE CHE TU ED IO STIAMO INSIEME?
–Nikita, la testa di cazzo che scrive la storia, shippa Bakudeku– spiegai. 
Il broccolo mi parve a dir poco disperato. –E allora perché ha scritto una Kiribaku?– frignò. 
(La risposta è che la Bakudeku ho ironicamente iniziato a shipparla scrivendo la Kiribaku. -Nikita)
Alzai gli occhi al cielo. –Andiamo bene...

–Tornando a noi, c'è un motivo intelligente per il quale lo crede o la risposta è "trama"?– chiese. –E se sì, è una trama di merda.
–Non dire parolacce!– lo ripresi, sarcastico. 
Lui almeno sembrò contento di vedermi scherzare e non morire dalla tristezza come poco prima. –Allora?
–Non è trama, è perché vede te e me sparire ogni giorno per ore da soli– dissi. –Quando mi ha chiesto perché ovviamente non gliel'ho potuto spiegare. E ora è convinto sia questione di corna.
Midoriya sbiancò. –Ah, oh Dio... cosa facciamo?
Scossi la testa con un sospiro. Eravamo finiti in un vicolo cieco, e nessuna soluzione che non avesse portato a ulteriori disagi era percorribile.
  

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuWhere stories live. Discover now