Capitolo quarantanove

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Bakugou's pov

–Ah, oh Dio... cosa facciamo?– lo sentii sussurrare, una mano sulla faccia e lo sguardo basso.
Scossi la testa con un sospiro. –Vorrei tanto saperlo, Deku...– concordai, alquanto disperato.
Abbassai il capo sulla sua spalla e ce lo sbattei contro un paio di volte, sperando che far finta che Midoriya fosse un muro potesse essere una soluzione utile. In realtà non servì a niente, se nonna farmi stare peggio.
A Deku si strinse un po' il cuore e mi abbracciò di nuovo, stringendomi forte a sé. Cazzo, dovevo proprio fare pena... che merda.
Restammo così un po', aspettando che io potessi recuperare almeno una minima forza di volontà.
–Mi chiedo dove io abbia sbagliato– ammisi. –Stava andando tutto bene... e poi un malinteso mi ha fracassato la vita come se una machina guidata dalla sfiga avesse sfondato i vetri di un acquario con dentro dei fottutissimi squali. E giustamente poi la sfiga, scendendo dalla macchina, ha sbattuto il mignolo del piede.
–A volte mi chiedo da dove ti escano queste, Kacchan– scherzò, e lo sentii sorridere.

Giusto perché la situazione non era già abbastanza tragica di suo, ovviamente le cose dovettero peggiorare.
La porta si aprì senza che nessuno avvisasse, ed una testa rossa e mezza fecero il proprio ingresso. Erano Eijiro e Todoroki. Nessuno di loro aveva un'espressione tranquilla in volto.
Mollai la presa su Deku all'istante, allontanandomi da lui. Eiji mi stava fissando malissimo senza dire una parola. Aveva scelto proprio il momento sbagliato per entrare.
Svitai di ricambiare il suo sguardo, spostandolo invece su Todoroki.

Il ragazzo dai capelli a metà aveva la solita faccia annoiata e inespressiva, ma qualcosa nel modo in cui si mostrava era sbagliato. Sembrava nervoso anche lui.
Si avvicinò piano al letto, finché non giunse davanti a Midoriya.
I due si guardarono in silenzio. Il più bassino era confuso, non stava capendo. L'altro invece teneva gli occhi socchiusi, lo sguardo freddo e penetrante.
E gli tirò uno schiaffo sulla guancia. Uno così forte che solo il suono fece male pure a me, così forte che a Deku rimase ben impresso il segno delle sue dita per tutta la giornata.
Si portò una mano sulla guancia colpita, sconvolto, e si voltò piano verso il fidanzato. –Shouto..?
Todoroki gliene tirò un altro sull'altra guancia, ancora più schioccante. Non so dire se fosse più forte, ma sicuramente fu più veloce del precedente.
Midoriya spalancò gli occhi; io guardai la scena esterrefatto, così confuso da non capire nemmeno come dovessi reagire.
–Kirishima mi ha detto tutto– rivelò il figlio di Endeavor. –Che belle merde che siete, tu e il tuo amichetto bastardo.
Cacciò uno sguardo gelido anche a me. –E pensare che credevo fossimo amici, Bakugou– mi disse in un sussurro un po' disgustato, ma si trattenne dal prendere a schiaffi pure me.
–Shouto, no, non è come pensi...– mormorò Deku, ma venne zittito dall'ennesima occhiataccia.
Kirishima storse il naso e scosse la testa. –Andiamocene, Todoroki-kun.
Poi afferrò un paio di scarpe e se ne andò, seguito dall'altro compagno di classe.

Contemporaneamente, io mi voltai verso Deku e Deku si girò verso di me.
–Siamo nella merda– commentai.
Il mio migliore amico scoppiò a piangere, e fu il mio turno di consolarlo.

*****

Dato che le ferite di una piccola zuffa passano circa subito, quello stesso pomeriggio venni dimesso dall'ospedale. Venne mia mamma a prendermi e mi riportò a casa. Prima di andare passammo a salutare Midoriya; mamma gli augurò di guarire presto e gli mollò un piccolo vassoio di pasticcini, trattandolo con un riguardo ed una gentilezza tali che mi fecero ribollire il sangue. Con me non era mai altrettanto carina e garbata. Non voglio soffermarmi troppo su questi dettagli, ma ho sempre avuto l'impressione che mia mamma un po' mi odiasse.

Comunque, ovviamente non passammo a trovare né Eijiro né Todoroki, il che le fece storcere non poco le sopracciglia.
Mi rivolse uno sguardo interrogativo quando le dissi che "No, mamma, non c'è bisogno di andare a cercare Kirishima. Va bene così, andiamo a casa. Ho voglia di un gelato."

Evitai di risponderle in modo molto diretto; lei forse intuì che qualcosa non stesse andando nel verso giusto, ma da bravo genitore assente qual era sempre stato alzò le spalle e non fece domande.

Giunti a casa buttai lo zaino sul divano, che finì invece in faccia a mio padre, presi un barattolo di gelato al caramello salato dal freezer e salii al primo piano. Mi chiusi in camera mia,   urlai ai miei che volevo farmi una maratona di anime e di non disturbarmi. Iniziai piuttosto a deprimermi con le puntate di Hanako-kun in sottofondo.
Adoravo quello spiritello pervertito, ma quella non era proprio giornata.

Ancora una volta, fu mio padre ad avvicinarsi a me e provare a consolarmi.
Venne alla mia porta e bussò piano, poi chiese di poter entrare. Io gli dissi di attendere, mi soffiai il naso, mi asciugai un paio di lacrime. Misi in pausa la puntata su un primo piano della faccia di Mitsuba mentre urlava a Kou di essere un pervertito.
Poi dissi a mio padre di entrare.

La maniglia della porta si abbassò, e lui fece il suo ingresso. Mi rivolse uno sguardo indagatore ma contenuto, e prese posto sul mio letto.
–Prima, quando sei entrato, ho avuto l'impressione che ci fosse qualcosa di strano– iniziò, un po' titubante.
Alzai gli occhi su di lui ma rimasi ancora in silenzio.
–Ecco... tutto okay? È successo qualcosa?– domandò.
Storsi le labbra. –Io ed Eiji-... e Kirishima-kun abbiamo litigato– ammisi con un sospiro. –Ecco cosa.
Papà alzò le sopracciglia, arrotondando la bocca in un'espressione di pura sorpresa. –Oh... non pensavo.
–Ah no?
–No, okay, sì, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente– si corresse. –Ma mi dispiace.
–Anche a me.
–Com'è successo, se posso chiederlo?
Leggermente controvoglia gli raccontai sommariamente il nostro problema, sorvolando su particolari banalissimi come il One For All, il mio ultimo bocchino mattutino e che Kirishima non era "geloso della mia amicizia con Deku", come gli avevo detto, ma convinto che io me lo facessi regolarmente.

–Ma Midoriya-kun non aveva il fidanzato?– chiese.
–Kirishima ha convinto Todoroki che ha ragione lui– dissi. –Anche lui ha mollato Deku, stamattina.
–Che casino...– commentò allora mio padre, riassumendo bene tutta la questione in due semplicissime parole.
–Proverò a pensare a una soluzione per aiutarti, Katsuki– promise allora, fingendosi positivo e pieno di speranze. Mi sembrò falso ed innaturale come il protagonista dello shonen di turno che decide che vuole aiutare una comparsa appena conosciuta per strada. –Non sarà facile ma farò del mio meglio. Te lo prometto, figliolo.
Scossi la testa. –Non si può sistemare questa cosa– sbottai. –Non perdere tempo tentandoci.
–Ma...
–Niente "ma", papà– tagliai corto, irremovibile. –Se non si può fare, non si può fare. È come cercare di dare fuoco al ghiaccio.
–Beh, magari non ti andrà a fuoco il ghiaccio ma avrai comunque dell'acqua– rispose. –È un risultato. Non è il ghiaccio infuocato che volevi ma è un risultato. Se ci provi, le cose possono cambiare.
–Non puoi applicare gli stati della materia alle relazioni umane, pa'.
Mi rivolse un sorrisetto. –E tu da quando te ne intendi di relazioni umane?– chiese. –Fidati di tuo padre, la soluzione c'è. Bisogna solo trovarla.

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuWhere stories live. Discover now