Capitolo venticinque

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Kirishima's pov

–Il tirocinio da Fat Gum? Io? Davvero?!– domandai al professor Aizawa, gli occhi così brillanti che probabilmente emettevano luce propria.
–Sì– rispose con la voglia vivere pari solo a quella di sé stesso. –Davvero.
–Fantastico!– dichiarai, sentendomi felice come forse non lo ero mai stato.
Conoscevo bene l'eroe più grasso della storia. Era fantastico, coraggioso e mi stava un sacco simpatico! E, che resti tra me e voi dannate fangirl, quando si smagriva Fat non era affatto male, anzi.
Però, vi prego, non ditelo a Bakugou.
Quello mi strozza.

–E chi siamo? Io e..?– domandai, ricordando che di solito i tirocini si fanno in coppia o in gruppo.
–Amajiki Tamaki– rispose l'uomo davanti a me. –È del terzo anno, penso che tu lo conosca. È più o meno conosciuto, dato che gira sempre intorno a Togata.
I miei occhi smisero di emettere luce e si trasformarono direttamente in fuochi d'artificio. Avere l'opportunità di lavorare non soltanto con un grandissimo eroe -non solo a livello di stazza- ma anche con uno dei migliori aspiranti eroi della scuola, era, per me, come un sogno che si realizzava.
–Ma è grandioso!– esclamai, fomentatissimo. –E che missioni dovremo fare, io e uno dei Big Three? Chi combatteremo? Villain? Ladri? La mafia russa?
L'uomo che avevo di fronte alzò appena le spalle. –E che ne so io..? Dipende da cosa deve fare Fat Gum. Magari gli porterete il caffè e basta o sconfiggerete il gigante colossale, chi può dirlo?
Il mio entusiamo si placò un po'. Il mio sensei non aveva poi tutti i torti. Probabilmente avrei solo portato il caffè a Fat Gum per una settimana, e al massimo qualche pizza o hamburger.
E va be', meglio di niente! Quello che contava era portare da mangiare nel modo più virile possibile, no?

(Dalla regia mi dicono di no, ma dato che sono il personaggio di una fanfiction farò finta di non riuscire a sentire quanto mi dicono dall'altro lato della quarta parete e andrò diritto per la mia strada. E no, mia cara autrice, è inutile che sbatti la testa al muro. Lo sai che lo farò comunque!)
E mentre questa povera donna si chiede chi gliel'ha fatto fare, io mi appuntai luogo e orari del mio nuovo tirocinio tra le note del cellulare, più il numero del mio senpai in rubrica.

–Ti consiglio di conoscerlo un po', prima di lavorare insieme– mi consigliò l'eroe. –È molto timido.
–Già, l'avevointuito– dissi.
Mi conveniva instaurare un buon rapporto con Amajiki sin da subito o anche le nostre missioni ne avrebbero risentito. Il lavoro di squadra era fondamentale.
Tuttavia, quello non era il momento di pensare alla versione caruccia e pucciosa di Sasuke Uchiha. Prima di qualunque altra cosa, avevo bisogno di approfondire il mio legame con Bakugou. O, quantomeno, avevo bisogno di provarci.
Sbrigammo le ultime pratiche, Aizawa firmò un paio di fogli e poi fui libero di andare.
Inutile dirlo, mi fiondai subito alla ricerca di Bakugou; trovarlo però fu piuttosto difficile.

Non era in camera, non era in soggiorno e nemmeno in palestra ad allenarsi. Lo cercai ovunque, e per sbaglio quando entrai in bagno feci saltare in aria il povero Aoyama appena uscito dalla doccia. 
Sorvoliamo sul fatto che insieme a lui saltò in aria anche la sua asciugamano, questi sono traumi che è meglio dimenticare.
Dopo non aver trovato Bakugou nemmeno in veranda, in giardino o in cucina, cominciai a pensare che fosse scappato da qualche parte. Andai così a bussare alla porta di Midoriya-kun. A volte Katsuki andava dal suo vecchio amico per svariati motivi e ci restava anche pomeriggio interi, e magari quel giorno era uno di quelli.
Passati un paio di secondi, la voce del ragazzo dai capelli verdi mi rispose. –Chi è?– chiese.
–Sono Kirishima– risposi. –Deku-kun, ti posso fare una o due domande o hai da fare?
–Emh... sì... dammi un secondo che mi sto cambiando– disse, imbarazzato. –Mi metto un paio di pantaloni e ti faccio entrare.
–Okay, grazie– dissi, ed attesi che si vestisse. Sentii il rumore delle ante di un armadio che si aprivano, rumore di stoffa e qualche mormorio un po' stizzito ma indistinto. Dubitavo che avesse da discutere con i suoi jeans o che questi gli rispondessero, quindi ne dedussi che probabilmente dentro la stanza c'era anche Todoroki.
Dovevo aver interrotto qualcosa. E se Midoriya era senza pantaloni, non ero certo di voler sapere cosa fosse il suddetto qualcosa, anche se ne avevo un'idea.

–Deku-kun, tranquillo, non ti proccupare– battei anche un colpetto sulla porta per attirare l'attenzione. –Dimmi solo se hai visto Bakugou, per favore– gli chiesi. –Non riesco a trovarlo da nessuna parte.
–Ah, emh...– ci rifletté su. –No, da dopo pranzo non penso.
Sospirai, scoraggiato. –E sai dove potrebbe essere?
Sentii qualche altro mormorio che non sembrava appartenere alla voce di Midoriya.
–Forse a fare jogging al parco... a pranzo aveva accennato a qualcosa di simile– rispose il ragazzo. –Controlla lì, magari.
–Perfetto, grazie mille– dissi, riconoscente. –Ah, e Todoroki-kun, scusa se vi ho interrotti. Non volevo, mi dispiace. Ma grazie per il suggerimento!

E me ne andai verso il parco, sperando di riuscire a recuperare quel biondino esplosivo che sembrava essere scomparso.
Spoiler: non lo trovai da nessunissima parte.
Lo chiamai qualche quattro o cinque volte ma non mi rispose nemmeno al cellulare... mi stava forse ignorando o evitando di proposito? Che fosse ancora arrabbiato con me? Non mi voleva parlare? Aveva bisogno di passare un po' di tempo da solo?
Ah, Dio, non ne avevo idea ma ero terrorizzato al pensiero di non essere stato convincente la sera prima.

Mi sedetti su di una panchina e sbuffai. Stavo diventando fin troppo paranoico. Se mi fossi incaricato, di certo non sarebbe andata a finire bene. Sarei svenuto di nuovo e Todoroki mi avrebbe ri-salvato, e sarebbe stata la volta buona che Bakugou ci facesse esplodere entrambi che nemmeno i kamikaze.

Alzai lo sguardo verso il cielo.
Si era fatto tardino, ormai, quasi l'ora di cena. Katsuki, evidentemente, non l'avrei più incrociato.
Mi conveniva tornare al dormitorio ed attendere un po', mangiare e parlargli dopo. Non era esattamente quello che volevo fare, ma meglio di niente.
Almeno, dato quanto avevo camminato, quel pomeriggio avevo decisamente smaltito un paio di calorie di troppo.

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuWhere stories live. Discover now