Capitolo trentuno

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Bakugou's pov

La sorella Todoroki era una di quelle persone che dimostrava molti più anni di quanti in realtà avesse, tanto che ad un primo sguardo la scambiai per sua madre. Quando la chiamai "Signora Todoroki" quella poveraccia sbiancò come un lenzuolo e mi disse che mi stavo sbagliando.
–No, no... io sono Fuyumi, la figlia della signora Todoroki– disse la ragazza, imbarazzata.
–Ah...– mormorai, anch'io a disagio. –Non volevo... cioè, non avevo intenzione di... non voglio dire che sembri vecchia, anzi...
"Belle le figure di merda, Katsuki" mi dissi.
–Va tutto bene, tranquillo! Succede spesso– liquidò la questione in fretta, poi mi diede un paio di pantofole da casa.
–No, non è vero!– esclamò una voce dalla stanza accanto, seguita dalla risata di qualcun altro.
–Zitto, Natsuo!– rispose la ragazza, per poi farmi accomodare in soggiorno.
Suo fratello più piccolo era già sul divano insieme ad un altro tizio che presumibilmente era un altro fratello. Si assomigliavano un sacco, ma solo per metà.
Okay, scusate, questa era pessima.

I due stavano giocando alla Wii, mentre la sorella era scomparsa in cucina dicendo che aveva ancora le verdure sul fuoco di cui doversi occupare.
Il Todoroki più grande si girò verso di me e mi porse un controller. –Vuoi giocare?
Io accettai, afferrai il telecomando e mi sedetti accanto a loro, pronto a iniziare una partita a Mario Kart.
Todopiccolo era una checca, mentre Todogrande non la smetteva di arrivare primo. Tutto ciò mi stava veramente facendo arrabbiare, dato che io ero abituato ad arrivare sempre alla prima posizione. C'è anche da dire che solitamente il mio avversario era Merdeku e quindi non è che potessi aspettarmi chissà che difficoltà, ma la frustrazione rimase comunque fin troppo alta.

Un paio di partite e di sclerate dopo, io e quei tre ragazzi ci sedemmo a tavola. Fuyumi aveva preparato del riso con le verdure dall'aspetto delizioso, ed infatti lo finii in men che non si dica e le chiesi il bis. E forse avrei anche chiesto la ricetta in seguito, se mi fossi levato dalla testa la possibilità di poter dar l'aria di essere una delle amiche di mia madre.
La ragazza tenne uno sguardo un po' cupo rivolto ad una sedia vuota a tavola, controllando di tanto in tanto il cellulare come se stesse aspettando un messaggio. Ad un certo punto ricevette una telefonata, si alzò da tavola ed andò a rispondere nel corridoio subito dietro la porta. Non vi rimase per più di qualche minuto, e rientrò interrompendo una discussione tra me e il Todoroki più grande sul perché giocare a Mario Kart senza volante fosse meglio che giocarci con.

–Nostro padre stasera non verrà– disse Fuyumi più ai fratelli che a me. –Ha una qualche riunione. Siamo solo noi.
I due sembrarono sostanzialmente fregarsene. Natsuo alzò le spalle e si rimise a mangiare il suo riso, Shouto alzò le spalle e basta. –Forse è la stessa a cui ha preso parte Aizawa sensei... chissà di cosa devono parlare.
–Non lo so e onestamente non mi interessa– risposi con una nota di menefreghismo nella voce.
–In effetti– convenne, e la conversazione morì lì, lasciandoci tutti e quattro in un silenzio imbarazzante.

–Mh...– fece la ragazza. –Come sono andate le lezioni di recupero?
–Una merda– dichiarai, molto diretto. –Vogliono farci fare da babysitter a dei mocciosetti.
–Oh, aw– Fuyumi sembrò intenerirsi. –Vuoi qualche consiglio? Avendo avuto tutti questi fratelli, ho un po' di esperienza!
E così, mentre lei cercava di spiegarmi quale fosse il modo migliore per rapportarmi con un bambino, da qualche altra parte gli eroi si stavano riunendo per progettare un piano contro un nuovo nemico.

*****

Kirishima's pov

Seduti intorno a quel tavolo c'erano circa tutti quanti gli eroi che potessero saltarmi in mente a parte il numero due, Hawks, ed un paio di miei compagni di classe che facevano i tirocinanti come me. Io avevo preso posto alla destra di Amajiki, attendendo che qualcuno dicesse o facesse qualcosa. Mi guardavo intorno incuriosito da tutto e tutti, chiedendo e commentando al mio senpai riguardo tutto quanto; lui teneva lo sguardo molto basso come sempre e quasi non mi rispondeva. Quando poteva evitare le parole si esprimeva volentieri con monosillabi o muoveva solo il capo, ma in ogni caso non mi disse frase più complessa di "Kirishima me ne voglio andare a casa".

La riunione fu lunga, quindi ve la riassumerò più brevemente possibile; in fondo, questa storiella è scritta per far ridere ma anche riflettere, e non per ripetere le stesse cose del manga che comunque voi conoscete già.
Dovevamo andare a salvare una bambina, Eri-chan, che era presumibilmente sfruttata dallo Shie Hassaikai per i loro loschi scopi da mafiosi giapponesi. Erano stati Midoriya e Togata senpai ad incontrarla quasi per sbaglio poco tempo prima, e ce l'avevano descritta come una piccola terrorizzata e piena di ferite e fasciature, vestita solo con un vecchio abitino logoro e troppo leggero per la stagione.
Non avremmo avuto problemi ad identificarla, ma trovarla e portala via sarebbe stato oltremodo rischioso.

–Dovete prepararvi al peggio, tutti quanti– disse un eroe dai capelli gialli e verdi all'intera sala. –Non posso giurarvi che uscirete vivi da questa missione. Sta volta è davvero pericolosa.
(E poi fu lui stesso il primo a morire ma dettagli, non è questo il punto della storia)
Le sue parole fecero venire la pelle d'oca ad Amajiki senpai. Lo sentii deglutire a vuoto, e mi parve quasi sconsolato alla sola idea di dover prendere parte alla missione.
–Senpai..?– domandai a bassa voce. –Tutto okay? Ti senti bene?
–Insomma– rispose secco, per poi chiedere il permesso a Fat di allontanarsi e uscire dalla stanza. Gli disse che doveva andare in bagno e l'eroe adulto, troppo preso dalla pianificazione di una strategia che ci consentisse di agire al meglio durante la missione, gli accordò il permesso senza neanche guardarlo in faccia.
–Fat, vado anche io!– esclamai e mi precipitai alla ricerca di Amajiki senpai.

Trovarlo fu estremamente facile. Se ne stava in un angoletto disparte con la testa contro il muro, guardando la parete con la stessa concentrazione con cui io di solito fisso Bakugou appena è uscito dalla doccia. L'unica differenza stava nel fatto che io tendevo a sbavare, lui invece era sull'orlo di una crisi di pianto.
–Senpai?– lo chiamai piano, preoccupato.
Lui si voltò, arrossì un po' e, con le orecchie tristemente piegate all'ingiù, mormorò qualcosa. –Che ci fai qui?
–Non mi sembravi stare bene, quindi ti ho seguito– spiegai. –Come ti senti?
–Te l'ho detto prima– tagliò corto. –Puoi lasciarmi un po' solo? Per favore?
–Ma perchè?– insistetti.
Lui si strinse nelle spalle. –Io... ho solo bisogno di accettare le parole di Sir. Nighteye. Devo accettare il fatto che settimana prossima potrei essere morto.
–Ah– sospirai. Il senpai non aveva poi tutti i torti. In effetti, a ben pensarci, quelle stesse parole valevano anche per me.
–Puoi andartene?– richiese.
Io gli rivolsi un'occhiata esitante, ma poi annuii. Non mi sembrava proprio in vena di fare una chiacchierata.
Feci per tornare indietro da Fat Gum, ma ci ripensai quasi subito.
–Sai, senpai, io penso che tu passi fin troppo tempo da solo– gli dissi. –Che ne dici se ti faccio compagnia? Forse in due avremo meno paura!
Rimase in silenzio.
"Chi tace acconsente" mi dissi, e così lo presi per un braccio e lo trascinai vicino alla finestra del corridoio per chiacchierare un po'.
Sebbene non stessi dicendo niente di interessante e stessi sparando solo un mucchio di cavolate più o meno divertenti per farlo distrarre il senpai mi ascoltò con attenzione senza interrompere.
Parlando, trattenni un sorriso.
Amajiki non era più spaventato come prima.

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuWhere stories live. Discover now